Capitolo 60

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La mattina seguente mi svegliai un po' stordita. Era l'occasione adatta per farmi una doccia, dato che dopo l'avventura ero crollata come una bambina di ritorno dal parco giochi. Solo che la giostra sulla quale ero stata io era molto più stancante.
Iniziai a canticchiare mentre mi strofinavo il sudore di dosso. Riuscivo ancora a sentire il tocco di Rex su di me, le sue dita che percorrevano ogni fibra del mio corpo. Rabbrividii al ricordo, e per questo strofinai ancora più freneticamente come se mi volessi scartavetrare la pelle.
- Posso entrare? - domandò una voce alle mie spalle, profonda e seducente.
Voltatami di scatto, rimasi a fissare quel corpo nudo dirimpetto a me. Confesso che le sue intimità catturavano l'attenzione in maniera quasi sconcertante. Il vampiro sapeva come essere protagonista della scena, glielo dovevo concedere. Sorrisi maliziosa, ma mi pentii subito dopo e quindi mi voltai verso la parete. Cercai di non dargli a vedere il mio evidente imbarazzo, non perché mi faceva senso vederlo come mamma l'aveva fatto, bensì invidiavo la sua perfezione. Non mi ero mai sentita a mio agio con il mio corpo e la mia riluttanza nel spogliarmi di fronte a un uomo ne era la prova. Solo che a Rex sembrava non importare. Mi accettava senza chiedere nulla in cambio. Lo apprezzavo, ma questo mi faceva sentire ancor più a disagio.
- Ormai sei entrato! - dissi in tono tagliente. Questo gli fece abbozzare un sorriso, ma non lo fermò dall'entrare nella doccia. - La schiena me la lavo da sola - ci tenni a puntualizzare.
Il vampiro sorrise imbarazzato. Non credevo che potesse provare quel genere di sentimenti, ma a quanto pare era così. Dopo tutti quei secoli passati sulla terra, alla fine una persona avrebbe dovuto farci l'abitudine. Il bello di Rex era che non smetteva mai di stupirsi di chi lo circondava. Questo suo lato lo rendeva molto... umano.
L'umanità. Che cos'è alla fine? Ci definiamo umani per via del nostro aspetto fisico, usiamo l'aggettivo umanità per raggruppare le nostre emozioni e le nostre azioni. Ma è davvero umano quello che faccio io? Probabilmente no, come era probabile che non avrei trovato mai una risposta a quella domanda.
- Cosa ti turba? - mi domandò improvvisamente, facendomi svegliare dalla trance. Sussultai, ma non risposi. Però mi limitai a scuotere la testa.
Senza che glielo chiedessi, Rex mi abbracciò. L'acqua corrente puliva via i nostri peccati e con loro tutte le impurità del mondo esterno. Mi sentivo quasi rinata, come se potessi rinascere, in qualche modo.
Me ne stavo lì a fissare il telefono della doccia, senza dire una parola, per paura di metterlo a corrente di qualcosa che mi disturbava parecchio. Quel vampiro stava mettendo a rischio la sua vita per me, senza che io glielo avessi chiesto. Gentilezza senza eguali.
Nel profondo del mio cuore sapevo che se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato. Già stavo combattendo contro il rimorso per non essere rimasta accanto a Bryan nel momento del bisogno, ma invece ero fuggita come una codarda. Incredibile, un killer non dovrebbe essere codardo, e invece io lo ero. Avevo messo al primo posto la mia vita. Io che tendenzialmente andavo incontro alla morte come un kamikaze.

- Vorrei andare da Bryan - pensai ad alta voce. Rex mi divincolò dall'abbraccio.

- Non è prudente - commentò in tono piatto.

- Non m'importa. Voglio vedere come sta - contestai. - Se ti fa piacere puoi restare qui, mi farò accompagnare da qualche leccapiedi di Corsius. -

- Sai che non mi fido abbastanza di loro. Vorrei solo che restassi al sicuro. - La sua calma era disarmante. Per di più non c'era gusto a litigare con lui, visto che riusciva a rimanere sempre calmo. Questo suo lato mi snervava.

- Lo so e ti apprezzo per questo, ma sono settimane che sono rinchiusa qui. Ormai i Van Helsing si saranno acquietati con le ricerche. -

- Ne sei davvero sicura? Perché da come la vedo io, potrebbero aver messo la casa di Bryan sotto stretta sorveglianza, aspettando solo che ti faccia viva. - Effettivamente il ragionamento tornava. Però come facevo a spiegargli che la mia maledetta coscienza mi faceva sentire in colpa? Nonostante empatizzasse molto con noi mortali, il senso di colpa era qualcosa che un vampiro non avrebbe mai provato.

- Vorrei completare tutta la cerimonia dei marchi, così almeno sentiresti quello che provo io! - azzardai, per dargli un accenno di quello che lo aspettava. - Bryan è il mio migliore amico da sempre. Se è vero che mi stanno tendendo una trappola, a maggior ragione devo correre questo rischio. E ti giuro sui miei genitori che ammazzerò quei bastardi uno dopo l'altro senza darmi tregua - dissi a denti stretti, in tono totalmente impersonale.

Rex mi poggiò una mano sulla testa con fare quasi paternalistico. La sua presenza mi rassicurava. Non mi pesava essere legata a lui tramite i marchi, ma anzi mi faceva sentire protetta. Azzarderei a dire che era ciò di più vicino ad una famiglia.

- Dammi il tempo di avvertire gli altri e partiremo appena calerà il buio - annunciò, uscendo dalla doccia. Si diresse verso la nostra camera da letto senza neanche un asciugamano addosso. Lui, a differenza mia, se lo poteva permettere.

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