Mi chiamate da sempre con mille nomi.
A volte sono donna. Anfitrite, Belisama, Yemaja. Altre, invece, sono uomo. Kanaloa, Varuna, Poseidone. Nei sogni mi venerate come una divinità. Ti prego, conducimi lontano, dove ci sono solo onde e il dolore è un brusio sotterraneo. Nelle preghiere mi temete, consumate le labbra e le sillabe, vi genuflettete invocando altre illusioni, dammi un mare calmo e fammi tornare a casa.
Insegnate ai vostri figli a immergervi sotto la mia pelle, a cercare con mani avide pesci che possano riempire il vuoto nella pancia, nella testa, o in quel buco invisibile che vi squarcia il petto e v'impedisce d'essere completi. Ma i vostri cuccioli ascoltano anche storie sussurrate attorno al fuoco, racconti di tempeste furiose, navi inghiottite dal buio, marinai un tempo dalle guance arrossate, ora divenuti ossa lucenti.
Sono blu come i vostri occhi, sono verde come i vostri prati, ho la stessa sfumatura nerastra dei vostri incubi. Sono campo di battaglia, cimitero, premio per il miglior offerente. Mi amate, mi calunniate, credete che io esista solo perché voi avevate bisogno di me. Sono tutte bugie. Sono tutte verità. Eppure, anche se siete fragili e contraddittori, io ammiro voi esseri umani.
Sto imparando a conoscere quelli della tua razza. O magari siete miei da sempre. Se fossi come me, capiresti questo dubbio. Io non ho occhi che catturino un istante del mondo, né orecchie che registrino i respiri di un solo frammento di terra. Il tempo -questa nuvola porosa che ci attraversa tutti, e che gli umani come te adorano tagliuzzare ed etichettare- è un gioco banale. Tu lo percepisci come una linea, perché il tuo corpo è progettato per essere un passeggero. Per me è un punto, ragazzo. Io sono partenza, viaggio, meta.
Per questo siete tutti insieme nel mio animo, per questo non siete nessuno. Se state sfiorando la superficie della mia veste acquosa, allora io ho già visto la vostra nascita e la vostra morte. E quella di vostro fratello, di vostra madre, della ragazza che avreste potuto amare se foste rimasti coi piedi sulla terra ferma. Non posso ascoltare ogni dettaglio delle vostre storie, perché siete troppi, e complessi, universi imprigionati da muscoli e tendini. Così finisco per custodire gelosamente i particolari, la memoria di un sorriso, di un'ambizione mai realizzata, di una passione travolgente. Siete diversi, tuttavia vi assomigliate. Mi affascina questa vostra contraddizione strutturale, ma, in fondo, è tutto ciò che conosco dell'uomo.
E poi ci sei tu, Telegono.
Ho sfiorato anime di naufraghi, pirati, regine. Ogni cuore aveva una vibrazione unica. Eppure riesco a cantare solo le tue note. Non so quando sei arrivato. Prima che voi umani cominciaste a tessere scie di veleno sul mio corpo? Dopo la strage di creature che hanno scelto me come rifugio, a differenza della tua razza, che vuole essere pesce, uccello, leone,f oca, pipistrello?
Mi hai toccato, e il coro di voci si è trasformato in un monologo. Hai creato una crepa, e forse ora il mio tempo non è più un punto, ma un cerchio. Tu ti ripeti, ragazzo in eterno, e io vedo coi tuoi occhi, esploro finalmente il mistero dell'umanità. T'imparo a memoria. Finisco per amarti.
Mi piacerebbe ascoltare la tua risata spensierata di bambino. Tuttavia devo accontentarmi dei tuoi occhi spietati di adolescente, riflessi in quelli antichi di chi ti ha messo al mondo.
Devo andare, le dici, e non t'importa che questa rabbia consumerà tutto quel che sei.
Telegono, tua madre è la protagonista di canti a mezza voce: Circe la strega, Circe la figlia del Sole, Circe l'allieva di Ecate. Nessuna donna che vive nel vostro tempo può gridare di voler essere come lei. I membri del tuo sesso l'hanno già trasformata in uno dei volti del male, tentando di emulare le metamorfosi che lei sa realizzare con erbe e vini. Non temere però, arriveranno umani capaci di vedere la differenza tra questi due incantesimi: tua madre non nasconde la verità sotto parole pesanti come macigni, ma la libera da travestimenti, più o meno riusciti. Non è colpa di Circe se alcuni uomini, in fondo, sono dei maiali.