Capitolo 3.

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L'ago più doloroso della settimana si conficca nel mio braccio, chiudo gli occhi e mordo il labbro inferiore, sperando di non farlo sanguinare.

Dio, fa così male.

Sento il bruciore propagarsi per tutto il corpo, mi pizzica tutto, è come se la mia pelle venisse presa a pizzicotti continuamente, pizzicotti molto forti e dolorosi.

Mille aghi conficcati dentro, le fiamme dentro, non urlare richiede uno sforzo enorme.

Vedo Nancy e il dottor Grimbey allontanarsi dopo che quest'ultimo mi ha rivolto un sorriso triste e ha detto "ci vediamo tra dieci minuti"

Sono venuta qui mezz'ora prima per arrivare in orario all'appuntamento con Niall, so come sono fatti i dottori, tendono sempre a ritardare.

Sono le nove e cinque, posso riuscire ad arrivare in tempo e sulle mie gambe, senza perdere l'equilibrio. Ogni volta dopo questa puntura sono sempre un po' rincoglionita, spero solo che questa volta il tempo in più a disposizione non venga sprecato.

Dopo aver trovato il dottor Grimbey e averlo supplicato in ogni modo esistente per farmi questa maledetta puntura al più presto possibile mi hanno portato alla mia stanza e senza esitazione ho detto, più a me stessa che a loro: "prima lo facciamo, prima finirà".

Se si potesse definire il dolore con un diagramma di Venn ci sarebbe un cerchio che rappresenta il dolore e un cerchietto che rappresenta la mia soglia di sopportazione proprio sulla linea di confine del dolore.

Ricordo di come Felicity mi stringeva sempre la mano, i primi giorni, e mi ripeteva "pensa alle cose che più ti rendono felice, non concentrarti sul dolore".

Perciò io iniziavo.

Penso ai libri, a tutti i personaggi che ho perso o che non leggerò mai più in nessun altro libro, penso alle parole che più mi hanno dato ispirazione. Faccio la classifica dei cinque libri che più amo.

Penso ai musical, al Rocky Horror Picture Show, a Dreamgirls, a West Side Story, a Romeo e Giulietta, a Chicago, a Les Miserables e penso anche a Grease, che non mi è mai piaciuto così tanto.

Penso alle storie che inventava mio padre prima di andare a dormire, alle dita di mia sorella che scalfivano leggermente la mia schiena per farmi addormentare meglio, mia madre che mi spazzola i capelli prima di andare a scuola, a quella treccia che proprio non mi piaceva.

Una fitta di propaga lungo tutta la mia schiena e i miei pensieri vengono interrotti. Serro gli occhi e stringo i denti.

"L'oceano, il mare, gli occhi azzurri, gli occhi verdi, gli occhi color oro" sussurro, sperando di alleviare il dolore.

Gli occhi di Niall, il modo in cui sorride, come strizza gli occhi quando ride, come si piega leggermente in avanti per trattenere una risata. Il suono della sua risata. La sua voce, il modo in cui la sua voce mi risuona anche attraverso un messaggio, il modo in cui scrive. Il modo in cui sono già andata per colpa sua.

Il dolore sembra essersi placato, apro gli occhi, sono quasi passati venti minuti.

Riacquisto sensibilità alle dita, le muovo, cercando di velocizzare il processo.

Qualche secondo dopo vedo Felicity avvicinarsi a me, i miei sensi sono rallentati, sono le nove e venticinque, ho venti minuti di tempo per tornare stabile ed equilibrata.

"Buongiorno tesoro" mi dice Felicity dopo avermi stretto la mano.

"Ciao" dico, ma esce più come un sussurro, un mormorio.

Mi riempie un bicchiere d'acqua e l'avvicina alle mie labbra, so già che c'è qualche medicinale per alleviare il dolore e far passare il senso di paralisi e instabilità che provo, Nancy non lo fa mai, non gliene frega niente dei suoi pazienti.

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