Lo aspetto. È sempre così, io aspetto i ragazzi. Aspetto che il loro sguardo si posi su di me e che lo distolgano con disprezzo o noncuranza. Ci sono abituata ma questa volta vorrei che fosse diverso.
Vorrei che i suoi occhi color nocciola incontrassero i miei verdi pieni di sole e speranze. Vorrei che le sue braccia forti mi stringessero forte per tenere insieme i pezzi di me che sento volare via a ogni delusione. Vorrei che le sue mani incorniciassero il mio viso per permettergli di ricordarlo un secondo prima di baciarmi.
Gli auricolari non mandano più musica. Con un movimento stanco del dito sfoglio le quattrocentoottantasei canzoni sul cellulare fino a una cover di Hey Brother arrangiata da Damien McFly. La chitarra riempie il silenzio fino a che i miei pensieri non si zittiscono e rimango da sola lontana dal mondo.
Con gli occhiali da sole abbassati mi proteggo dallo sguardo degli altri come se a nascondermi non ci fossero solo due lenti ma un vetro oscurato e antiproiettile per non permettergli di farmi male.
Le lancette dell'orologio si muovono veloci al ritmo del dolore e della delusione che salgono come una marea. Lenti e dolorosi come le onde che sbattono contro gli scogli e ne portano via pochi frammenti.
Un piccolo bip interrompe le note in cui sono persa. Poche parole per avvisarmi che sta arrivando e la colpa non è sua ma della strada.
Un ok in cui racchiudo tutta la speranza che lui arrivi con una sorpresa per me, un bacio delicato o una rosa rossa.
Lo aspetto. Ancora.
Mi arrendo. Un'altra volta. Smetto di sperare. Mi abbandono su una macchina grigia e tiepida da cui rubo il calore che mi aspettavo dal suo abbraccio. Mi accorgo che la marea di delusione e amarezza ha raggiunto il culmine quando sento il mare nei miei occhi. Quando le onde lente ruscellano sulle mie guance.
Guardo stancamente nella direzione da cui dovrebbe arrivare e lo vedo. Anche lui con gli occhiali a coprirgli la faccia, una maglia arancione sulla sua pelle abbronzata da cui spuntavano le braccia attaccate ai suoi fianchi avvolti in pantaloncini corti scuri.
Feci finta di niente e molto lentamente riavvolsi il cordone ombelicale che tramite la musica dissetava il mio bisogno di emozioni. Chiusi nella tasca il mio tesoro e mi guardai le mani cercando di rallentare il battito del mio cuore che riprendeva a respirare dopo essere rimasto sommerso dalla marea. Potevo contare quanti passi mi separavano da lui e tra quanti respiri lui mi avrebbe salutato.
La mia mano marchiata con il mio nome improvvisamente divenne interessante e colpevole della tensione che avevo dentro per cui iniziai a torturarla tentando di capire l'improvviso silenzio e al contempo tumulto di emozioni che avevo dentro.
Alzo lo sguardo e lo vedo davanti a me bello come pochi. Un sorriso, veloce ma che spalanca una voragine dentro il mio petto. Labbra così belle e morbide da baciare, da sfiorare e che sono cosi distanti.
Mi si avvicina e con un tocco leggero mi bacia sulla guancia facendo scontrare i nostri occhiali.
Lui ride e anche io.
Camminiamo sfiorandoci leggermente le braccia a cui manca solo un punto di congiunzione, le nostre mani unite.
Sulla lingua rimangono congelate le parole che fino a poco fa ardevano di dolcezza per poter uscire. Congelate nella marea della delusione e della rabbia che erano montate in me lasciando dietro di se un gelo che solo la sua presenza avrebbe potuto sciogliere.
Mi piaci ma tu non sai neanche quanto.
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Un semplice appuntamento
RomanceTutte sono state innamorate e tutte hanno avuto un appuntamento che non è andato proprio come volevano. ecco il mio e come mi sono sentita