Una luna rosea sta sorgendo in fondo alle file di pioppi; non sembra nemmeno la luna, ma un pezzo sanguinante e informe di qualche grande e soave corpo disfatto.
La sua luce getta sul cortile del casale, dove peraltro brilla una piccola lampadina perlacea, una luce dalla insostenibile dolcezza.
Il casale sta intorno, rossiccio e corroso; il rustico è scomparso, nella semioscurità, e la sagoma di quei due silos, di quelle stalle, di quelle muraglie di mattoni rossi, è quasi solenne.
Nel mezzo di questa specie di scenografia corrosa, in silenzio, sta seduta sulla sua panca Emilia: nella stessa posizione che aveva preso quando s'era messa a sedere.
La sua valigia non è più in mezzo al cortile. Un po' di luce filtra, del resto, dalla porta a vetri della casa colonica, e le tendine bianche di bucato sono tirate su. Da oltre i vetri, si intravedono le facce della gente di casa che guarda: verso Emilia, naturalmente. Sono un vecchio, una vecchia col fazzoletto nero, una giovane sposa, un uomo ancora giovane, ma grasso e troppo rosso, e, a filo del vetro, in basso, i visi, anch'essi tondi e rossi, dei due ragazzetti, diligenti e inespressivi. Sono ombre grigie o appena rosate sotto il bianco delle tendine. La luna non le raggiunge, mentre invece fa splendere la corte, col suo cemento corroso, i suoi mucchi di sabbia, i suoi mattoni rossi, come un piccolo lago o come le preziose rovine di una vecchia chiesa.
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Teorema
Ficción General2^ parte: Teorema - Pier Paolo Pasolini {Libro NON mio, NON ne detengo i diritti}