Capitolo 27: Voglia di casa

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Ho visto mia mamma entrare, farmi mettere in piedi e lavarmi, per poi vestirmi e infine mettermi nel mio letto, il tutto mentre mi parlava di non so che cosa

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Ho visto mia mamma entrare, farmi mettere in piedi e lavarmi, per poi vestirmi e infine mettermi nel mio letto, il tutto mentre mi parlava di non so che cosa. In ogni secondo che siamo state assieme non mi sono mossa, né ho parlato.
Sono semplicemente rimasta ferma a subire quello che mi stava dicendo.
In fondo è quello che sai fare meglio, no? Stare ferma e subire.
Da qualche parte dentro di me sento che quello che penso è sbagliato, ma non ho abbastanza forze per ribellarmi a me stessa e l'unica cosa che riesco a pensare è che sia tutta colpa mia. Anche se so benissimo di non averlo provocato nell'ambito sessuale o cose varie, magari era solo una punizione per ciò che ho fatto.
Così ho capito che devo solo stare ferma e subire.

-Ciao Charlotte.-
Qualcosa riesce a penetrare nella mia cortina di nebbia e sento una mano sfiorarmi il braccio: so benissimo che si tratta di James, ma il mio corpo non riesce a tollerarlo, allora sento la pelle d'oca ovunque, il mio cervello torna vigile e un grido prorompe dalla mia bocca, cercando di eliminare quel contatto.
Cerca di calmarmi, ma riesco a farlo solo quando smetto di sentire la sua mano su di me.
Ho il respiro pesante e lo guardo spaventata, mentre lo vedo sedersi sul mio grande letto a una grande distanza da me. Il suo sguardo è stracolmo di tristezza e quegli occhi rossi e lucidi possono voler dire solo una cosa.
In qualche modo riesco a scusarmi, mentre mi rimpicciolisco sempre di più in un angolo del letto e mi tiro le coperte fino alla bocca.

-Sono io che dovrei scusarmi con te, Charlotte.- la sua voce mi inonda con la sua tristezza e in qualche modo questo riesce a rilassare un po' il mio corpo.
Che cosa sta dicendo? La colpa è solo mia.
Vorrei parlare e dirgli che non è così, ma le labbra non vogliono sapere di muoversi. Mi sento nuovamente impotente, dove l'unica cosa che posso fare è stare ferma, zitta e subire.
È l'unica cosa che so fare, a quanto pare.

-Io non ero qui a proteggerti e quel mostro ne ha approfittato! Se io fossi potuto essere qui non sarebbe successo niente di tutto questo!-
Una stilettata al cuore probabilmente farebbe meno male.
-Non che io non fossi qui perché non ne avevo voglia, ma perché mi è stato impedito.-
Mi rilasso perché capisco che la colpa non è sua.
-Però quando ho sentito che avrei dovuto seguire dei miei colleghi, ho subito pensato che ti avrebbero dato un'altra guardia mentre io non c'ero e allora non mi sono imposto e non ho cercato di venire da te.-
Il suo dolore permea tutte le parole che pronuncia, riempiendo questa stanza del nostro dolore.

Vorrei avvicinarmi e accarezzargli la schiena per dargli un qualche conforto, seppur minimo, eppure quando provo a muovermi i miei muscoli si irrigidiscono e mi impediscono di continuare. Vorrei poter parlare, ma ho usato tutte le mie forze quando mi sono scusata prima.
-Scusami Charlotte, è solo mia la colpa.-
Detto questo si alza e se ne va.

Ma io ho ancora lo sguardo puntato nel punto dove fino a pochi secondi fa lui era seduto.

Ma io ho ancora lo sguardo puntato nel punto dove fino a pochi secondi fa lui era seduto

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