L'amante

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La prima volta tremava quanto me. Io avevo paura, lui toccava quello che desiderava da mesi. Non c'è stata nessuna violenza.
Semplicemente non ho detto no.

In seguito all'ennesimo tentativo di suicidio erano due mesi che ero legata nell'angolo vicino alla porta del bagno. Lo spazio a me concesso era pochissimo e potevo mangiare, lavarmi o andare in bagno solo quando lui rientrava. Avevo solo una misera coperta su cui stendermi e una ciotola con dell'acqua, proprio come un cane. Anzi peggio, come un cane mal voluto.
Le prime volte lottavo per mantenere un minimo di dignità. Trattenevo la pipi, dosavo l'acqua da bere e quella per rinfrescarmi. Chiudevo gli occhi e cercavo nella mia mente cose vissute nel passato, le ricostruivo come in un film, cercando di ricordare il più possibile ogni dettaglio, sensazione o impressione che avevo avuto in quel determinato momento.
Era tutto inutile.
Ero comunque legata come un cane con una ciotola accanto.

Ho iniziato a fare i miei bisogni esattamente li dov'ero. Mi ci sdraiavo accanto. Non toccavo più il cibo che mi dava, se mi costringeva a mangiare me lo rivomitavo addosso. Nn mi lasciavo ne pulire, ne lavare. Se si avvicinava urlavo e lo graffiavo con tutta la forza che avevo in corpo o fino a dove la corda  me lo permetteva.
Voleva un animale e io lo diventavo.

Il mostro però aveva molta pazienza, molta più di me che comunque ero testarda e sapevo tenere il punto. Un giorno al suo rientro, dopo un mese dall'essermi lasciata andare in quel modo, mi aveva trovato in uno stato pietoso. I suoi occhi si erano concessi un attimo di sorpresa nel guardarmi per poi tornare immediatamente neutri. I bisogni e il vomito erano incrostati sul pavimento e la coperta, l'acqua era sporca e io puzzavo in modo indicibile. E anche questo Nn era servito a niente. Aveva vinto di nuovo.

Mi sono lasciata prendere, lavare, nutrire, rendermi nuovamente un essere umano o almeno lo spettro dell'essere umano che cercavo di non essere più. Quando mi ha appoggiato sul letto ancora un volta i suoi occhi hanno avuto un lampo di sorpresa. Aveva capito. Non mi sarei opposta. Non avrei detto di no.

Ora lui conosce il mio corpo alla perfezione e io il suo. C'è una brama nella sua testa di me che non trova fine. Sono passati anni eppure sento in lui e nelle sue mani la stessa scossa e lo stesso desiderio infernale delle prime volte. Ogni giorno entra dentro di me. Ogni giorno tocca ed esplora il mio corpo come se fosse la prima volta. Si nutre del mio sesso come se fosse la sua linfa vitale e le sue mani arrivano ovunque quasi fossero parte anch'esse del mio corpo. Non provavo dolore, ma non provavo nulla. Solo sensazioni bestiali che si alternavano in me fino a stordirmi... Odio, rabbia, schifo.
Era un uomo che sapeva cosa fare, come farlo e aveva un'immensa pazienza.

La prima volta che ho provato piacere ho vomitato immediatamente dopo. Il mio cervello era andato in blocco. Io avevo avuto un rapporto sessuale in cui ero arrivata all'orgasmo con il mostro. Aveva imparato a conoscere il mio corpo, i miei respiri, cosa significava l'inclinazione della mia testa e ci aveva lavorato su fino a tirarne fuori qualcosa.

Il vomito era stato così violento e soffocante che avevo quasi perso i sensi e sbattuto la testa sul pavimento. Muovermi mi era impossibile. Ancora una volta era arrivato lui e ancora una volta mentre le lacrime bollenti mi solcavano il viso erano le sue braccia e le sue parole a calmarmi.
Non avevo che lui.

Non gli ho mai più dato la soddisfazione di avere un mio orgasmo. Ho provato piacere altre volte ma non mi sono mai scomposta o dato segno di esserci arrivata. Magari se ne accorgeva comunque, ma io cercavo di essere marmo tra le sue gambe. Facevo di tutto poi per rovinare i suoi orgasmi. Spezzarglielo, scappare via, interrompere il rapporto. Allora il mostro perdeva le staffe. Urlava. Nudo mi rincorreva intorno al letto. Cercavo di scappargli, di colpirlo. Lo prendevo a calci. A quel punto diventava più violento. La sua presa era decisa, dovevo comunque capire chi comandava e così anche la volta successiva.

Non gli ho mai permesso di baciarmi. Si è preso ogni centimetro di me con il tempo ma mai la mia bocca. Era meglio lasciarla libera. Nel tempo avevo vomitato spesso e volentieri. Quella sottile linea in cui finivo tra disgusto e piacere, follia e normalità, incubo e vicinanza la mia testa non poteva accettarlo e il mio corpo buttava fuori la larva che si formava nello stomaco ogni volta che iniziava a toccarmi.

Una volta era tornato prima. Lo sentivo chiudere la porta con il chiavistello e dopo aver attraversato forse una stanza chiudere un'altra porta e iniziare a scendere le scale verso la mia gabbia. Aveva richiuso accuratamente la porta ed era andato dritto a letto senza dire una parola. Si era seduto per un paio di minuti con la testa fra le mani. Aveva un aspetto orribile. Avevo iniziato subito

Deve essere orribile essere un mostro
Da dove vieni tu, quale essere umano può concepire una cosa del genere e starci bene.

Stai zitta per favore

Ti è morto il gatto mostro, uccidi anche me. Non è questa la fine che mi aspetta? Quando sarò completamente appassita, quando mi avrai definitivamente annientata passerai ad un'altra. Spezzerai la vita di un'altra povera ragazzina

Mentre urlavo e mi dimenavo non mi ero accorta che mi era piombato addosso. Il suo viso era attaccato al mio. Il suo corpo così imponente rispetto al mio pelle ossa sembrava schiacciarmi anche senza muoversi. Era livido. Gli occhi infuocati, folli di chi vuole far male. Avevo paura.
Improvvisamente avevo paura come i primi giorni quando non sapevo cosa mi avrebbe fatto. Forse stava per togliermi veramente dalla faccia della terra. Forse finiva li.

Dopo istanti interminabili in cui ci fissavamo si era calmato. Il suo respiro era tornato normale. Aveva un braccio intorno alla mia vita e con l'altro mi accarezzava i capelli. In un soffio mi aveva detto

Facciamo finta di volerci bene.
Solo per stavolta

Lo guardavo incredula

Fai finta di volermi bene, solo per stavolta

Voler bene a qualcuno. Cosa significava in questa nuova vita? Ero ancora capace di fidarmi di qualcuno, di provare qualcosa per qualcuno e poi in un'istante come se qualcuno mi avesse tolto un masso gigante e pesantissimo dalle spalle il pensiero liberatorio e confortante di voler bene a qualcuno dopo tutto quello che mi era successo in questa stanza.

Nell'istante velocissimo in cui questi pensieri mi attraversavano la testa il mostro si era avvicinato e mi aveva baciato.

Solo per quella volta avevo finto di volergli bene. Avevo bisogno di voler bene a qualcuno, anche se era il mostro.

QUESTA STANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora