The First Good Thing

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– Niente topi nervosi, chiaro? – La voce di Dean era autoritaria, come durante una battuta di caccia; non ammetteva repliche.  

Sam aggrottò la fronte e si voltò a guardarlo. – Topi nervosi?

Il fratello, seduto al volante dell'Impala, fissava la strada, l'espressione concentrata e accigliata. – Sì, hai capito che intendo. Quei cani minuscoli che sembrano posseduti – Gli scoccò un'occhiata d'avvertimento. – Non li voglio in casa mia.

Sam si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. – Agli ordini.

Dean, soddisfatto della risposta, annuì tra sé e sé per poi alzare il volume della radio.

Nonostante facesse di tutto per non mostrarlo, Sam sapeva benissimo che anche lui era felice all'idea di adottare un cane. Lo faceva sembrare una concessione, qualcosa che avrebbe fatto piacere solo al fratello minore, eppure, sotto sotto, lui stesso era contento di allargare la famiglia.

Sam ricordava di averlo pregato per settimane per adottare un cucciolo quando erano più piccoli e John era a caccia. Dean, perfettamente stoico e incrollabile nel suo ruolo di fratello maggiore, aveva negato la richiesta ogni volta, persino quando il piccolo Sam scoppiava a piangere.

Nessuno dei due aveva mai tirato fuori l'argomento con il padre, sapevano che era fuori discussione per lui l'idea di aggiungere una bocca da sfamare. Ma adesso John non c'era, avevano una casa fissa, o meglio un bunker, e potevano permettersi un'aggiunta pelosa.

Dean fermò l'auto nel parcheggio davanti al canile. Avevano scelto una cittadina a caso, non troppo lontana dal bunker. Dean si era detto disposto a girare solo un paio di rifugi per animali, se non avessero trovato il cane adatto avrebbero rinunciato.

Sam era di tutt'altra idea, però non gli aveva dato contro troppo apertamente per evitare una ritirata da parte del maggiore dei Winchester. Era già tanto il fatto che Dean avesse accetto di adottare un cucciolo, meglio non tirare troppo la corda.

– Okay, andiamo, Sammy – mormorò Dean prima di scendere dall'auto chiudendosi lo sportello alle spalle.

Sam lo seguì infilando le mani nelle tasche del giubbotto. Le sue dita trovarono il collare che aveva comprato il giorno prima, come per convincersi che fosse tutto vero: faticava ancora a credere di essere riuscito a convincere Dean, ma soprattutto di star vivendo delle settimane abbastanza tranquille da permettergli di fare dei piani a lungo termine.

Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva pianificato e immaginato il proprio futuro che pareva irreale poterlo fare ora.

Dean entrò per primo spingendo la porta sul cui vetro era stato applicato un adesivo che ritraeva un cane e un gatto dall'aria molto allegra.

Quando anche Sam ebbe varcato la soglia, si guardò intorno, incuriosito: un modesto bancone ingombro di volantini e poster era posto davanti all'ingresso per accogliere i visitatori, sulla parete di sinistra campeggiava una bacheca enorme piena di foto di persone sorridenti con cani e gatti appena adottati tra le braccia.

– Buongiorno – esordì una voce briosa.

I due fratelli si voltarono verso il bancone, dietro al quale era spuntata una ragazza sorridente. Teneva i capelli, neri e voluminosi, raccolti e indossava una felpa grigia con un'orma blu stampata sopra. I suoi grandi occhi scuri e vivaci risaltavano sulla pelle olivastra del viso.

– Come posso aiutarvi? – domandò osservandoli.

– Vogliamo adottare un cane – replicò Dean in tono neutro.

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