Capitolo 10

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Passano tre settimane. John ed io rimaniamo costantemente qui in ospedale, anche a dormire. Sempre. Katy, invece per la notte va a casa. Ormai la mia routine  quotidiana è quella di svegliarsi, aspettare fino all'ora di visita a Brenda, passare alla mensa dell'ospedale e dormire su una sedia scomoda.

Brenda ed io parliamo molto, ma non sempre la trovo sveglia. Ma rimango nella stanza lo stesso, a guardarla e ad accarezzarle i capelli.

Ultimamente però non riesco più a parlarle. Dorme sempre. Non la trovo mai sveglia.

Mi sveglio con questi pensieri e il mio collo, come sempre risente dolori dalla notte passata a dormire sulla sedia.

Il mio primo pensiero però, va a Gold. Tutti questi giorni....e non ha ricevuto le cure che si merita.

"John, devo andare un attimo a casa, ho lasciato il mio cane da solo per tutto questo tempo. Faccio presto. Informami se ci sono novità."-ormai il padre di Brenda ed io ci diamo del tu.

"Certo."

Esco dall'ospedale e risentire l'aria fresca, che non odora di medicinali e di disinfettante, sentire il sole sulla pelle...fa provare un senso di libertà.

Prendo la macchina parcheggiata non molto distante dall'entrata e mi dirigo verso casa.

Appena arrivato, Gold mi corre in contro, felice di vedermi come sempre. Non sembra stia male. Gli riempio le ciotole una di croccantini, una d'acqua. Chiamo mia madre per dirle di passare ogni tanto dopi averle raccontato la mia situazione.

Mi precipito giù per le scale del palazzo in cui abito e parto con la mia BMW a tavoletta. Arrivo in ospedale trafelato e faccio fatica  a respirare, ma non è stata la corsa a mozzarmi il respiro completamente: Brenda è circondata da infermiere e la sua stanza è piena di gente.

"Dottore! Dottore! Qualcuno chiami qui un dottore!"-esclama un'infermiera mora e bassa all'improvviso.

"Che diavolo sta succedendo?!"-urlo a John incapace di trattenere la mia preoccupazione.

"Non lo so, mi sono andato a prendere un caffè, quando ho visto molte infermiere correre verso la stanza di mia figlia."

"È successo ora."-aggiunge.

Un misto tra ansia, preoccupazione e rabbia mi travolge all'istante.

"Che sta succedendo qui?!"-urlo.

Cerco di entrare nella stanza, ma c'è troppa gente.

Un'infermiere mi nota e mi ferma.

"Mi dispiace, non può entrare."

"Mi dica cosa succede!"

"Si calmi e si sieda, signore."

"Cosa succede?"-esclama un uomo con indosso un camice bianco di mezz'età mentre corre verso di noi.

"Dottore, c'è un'emergenza nella stanza 105."

Prima che il dottore entri nella stanza facendosi largo tra la folla, riesco a leggere il suo nome sul cartellino attacato al camice: Dr. Reed.

Passano molte ore di interminabile, esasperante attesa prima che qualcuno ci dica qualcosa. Le infermiere escono ed entrano dalla stanza. Corrono da una parte all'altra con sguardo preoccupato. Quando finlamente, il dottor Reed esce dalla stanza, ci informa su quello che sta succedendo.

E improvvisamente, il peso del mondo si fa sentire su di me, schiacciandomi sotto il suo peso.  Brenda ha avuto un peggioramento, ormai le resta poco da vivere.

Appena il dottore lo dice, con quella sua calma glaciale, la rabbia mi travolge come un treno impazzito.

"No!"-urlo. "Come cazzo sarebbe a dire non c'è niente da fare?! Che le resta poco tempo?!

"Per favore, si calmi..."-inizia il dottore, ma non lo lascio finire.

"Si calmi?! Cosa cazzo dice 'si calmi'! Lei non sa come mi sento io adesso, lei non sa che se perdo lei perdo tutto! Lei non sa un cazzo! Niente!"-ormai sono fuori di me.

Con le mie urla da pazzo sono accorse infermiere e persone.

Ma non me ne frega niente.

"Se lei muore, non me lo perdonerò mai, mai ! E sa cosa mi ha fatto incazzare di più? La sua cazzo di faccia quando ha detto che le resta poco tempo. Rimane impassibile di fronte ad ogni morte che avviene in questo cazzo di posto, eh Reed?

Lo dice con calma e impassibile tanto non gliene può fregare di meno se un'altra persona muore, perché lei non la conosce!"

Avrei continuato a urlare se il padre di Brenda non mi avesse allontanato.

Quello stronzo del dottor Reed invece se ne va con una faccia scioccata. Mi viene una gran volgia di ammazzarlo. Ma poi in un momento di lucidità capisco che non è colpa sua se Brenda è spacciata.

E la cosa che mi innervosice è che non posso prendermela con nessuno, perché la colpa non è di nessuno. Mentre mi calmo John mi tiene una mano sulla spalla.

"C'è mancato poco che chiamassero la sicurezza."

"Non m'importa."-rispondo.

Ora quello che mi importa è vedere Brenda per un'ultima volta. Baciarla per l'ultima volta. Dirle cosa provo per lei. A tutti i costi.

Come se John mi  leggesse nella mente, dice: "Và. Tu ne hai diritto più di me. Te lo meriti più di me. Và."

Annuisco e lo ringrazio. Entro nella stanza e le lacrime premono per uscire, mentre il cuore minaccia di esplodere.

Brenda ha gli occhi chiusi, la pelle pallida, giace immobile. Sembra morta. Scaccio quel pensiero e mi avvicino.

"Brenda"-sussurro.

Sospiro di sollievo quando vedo il suo petto alzarsi e abbassarsi debolmente.

"Resisti, piccola."

"Nat..."-sussurra. Ha ancora gli occhi chiusi.

"Ti amo, Brenda."

Stringe gli occhi e fa una smorfia di dolore.

Tossisce un po'.

"Resta qui. Resta con me."- dice.

"Non lasciarmi."

"No, sono qui."

In quel momento entra John.

Lei apre gli occhi.

"Papà...nonostante tutto...ti voglio bene.''

"Anch'io, bambina mia. Mi dispiace avervi abbandonate."

Io stringo la mano di Brenda come se questo gesto impedisse alla morte di prenderla e portarsela con sé, via da me.

"Sto morendo, Nat. E non ho potuto fare nulla. Non ho potuto vedere il mondo."

Una lacrima le solca il viso.

"Vedrai e farai tutto quello che vorrai dove andrai."-le dice il padre.

"Starai insieme a tua madre."- John si asciuga in fretta una lacrima.

"Resisti, Brenda. Resisti ancora un po'. Non lasciarti andare."-le dico io.

"Non ce la faccio, Nat. Sto soffrendo troppo.

Fallo smettere."

Sto malissimo per come si sta sentendo ora Brenda. Mi pento amaramente di come mi sono comportato. Se non l'avessi ignorata per così tanto tempo, avrei avuto più tempo per stare con lei. Sarei potuto restare accanto a lei ancora un altro po'.

Maledetto me e il mio carattere di merda!

Non lasciarti andareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora