Capitolo uno

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Esco dalla palestra e L'aria fredda mi ricorda di comprarmi un cappotto nuovo. Finalmente ha smesso di piovere, ma il cielo ancora è tutto coperto. Apro la macchina e metto il borsone nel bagagliaio, e salgo nella parte del guidatore. Mentre cerco di fare retromarcia sento un dolore fitto alle mani mentre stringo il volante: ho sulle mani macchie viola e rosse, sicuro domani avrò dei bei lividi. Accendo lo stereo e le rime di Tupac riempiono la macchina.
Sono nel mio appartamento mentre cerco qualcosa di comodo da mettermi, stasera ho un incontro speciale. Prendo un maglione, i jeans e un paio di Nike.
Sto per uscire quando incrocio il mio sguardo nello specchio: puoi farcela Gin.
Una strana euforia mi carica e spero che questo incontro servirà a qualcosa. Ho saputo di questo gruppo un po di settimane fa, mentre mi allenavo si è avvicinata una ragazza, dicendomi che L avevo colpita per come tiravo con rabbia i pugni al sacco ma con gli occhi tristi e lucidi, mi ha dato un bigliettino dove c era indirizzo e ora degli incontri.
Si, degli incontri di sfogo come diceva lei. Era un gruppo piccolo di persone che, non conoscendosi tra loro, si sfogava dei suoi problemi, cercando di risolverli con dei consigli. Una specie di terapia di gruppo ma autogestita. Mettere a nudo i miei pensieri era una cosa che mi inquietava un po', ma la ragazza mi disse che potevo anche solo ascoltare, a volte sapere e constatare con gli occhi che ognuno ha i suoi piccoli e grandi problemi fa ridimensionare i nostri.
E così eccomi qua, davanti alla porta di un garage.
Busso.
Mi apre una tipa piccola e minuta, con i capelli lunghi legati in una cosa. Ha uno sguardo così innocente, dalla sua voce esce un "ciao" limpido e tosto. Ricambio il saluto e la seguo. È silenziosa, anche nel camminare sembra quasi elegante. A pochi passi dalla porta ci sono delle sedie disposte in cerchio, ne ho contate 8 ma sono riempite solo da 3 persone. Saluto tutti con un sorriso forzato e mi siedo ad una sedia. Alla mia sinistra si siede la ragazza minuta, alla mia destra c'è una bellissima ragazza che è troppo intenta a giocare con il cellulare per accorgersi della mia presenza. Ha i capelli corti fini alle spalle e degli occhiali rossi sul volto. Continuo a guardarmi intorno. Il garage e abbastanza illuminato, nella mia visuale entra la ragazza della palestra che sta parlando con un ragazzo.   E affianco a loro c'è un altro ragazzo. Ha il capello tirato fin giù gli occhi e le cuffiette alle orecchie.
La ragazza della palestra si alza, guarda L ora all orologio.
- credo che ormai ci siamo tutti. Sono Elena, ognuno di voi dentro questa stanza non si conosce... o almeno credo- ci scappa una risata a tutti, è così buffa - ho voluto dar vita a questo progetto perché, oltre a studiare psicologia, credo fortemente che ognuno di noi può essere un bravo ascoltatore, e magari può uscirne confrontandoci dei consigli. Ma cosa più grande possiamo davvero renderci conto che a volte il buon Dio, il destino o chi vi pare a voi, non ci ha preso di mira. Ma anzi i problemi nella vita si incastrano in tutti noi. Sicuramente  nessuno di voi vuole iniziare a presentare i vostri problemi. Per questo mi metto io in gioco per prima-  dice per poi sedersi.
Tutti quanti la stiamo ascoltando con interesse.
- negli anni ho imparato a classificare i miei problemi : li divido tra quelli che posso risolvere da sola, quelli che devo rimandare e quelli che vanno gestiti subito.
Un mio problema che posso risolvere sola è il fatto che non posso avere figli . Devo risolverlo da sola perche devo accettarlo. Devo capirlo da me e condividere con questa amara consapevolezza. - fa un grosso respiro e continua - un mio problema che devo rimandare è la laurea- ride questa volta - è un problema che mi porta stress ma che volete farci ? L ho scelto io- ride ancora seguita da tutti noi. - un problema che devo gestire subito è il trovare un lavoro perché senza soldi si sa, la vita si blocca- continua il suo discorso parlandoci anche della sua famiglia. Del fatto che sono lontani e avendola avuta in tarda età sono molto anziani. Ci parla anche dell Università, dei suoi problemi amorosi, si è aperta con noi. E ascoltarla non è pesante, anzi.  Ogni tanto le altre ragazze intervengono dandogli pareri sulle sue situazioni, io per adesso voglio solo ascoltare . È passata un ora e qualche parola L ho detta anche io.
Ad un certo punto la ragazza sulla mia destra si alza.
- io mi chiamo Mia, faccio la commessa in un negozio di abbigliamento. Convivo da un anno più o meno con un uomo che amo. Il problema è il distaccarmi da mia madre. Un grande problema è scordarmi un uomo che, anche se nn abbiamo condiviso nulla, mi è entrato dentro. Non fraintendetemi amo il mio attuale compagno. Ma L altro... L altro avrà sempre un posto speciale. E sento che devo trovare una soluzione- abbassa lo sguardo.
- la soluzione non c'è, a volte le persone ti entrano nella pelle, nelle ossa, ti scavano dentro. E noi neanche ci lamentiamo perché in cuor nostro sappiamo che il loro posto è dentro di noi - dico io guardandola. La capisco così bene!  Lei alza lo sguardo e mi sorride. Ha gli occhi lucidi.
- io ho pauradi non saper andare avanti- mi confessa. E la vedo in tutta la sua sincerità .
- tu hai paura di tradire il tuo uomo prima o poi- rispondo io. Gli altri ci guardano . Lei scatta il suo sguardo dai miei occhi alle sue mani.
- pensare di avere questa paura per me è un atto di grande amore per il tuo uomo. E se lo pensi fidati non lo farai mai. Perché non lo faresti star male, quando invece nemmeno pensi a queste paure significa che stai con la persona sbagliata- continuo io.
Vedo Elena che fa cenno di sì con la testa come per darmi ragione.
- io.... io nn L avevo mai pensata così. La vedevo come un atto già di tradimento - gli trema la voce.
- ma quale tradimento e tradimento , quello quando succede e se vuoi che succede non pensi a nulla!- risponde unendosi a noi il ragazzo .
E continuiamo così,discutendo e ridendo su piccoli fatti accaduti.
E mi sento bene. Davvero. Mi sento a mio agio enn smetterei mai di ringraziare Elena.
Osservo bene Mia, mi ricorda tanto me un po' di tempo fa. Prima che i miei capelli diventassero rosso fuoco, prima che la mia pelle fosse quasi tutta riempita di inchiostro nero e prima di ritrovarmi sola contro questa vita infame.
Mentre loro hanno sviato i discorsi sui preparativi del capodanno che è quasi alle porte, faccio segno ad Elena di andare a fumare, recupero le mie Chesterfield blu ed esco fuori. La strada è completamente invisibile per via della nebbia, ma non fa così tanto freddo come le sere precedenti.
Dovrei dire così tante cose, ma ho sempre paura che le persone pensano che mento o che ingrandisco tutto ciò che mi è successo. Chiudo gli occhi: la solitudine è così bella. Bella e dannata.
- mi presti L'accendino?-  una voce nuova mi fa scattare. È il ragazzo con le cuffiette. Lo guardo e senza dire niente prendo L accendino e glie lo poso sulle mani.
-grazie- risponde e io faccio un mezzo sorriso.
Continuiamo a fumare in silenzio. Eppure non mi sento a disagio.  Lui per tutto il tempo non ha spiccicato parola mentre eravamo dentro, in realtà non ha mai alzato lo sguardo, mi accorgo solo adesso di non averlo nemmeno visto bene in faccia. Incuriosita alzo lo sguardo e comincio a guardarlo: è appoggiato con la spalla destra addosso alla colonna della porta, lo sguardo verso un punto impreciso, ha una casacca nera tirata su in testa sopra anche a cappuccio, dei pantaloni con tante tasche. Incrocia le gambe e io continuo a studiarlo sfacciata.
- hai finito?- il mio sguardo saetta velocemente  nei suoi occhi.
Io ho gli occhi neri,ma neri neri come il petrolio. Non ne ho mai visto di più scuri dei miei, lui... lui cazzo! Sono neri e magnetici. Sono profondi. Ti risucchiano. Non riesco a staccare il mio sguardo dai suoi.
-vabbè!- s innervosisce per la mia mancata risposta e torna dentro, lanciando la sigaretta vicino ai miei piedi.
Vado con la schiena addosso al muro del garage, e butto L aria fuori, neanche mi ero accorta di aver tenuto il respiro. Sento come se mi avessero sparato nel petto. Non capisco cosa mi è successo. Eppure avrei voluto continuare a guardare i suoi occhi. Mi ricompongo e entro dentro.
Il ragazzo stava fissando la porta e quando mi vede mi da un occhiataccia. Io per la vergogna abbasso lo sguardo. Mi risiedo, ascolto gli altri che ancora parlando dei preparativi. Faccio finta di niente eppure sento che mi sta fissando lui sta volta, mi studia. Tutti i miei gesti sono seguiti dai suoi occhi, e ho la tentazione di alzare lo sguardo ma ancora nn ci riesco. Ma non posso farmi mettere alle strette da uno sconosciuto. Alzo lo sguardo, alzo solo un sopracciglio e lo sfido. Continuiamo a fissarci , lui ha lo sguardo divertito. Non so quanto tempo passa, mi accorgo che gli altri si stanno alzando e si stanno mettendo i cappotti. Lui continua a fissarmi ma non capisce che mi sta facendo un favore , ho la scusa perfetta per perdermi di nuovo nei suoi occhi.
- da fastidio è?-inizia lui a interrompere questo gioco del silenzio.
- mai quanto da fastidio a te- rispondo io alzandomi senza interrompere il contatto visivo.
- tu hai iniziato, pulisciti- mi dice e io lo guardo confusa, lui capisce e continua - hai la bava alla bocca- ride alludendo che lo sto guardando perché provo attrazione. Mi sta prendendo per culo lo stronzo.
-ti piacerebbe eh- rispondo io. Si alza si avvicina e sussurra un leggero "fottiti bellezza" e esce dalla stanza.
E vorrei inseguirlo per chiedergli cos'ha che non va, e perche il suo sguardo mi incatena. Saluto tutti e esco dal garage. Fuori nn c'è nessuno, e con un po' di amarezza vado verso la macchina.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 20, 2018 ⏰

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