Sola

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Faceva freddo, molto freddo , troppo freddo, i suoi pochi stracci, che nemmeno lei riusciva a chiamare vestiti, e la sua copertina tutta rotta e consunta non la proteggevano affatto!

Ormai era da un mese che viveva per le strade rubando cibo dai mercatini e cercando di attirare l'attenzione d'altri, ma nessuno sembrava vederla, il che era una cosa strana.

Non si ricordava niente prima del "grande gelo" come lo chiamava lei.

Gli aveva dato questo nome per sottolineare la paura e il freddo che provò quando si risvegliò appoggiata ad una palazzina piuttosto buia di Time Square (45 th) a Manhattan, avvolta da solo una sudicia coperta.

All'inizio non ricordava assolutamente niente, ne di se ne di altri, ma con il passare del tempo aveva acquistato un po' di memoria.

Ora sapeva di chiamarsi Jinger ma non ricordava il cognome, sapeva di avere 15 anni ma non ricordava il giorno e il mese della sua nascita, non aveva ricordi di momenti passati in compagnia se non immagini sfocate.

Erano più o meno le otto di mattina;

Jinger aveva imparato a calcolare l'ora dalla posizione del sole grazie ad un vecchietto che passeggiava con la nipotina mentre le spiegava come fare, e la quindicenne aveva ascoltato tutta la conversazione con attenzione, senza nemmeno doversi sforzare di nascondersi.

Pensò alla prima volta che si vide allo specchio di un centrocommerciale (non riusciva mai a rubare niente visto che se avesse portato fuori abiti quest'ultimi avrebbero fatto scattare l'allarme) rimase a contemplarsi per parecchi minuti poiché non ricordava nemmeno come era fatta: aveva dei capelli ricci e castani, lunghi fino a metà schiena, possedeva due occhioni verdi dalle lunghe ciglia nere ed aveva la carnagione del colore del caramello, non era...bella, o almeno LEI non si riteneva tale, ma la sua era una bellezza particolare, aveva qualcosa...di magico...

*****

Si alzò dal suo letto provvisorio (sacchi dell'immondizia sopra un piccolo materasso vecchio e puzzolente) e si incamminò verso il solito mercatino che apriva tutte le domeniche. Cercò qualcosa di facile da trasportare perché non aveva un carrello, ma anche qualcosa che fosse di suo gradimento, magari un po' di fragole, poi delle ciliegie...

< Uum, c'è solo frutta...ah no qua c'è il pane, preso! >

E con questo se ne tornò nel suo posticino dove avrebbe riposto il cibo che non avrebbe mangiato subito, poi una volta nascosto bene (nonostante ormai sapesse che in questo posto non passavano nemmeno i barboni) si incamminò verso il parco più vicino, dove si sarebbe seduta per mangiare pensando a cosa le possa essere capitato e a come risolverlo, e così fece.

L'isolamentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora