Capitolo 92: Deserto di ghiaccio

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Una famigliola felice che porta il cane al fresco per la prima volta.

Due amiche che cantano a squarciagola le canzoni più famose della band del momento.

Una donna in carriera che sta andando in ufficio, attenta ad essersi ricordata di sistemare lo zainetto per i figli.

Un uomo solo che vive in auto e ciò che guadagna lo spende in benzina per raggiungere la fabbrica in cui lavora.

Questo vede Kudo fuori dal finestrino del camioncino noleggiato da Kogoro.
Tutti in auto. Tutti verso le montagne.

<<Papà perché non abbiamo preso l'autostrada? Avremmo guadagnato molto più tempo invece che sprecarlo in coda, guarda che traffico!>>

Kogoro ribatte con un grugnito e l'espressione imbronciata, lasciando intendere che non gli andava di pagare cifre assurde al casello per fare solamente pochi chilometri.

<<Shinichi..?>>
Chiama Ran, con aria interrogativa. Si è già preparata con il maglione di lana nonostante manchino almeno due ore di viaggio.
Il ragazzo si volta, abbandonando la buffa vista delle giovani che si contendevano i comandi della radio per la scelta della musica.

<<È tutto ok? Mi sembri un po'... Assente.>>

<<Ma che dici! È solo perché è presto.>>
Minimizza lui, simulando poi un largo sbadiglio.

<<Come sta Shiho?>>

Come? Così? Dal nulla? Perché me lo chiede? Che abbia capito qualcosa? Aspetta, c'è qualcosa da capire?

<<S-sta bene... Penso... Sarà su un aereo per chissà dove ora.>>
Tentenna il detective, cercando in tutti i modi di evitare lo sguardo dell'amica di infanzia. Una goccia di sudore gli scivola lungo la carotide, segno che la situazione si sta scaldando.

<<In volo verso la Pennsylvania, alla baia di Erie>>
Replica lei.

Possibile che le donne sappiano tutto di tutti e a me tocchi cadere dal pero ogni volta?

<<Ah... Si, certamente, era una domanda retorica infatti.>>

<<Non era neanche una domanda a dire il vero!>>
Precisa Sonoko, seduta affianco a Ran, al lato opposto dei sedili posteriori.

<<Curioso, non pensavo conoscessi la grammatica, Suzuki!>>
Ribatte Kudo, stizzito.
La ragazza controbatte con una pernacchia, per poi incrociare le braccia e voltarsi a guardare la leggera distesa di neve finta sulla punta delle montagne oltre il finestrino.

<<Cos'è che ti tormenta Shinichi..?>>
Domanda Ran con espressione preoccupata, mentre appoggia una mano fresca sulla sua.
Il giovane è tentato di toglierla, ma ammette che quel contatto, con Ran, gli era mancato. Mesi e mesi passati a nasconderle la verità per proteggerla, e più lui mentiva più lei era curiosa, e più era curiosa più si trovava in situazioni di pericolo. Era finita in coma a causa sua, per averlo seguito nel covo dell'organizzazione, il covo del Gruppo Karasuma.

E lui? Le era stato vicino, certo.
Ma poi è comparsa Shiho, e lui l'ha abbandonata all'ospedale. "Chissà quando si riprenderà" si era detto.
È stato egoista.
È stato ingiusto.

Ran stringe leggermente la presa sulla sua mano, così da riportarlo al presente.
Gli occhi blu della ragazza continuano ad osservarlo pieni di interrogativi, di inquietudine e turbamenti.

<<Non è nulla, davvero. Sono felice di passare del tempo con voi. O meglio, con te.>>

Ed era vero. Ne ha passate troppe da quando Shinichi non si è fatto più vivo ed è comparso il piccolo Conan.
Era giusto che il detective liceale si facesse finalmente perdonare.

Ran risponde con un dolce sorriso, mentre suo padre accosta in un autogrill per camionisti, ribattendo all'improvviso silenzio calato nel furgoncino con un <<Così risparmiamo qualcosa, questo catorcio beve più di me!>>

Un paio di panini con la cotoletta riscaldati bastano per saziare gli stomaci brontolanti dei tre giovani, mentre Kogoro tenta di convincere la bella cameriera a cambiare canale per poter ascoltare un po' della musica di Yoko Okino.

<<Papà aspetta!>>
Supplica Ran, ipnotizzata dallo schermo e dalle ultime notizie del telegiornale.

<<Ripeto, non è ancora stata confermata la vicenda, ma se di terrorismo si tratta allora è una forma molto anomala!>>

La giornalista indossa un casco a protezione della lunga chioma biondo platino, mentre dietro di lei una marea umana corre in varie direzioni, cadendo, calpestandosi, saltandosi addosso.
Uno spettacolo raccapricciante.

<<C'è un nostro operatore all'interno, sperando sia sano e salvo! Le sue immagini saranno mandate di diretta, sconsigliamo ai deboli di cuore e di stomaco di restare sintonizzati, non abbiamo idea della carneficina che potrebbe esser->>

Due spari infrangono le vetrate sullo sfondo dell'inviata, mentre tutti si accucciano al suolo.

<<Ness--- carnef---na, solo un paz-- arma-- con degli ostaggi!>>

La voce del collega è poco chiara, al contrario delle riprese ben definite che si allargano su tutto lo schermo.

Nella vasta hall dell'areoporto un ragazzo, armato di un paio di pistole e tanta faccia tosta, punta l'arma verso due persone. Una terza figura è stesa a terra, sanguinante.

<<Ha sparato pri-a all'uomo ment-- era di spalle, sta anc--a rantolando, credo sia vivo...>>
Sussurra il giornalista dai lunghi corridoi al piano superiore che si affacciano sulla hall.

Lo zoom della telecamera avvicina la scena, mentre il groppo nella gola di Shinichi si fa sempre più pesante, quasi da non riuscire a respirare.

Maraschino non ha paura di essere scoperto.
È l'ultimo uomo rimasto in vita reclutato dal gruppo Karasuma.
<<Quel bambino... È mio.>>
Aveva detto l'ultima volta.

Kudo non pensava sarebbe tornato. Non così presto. Non con una pistola puntata sulla creaturina che ancora non era nata.

Sul pavimento, in una pozza di sangue, c'è un uomo dell'FBI privo di sensi. Un uomo che ha combattuto faccia a faccia quei criminali, e che è stato colpito alla schiena dall'ultimo vigliacco.
Neanche Akai avrebbe potuto prevedere tutto questo, come non lo aveva previsto per Akemi.

A qualche metro di distanza, di fronte a Maraschino, si para Elena, determinata, irremovibile, austera a protezione della figlia minore.

Dietro la sua spalla, su un viso roseo, si stagliano due occhi limpidi come ghiaccio, pieni di terrore e rabbia, con un rapido tentennare della mano a protezione del grembo.

Non vedo quel tremore, ma lo sento.
Lo sento nell'anima.
Sento la paura attanagliare il mio e il suo cuore.

Poi la vedo sbiancare, come se stesse morendo sotto il mio sguardo.

Shiho! {Coai, Shinshi}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora