Prologo

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Il crepitio della pioggia battente era insistente sui vetri delle grandi finestre presenti nel piccolo appartamento di Damian, che se ne stava seduto sul divano con addosso una coperta a scacchi rossa e nera di pile, mentre sfogliava svogliatamente la cartella contenente i documenti e tutto ciò che lui e i suoi colleghi avevano trovato, inerenti all'ennesimo caso che gli era capitato tra le mani, quella mattina.

L'ennesimo caso, inspiegabile e, all'apparenza, irrisolvibile.

Come gli altri tre casi identici, prima di quello.

Erano stati trovati, prima di quello, altri tre cadaveri: uccisi con un paletto di frassino nel cuore e la testa mozzata.

Ma qui, veniva il bello, poiché gli altri precedenti omicidi erano stati commessi da un uomo che sembrava pressoché una persona ordinaria: era un bell'uomo sui 35 anni, dall'aria distinta e sempre ben vestito, con un buon lavoro e ben pagato, con un bell'appartamento e una compagna.

Peccato che lui fosse tutto fuorché ordinario, appunto.

Per hobby vagava di notte nella piovosa e fredda Seattle, adescando le sue innocenti vittime —in questo caso, tre ragazzi, dalla pelle diafana, bellissimi e giovani, tanto che sembravano dei modelli usciti da chissà che rivista di moda— e scegliendole in modo accurato, poiché fermamente convinto di avere attorno a se esseri indemoniati, creature venute dagli inferi come demoni e vampiri, e che dunque andassero eliminate.

E chi poteva farlo, se non lui, che era l'unico capace di accorgersene dal momento che il governo americano sembrava ignorare la questione?

O almeno, così si era giustificato l'assassino, durante l'interrogatorio.

Questo per farvi capire come sia sopravvalutata l'apparenza in una persona.

Perché, come sempre prensava Damian, del marcio c'è sempre ed è intrinseco in ognuno di noi.

Volente o nolente.

Per questo, Damian osservava le foto dell'omicidio, con un'espressione corrucciata ad incorniciargli il volto: colui che aveva commesso l'omicidio, sembrava a tutti gli effetti essere un emulatore.

Con l'unica differenza che ora, la vittima, era una donna.

Una bellissima donna, dai capelli corvini e occhi castani, in quel momento sbarrati sul suo volto dalla carnagione diafana, ora, macchiata di schizzi rosso cremisi.

Damian si portò l'indice e il pollice della mano destra sul ponte del naso e poi sugli occhi, massiaggiandoseli con fare stanco e sospirando, per poi aprire le sue iridi di giada e volgere lo sguardo verso la finestra.

Oramai era buio inoltrato, e ciò lo portò a constatare che probabilmente era passata l'ora di cena già da un pezzo, e che per l'ennesima volta, si era lasciato prendere dalla lettura sul caso e si era dimenticato del tempo che, inesorabilmente, trascorreva silenzioso e incurante di chiunque.

Poggiò il fascicolo accanto a se, sul divano in pelle nera, e poi si alzò, prendendo il telefono, che fino a quel momento era stato dimenticato sul tavolino posto davanti a se e poco distante dal televisore posto nel grande mobile che fungeva da libreria, a completare la mobilia di quel piccolo salotto.

Scorse con il pollice la barra di sblocco, inserì la password e notò parecchie chiamate perse dal suo migliore amico, che lui proprio non aveva sentito dal momento che il telefono era posto su silenzioso.

Dopo aver velocemente dato un'occhiata all'orario posto in alto sullo schermo —erano da poco passate le dieci di sera— decise di richiamare il suo amico, giusto per sincerarsi che tutto fosse a posto, poiché così tante chiamate erano abbastanza strane, pure per un tipo ansioso come Andrea, suo migliore amico da anni e di origini italiane.

Rispose dopo due squilli.

-Diavolo, amico! Ma che cazzo di fine avevi fatto?!- esclamò, Andrea, dall'altro capo del telefono, furioso.

-Ehi Andry scusa, stavo dando un'occhiata al caso. Tutto a posto?- gli chiese poi, Damian, mentre si recava in cucina per prendersi una birra dal frigo.

-No, non va manco per un cazzo bene. È stato trovato un altro cadavere- proseguì, l'amico, con il suo solito linguaggio colorito.

-Dio mio- esclamò Damian, per poi proseguire - Dimmi dove sei, ti raggiungo- gli disse, poi.

-Dove dovrei essere amico? In centrale, ovvio. Ma che ti sei fumato?- gli chiese, l'amico, con fare stupito.

-Andry, niente, che dici. Arrivo subito. A dopo- disse poi, chiudendo la telefonata, dando giusto il tempo al suo amico di salutarlo.

Diamine, ma cosa gli stava capitando?

Era da qualche giorno che si sentiva strano, delle volte un po' spaesato.

Ancora non sapeva perché, o meglio, non voleva dargli troppo peso; così, prese l'ultimo sorso della sua birra, si vestì in fretta e uscì di casa diretto in centrale.


NOTE AUTRICE:
Salve a tutti lettori e lettrici!

Ebbene sì, nonostante io ancora stia scrivendo il sequel della fan fiction "Amore dietro all'obbiettivo" ho deciso di pubblicare il prologo di questa storia, interamente inventata da me!
Per ora ho inserito solo il prologo, perché spero che questa storia possa interessarvi, almeno dall'incipit.

Per cui beh, ecco qui, Damian: la sua storia e ciò che affronterà di nuovo nella sua vita.

Fatemi sapere se potrebbe interessarvi!

Un abbraccio forte,

BlueIrys

The Smell Of The ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora