quella casa un po' vintage

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Benché non fossi mai stata in quella casa sciatta, nuova per me, dall'odore di vecchio, sapeva trasmettermi familiarità e schifo.

Prendiamo le finestre: i vetri sporchi, talmente sporchi che non sembravano più neanche vetri, ma solo lastre ornate - il verbo più adatto - di polvere grigia e qualche regalino di uccello, rendevano alla casa un aspetto ancora più vecchio e sciatto, ma allo stesso tempo così familiare e vintage.

I muri esterni erano azzurri pastello anch'essi sciatti e logorati dal tempo - il tempo è la causa di tutti i mali presenti - , le tegolette mi ricordavano i diari dei ricordi di mio zio, quelli con le copertine coi colori pastello che nascondeva tra le fessure  polverose del portadischi, ma che non mi faceva mai leggere perché contenevano foglie di maria essiccate - l'odore si sentiva appena entravi in quella sua sottospecie di stanza - e le foto che le sue ragazze dell'epoca si facevano, alle volte un po' "hot", incollate sulle pagine con le chewing gum rosa usate e qualche bacio di burro cacao brillantinato.

Come facevo a saperlo?

Ogni volta che ne avevo l'occasione mi chiudevo in quello stanzino che mi piaceva da morire, e mi  ci vedevo da grande in quella stanza, mi ricordava il mio futuro,e spiavo fra le sue cose.
Ricordo di aver rotto due corde della sua Martin Dreadnought, e strappato involontariamente delle pagine dei manga porno, li teneva ben custoditi su uno scaffale.
Lui faceva finta di nulla, povero zio, solo ora mi accorgo che lo sapeva eccome, ma in un certo senso non glie n'è mai importato, in fondo entrambi volevamo che io assomigliassi a lui, dalla passione per la chitarra all'ossessione per gli anni 90, i vinili, i manga e la cannabis.
Sono cresciuta secondo questo modello di vita e penso sia stata la cosa giusta, questa è l'unica vita che fa per me.

A volte si pensa alla vita  - alla propria di vita - ,e si pensa a come sarebbe se fosse diversa, io l'ho immaginato tante di quelle volte ma per quanto potessero essere belli questi viaggi con la mente, c'era sempre qualcosa di contorto e che non mi rispecchiava, mancava quella cosa che potevo trovare solo nella vita che stavo vivendo.
Non ho mai saputo cosa fosse di preciso, ma dico grazie al mio vecchio zio suicida per avermi messo sulla buona strada.

Poi, d'un tratto, mi ritrovai catapultata  davanti ad una casa solcata da due grossi abeti, a fissare i muri che mi mettono ancora oggi nostalgia, nausea e curiosità allo stesso tempo, e il tetto proprio come lo avrebbe definito lui: macabro.
Noi amiamo il macabro, non è vero zio?
Non ho saputo se odiare o amare quella casa dal primo momento in cui l'ho vista, vedevo solo me, una ragazza con gli scarponcini neri e le calze nere, la gonna nera, i capelli neri, gli occhi neri e languidi, davanti a quella casa così vintage e schifosamente non mia.

Rimasi lì dieci minuti contati, con la chitarra in spalla e un nuovo scenario impresso nella mente, una nuova idea per dare sfogo alla mia arte - un'altra passione trasmessa da mio zio, il cui nome non ho mai saputo, lo chiamavo solo zio-.

Era l' inizio di una nuova avventura: nella noiosità di questo posto avrei trovato il modo di far succedere qualcosa.
Qualcosa di positivo per me, ma non per gli altri.


Chi ci ha cresciuti è ciò che siamo, volevo solo dire che mio zio non era il ritratto della brava persona.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 08, 2018 ⏰

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il silenzio assordante chiuso in quella stanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora