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Sακιε

"Sakie".
Fa così strano sentirsi chiamata per nome dopo anni di "Shihomi".

Qui mi chiamano tutti per nome e solo quando le professoresse dicono l'elenco delle persone in classe mettono il cognome prima. Spesso però non sanno come si pronuncia, e sono costretta a dirlo di fronte a tutti.

Quando pronuncio il mio cognome, i miei compagni di classe ridono. Quasi tutti ridono, tranne Cassie Smith, che è inglese. Cassie si arrabbia quando qualcuno non aspira il "th" del suo cognome, e io la capisco.

Sono le undici, ecco il momento più brutto della mia giornata: la ricreazione. Sarebbe bello se le persone si limitassero a scordarsi della mia esistenza, eppure non lo fanno. Mi ignorano quasi sempre, ma durante l'intervallo si ricordano che esisto.

Io resto seduta al banco. A volte leggo, a volte scrivo e altre disegno, ma ad alzarmi e parlare con loro non ci tengo.

Sara, Marta, Lidia, Daria, Eleonora... hanno nomi italiani, occhi italiani, nasi italiani, parlano italiano, scrivono italiano. Sono quasi perfette e a volte vorrei essere come loro.

Solo che dentro l'animo non si è italiani, giapponesi, inglesi né di nessun'altro posto. Nell'animo si è buoni o cattivi e loro sono cattive. Ecco perché credo di stare bene così come sto.

Quelle ragazze mi spaventano. Si mettono in gruppi. Poi mi guardano... e ridono. Ho paura di alzarmi e anche di andare in bagno perché le risate delle altre persone mi butterebbero a terra.

A loro non piace che io non sappia pronunciare bene alcune parole, e siccome né io né Cassie parliamo bene l'italiano ci prendono in giro. Io con Cassie non ci ho mai parlato, però ci guardiamo spesso.

Lei mi guarda, io la guardo.

Ci guardiamo.

Però nessuna ha il coraggio di alzarsi e parlare con l'altra. Le risate fanno paura a tutti, anche se c'è chi dice che siano il suono più bello di tutti.

Una risata può rallegrarti la giornata se la fai tu o se qualcuno ride con te, ma se qualcuno ride di te sono come un pugno, uno schiaffo, e fanno paura.

Nessuna delle ragazze della scuola ride con me. Loro ridono di me e di qualsiasi cosa io faccia, e credono che sia sorda e non me ne accorga.

"Sakie non sa dire supercalifragilistichespiralidoso perché si impiccia"

"Sakie quando parla si impappina sempre"

"Sakie ha gli occhi strani, chissà se ci vede"

"Sakie guarda sempre Cassie, secondo me sono lesbiche"

"Sakie non sa dire il mio nome"

"Tu l'hai capito come si pronuncia il suo cognome?"

"Secondo te legge manga nel pomeriggio invece di cercare di imparare l'italiano?"

Sento tutte le loro critiche e tutti i loro insulti, sento le loro parole e le loro risate.

Le loro risate mi fanno male.

Mia mamma mi aveva detto che sarei stata benissimo in Italia e che i ragazzini della scuola mi avrebbero aiutata con l'italiano e mi avrebbero accettata. E invece devo impararlo da sola, l'italiano, e a scuola i ragazzini l'unica cosa che fanno è prendermi in giro.

Non voglio stare qui.

Ogni volta alzarmi per andare a scuola è un incubo. Ho spesso delle crisi di ansia.

Vorrei essere come la nonna. Veniva insultata perché era grassa, quando era una bambina. Lei tirò un pugno a un bullo e nessuno provò più a dirle nulla.

Ecco di nuovo Sara e Marta nell'angolino a indicare me e Cassie. Credono che non ce ne accorgiamo.

Voglio tornare a casa, non stare qui a scuola a scrivere un diario del cavolo.

Che schifo avere un diario.

Mi diranno che sono ancora più strana se scoprono che questo quaderno su cui scrivo è un diario.

Non mi sento bene, ho un nodo allo stomaco. Forse sto diventando paranoica. Sento risate ovunque.

Sto piangendo.

"Secondo me è povera e per pagare i libri di scuola sua madre ha fatto la puttana".

Sì, mamma, i ragazzini della scuola mi accetteranno sicuramente.

Voglio fuggire.

Voglio solo fuggire e dimenticare questo.

Però voglio stare anche al fianco di Cassie.

Io e Cassie non parliamo, però ci sosteniamo a vicenda. Lei a un estremo della classe, io all'altro. Ci guardiamo, vorremmo parlare e darci la mano quando veniamo prese in giro. Io lo so che anche lei vuole parlarmi, perché mi guarda con gli stessi occhi con cui la guardo io.

Solo che abbiamo paura.

Abbiamo paura di alzarci e di combattere le risate di quelle ragazze.

Paura.

Le cinque lettere con il significato più brutto dopo quelle che compongono la parola "morte".

Forse sono correlate.

La paura è dettata dall'istinto di sopravvivenza, e se non sopravvivi muori.

Sto divagando.

È suonata la campanella.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 09, 2018 ⏰

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