Capitolo 3

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Lucrezia

Sento il suono martellante della sveglia che mi avvisa che è ora di alzarsi. Uffa! L'ho puntata alle 6:30 per essere puntuale. Se dovessi trovare traffico, sarebbe la fine; farei la figura della ritardataria seriale che arriva in ritardo il primo giorno di lavoro e non mi va sinceramente.

Controvoglia, mi alzo dal letto, faccio la doccia e subito dopo mi precipito davanti all'armadio.
Come mi devo vestire? Sportiva o elegante?
Opto per una via di mezzo, indosso dei jeans Levi's a zampa, una camicia Ralph Lauren azzurra e delle zeppe per evitare di sembrare una nana, data la mia scarsa altezza. Subito dopo mi preparo la ventiquattrore e mi precipito in cucina, dove trovo tutta la mia famiglia.

Appena i miei genitori mi vedono, smettono di parlare tra di loro e mi invitano a sedermi per fare colazione e controvoglia lo faccio, so già cosa mi aspetta.
<< Allora Lucrezia come ti senti?>> inizia mio padre, scrutandomi attentamente.
<< Sei in ansia?>> mi chiede mia madre.
<<Sono in ansia, ma credo di potermela cavare>>
<<Brava la mia bambina!>> esclama mia madre. <<Il nostro orgoglio!>> la segue mio padre.
<< Mamma, papà, grazie per i complimenti, ma adesso devo proprio scappare!>>
Nel frattempo, mia sorella sghignazza, lei sì che ha capito il perché voglio andare via.
Odio i complimenti, mi fanno sentire a disagio.
<< In bocca al lupo sister>> pronuncia mandandomi un bacio.
<< Crepi il lupo>> le rispondo incrociando le dita.

Detto ciò, esco dal nostro appartamento e raggiungo il parcheggio per prendere la mia Fiat 500. Eh sì, oggi niente moto, nonostante un po' di adrenalina è ciò che mi servirebbe. Appena salgo in macchina, il mio cellulare inizia a squillare. Sul display leggo il nome di Lele, quindi rispondo.

<< Allora sei pronta?>> mi chiede entusiasta.
<< Credo di sì >> gli rispondo poco convinta.
<< Lucrezia, devi essere sicura, non voglio incertezze>> mi sprona.

È sempre stato lui il più sicuro tra noi, quello che è sempre positivo è che cerca di supportarmi e sopportarmi.

<< Sono super carica, ti basta?>>
<< Immagino >> e lo sento ridere.
<< Piuttosto tu?>> gli domando.
<<Lo sai che io non sono mai in ansia e poi ammalierò tutti con le mie acquamarine>> si fa ego.
Sa di avere degli occhi azzurri bellissimi e se ne vanta.
<< Beato te! Io non ho neanche quest'arma>>
<< Però sei bella>>
<< Non è vero!>>
<< Non replico, perché so che sarebbe inutile, data la tua testardaggine >>

Ha proprio ragione, a volte la mia testardaggine supera ogni limite, ma è anche quella che mi porta ad avere sicurezza e a raggiungere gli obiettivi che mi prefisso.

<<Bravo, adesso ti lascio che sono già le 7:20>>
<< Ciao Lucri>> mi saluta e riattacca.

Inserisco la chiave nel nottolino e parto per questa nuova avventura.
Alle otto meno venti varco il cancello della clinica.
Il parcheggio è stracolmo di auto costose, scommetto che l'unica auto Fiat sia la mia, me ne farò una ragione. Uffa, non c'è neanche un posto libero e adesso come faccio? Non posso mettermi a girare come una trottola e rischiare di arrivare in ritardo. Continuo a girare per dieci minuti e finalmente trovo un posto libero vicino al cancello molto distante dall'ingresso della struttura, pazienza! Con tutti i soldi che hanno i proprietari, perché non fanno un parcheggio riservato esclusivamente al personale?
Finalmente raggiungo l'ingresso della clinica e mi trovo disorientata, non so dove andare. Dove sarà mai il reparto di ginecologia? Perché non c'è nessuno alla reception in questo momento? La disorganizzazione di questo posto inizia a non piacermi. Io, miss precisione,  mi ritrovo in un posto senza organizzazione? Dopo un po' di attesa, finalmente vedo un'infermiera uscire da un portellone, la raggiungo e le chiedo informazioni sul mio reparto. Deve aver capito chi sono, infatti mi chiede: << Sei la specializzanda in ginecologia?>> , ma io dico se nemmeno mi conosce perché mi da' del tu? È vero che sono una specializzanda, ma sono pur sempre una sua superiore. Decido di passarci su e annuisco. Mi riferisce che un certo dottor Fabio Alberti mi sta aspettando al reparto di neonatologia sito al terzo piano, la ringrazio e salgo le scale, perché se dovesse bloccarsi l'ascensore, sarebbe la mia fine a causa della mia claustrofobia.

Più forte del doloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora