Sudavo freddo ed ero agitata, non male come inizio giornata.
Ero nel panico più totale, non riuscivo a stare ferma, mi tormentavo nervosamente le mani per cercare di alleggerire la tensione, ma nulla sembrava funzionare quella mattina.
Tutto stava andando nel verso sbagliato, dal rovesciarmi addosso la tazza di caffè bollente che mi aveva fatto imprecare in aramaico al fatto di non trovare la mia maglietta preferita da indossare il primo giorno di scuola.
In un'ora mi ero trasformata in un patetico disastro che urlava per casa come una pazza, svegliando tutti quelli del palazzo che alle sette e mezza di mattina stavano ancora comodi sotto le coperte, mentre io buttavo giù tutti i santi.
Forse sarei dovuta stare a casa a dormire, guardare la tv e leggere riviste di gossip, questo mi avrebbe calmato meglio di una camomilla.
Ma purtroppo non avevo avuto scelta, mia madre mi aveva trascinato - mancava poco che mi avrebbe caricato di peso - davanti a scuola: istituto Manzoni, liceo classico.
Titubante mi avviai con un diavolo per capello verso l'entrata di quell'edificio che sarebbe stata la mia casa - sarebbe meglio dire prigione - per cinque anni.
Avevo appena mosso un passo dentro al corridoi principale stipato di studenti urlanti e depressi, che già non vedevo l'ora di aver finito il liceo.
Ero sempre stata brava nelle materie umanistiche, per questo i miei amati professori delle scuole medie mi avevano consigliato di iniziare questo percorso -abbastanza tortuoso oserei dire.
Mi incamminai alla ricerca della mia classe, stando attenta a non essere ammazzata e trucidata dalla massa impazzita e cercando di leggere le targhette affisse su ogni porta.
Alla fine del corridoio finalmente trovai la mia aula, 4C, diedi uno sguardo dentro e tutti i banchi erano già stati occupati - la solita fortuna che non mi abbandonava - l'unico libero era uno in fondo vicino alla finestra, dove era già seduto un ragazzo.
Sotto gli sguardi indagatori di tutti mi avviai verso quell'unico posto libero, nessuno mi fermò, neanche il ragazzo di fianco a me fece qualcosa - calma piatta.
Mi sedetti e cacciai fuori un sospiro di sollievo, il primo passo l'avevo superato, ma l'agitazione non voleva saperne di andarsene, mi tormentava ancora lo stomaco.
Mi guardai intorno e notai che si erano già formati piccoli gruppetti di ragazze con la puzza sotto il naso e ragazzi che facevano i finti duri e spacconi, mi sentivo fuori luogo con tutta quella gente strana ma sperai che qualcuno venisse a presentarsi per fare amicizia con me, ma evidentemente non ero il loro tipo.
Quando suonò la campanella - che quasi mi fece saltare sulla sedia - tutti si posizionarono al loro posto e un omone sulla cinquantina varcò la soglia con due libri in mano e l'aria di chi vorrebbe essere da tutt'altra parte - come dargli torto.
Nessuno fiatò, il professor Chiaino, insegnante di latino e greco - chi l'avrebbe mai detto - prese il registro e iniziò a fare l'appello, sentii una valanga di nomi e nessuno mi entrò in testa, tranne quello del mio vicino di banco: Lorenzo Perri.
Quello fu l'unico momento in cui alzò la testa dal banco, così potei notare i suoi profondi occhi circondati da una chioma biondo cenere.
Ovviamente - la solita fortuna - il mio nome non compariva sulla lista, sembrava quasi uno strano presagio.
Così, alzai la mano per farmi notare, e tutti si girarono dalla mia parte, giusto per farmi sentire ancora di più a mio agio.
Sbuffai infastidita e mi passai una mano tra i capelli, e mi parve di vedere con la coda dell'occhio il mio compagno misterioso lanciarmi un'occhiataccia.
«Mi scusi, il mio nome non compare nel registro» Dissi tutto d'un fiato, e sentii qualcuno ridere della mia voce tremante.
Alzai gli occhi al cielo e finalmente quell'omone si decise a calcolarmi, distogliendo gli occhi da quel masso di libro e a squadrandomi da sopra i suoi occhiali troppo piccoli.
«Oh, quindi lei è la signorina?»
«Rebecca Maggi» Risposi e lui iniziò a scrivere il mio nome sul registro, sicuramente in una calligrafia illeggibile.
«Bene, ora c'è»
Posò la penna e iniziò a blaterare circa il programma che affronteremo durante l'anno di latino e greco, riassumendo, faremo una miriade di traduzioni e qualche autore, niente di estremamente impegnativo secondo il suo punto di vista - grazie tante lui sa già tutto.
La giornata passò così, tra appelli e programmi da svolgere di italiano e inglese.
Per fortuna come primo giorno le lezioni finirono alle undici, e appena suonò quell'odiosa campanella il mio compagno di banco, Lorenzo, scattò come una molla fuori dall'aula, cosa che avrei fatto anche io se non avessi preso appunti come una forsennata.
Lui se n'era stato tutta la mattina concentrato sul suo telefono a messaggiare con chissà chi e su chissà cosa.
Mi diedi della stupida da sola perché stavo pensando a cosa avesse fatto tutto il giorno lui senza accorgermi di essere rimasta ferma con l'astuccio in aria - ennesima figuraccia accompagnata da risolini inutili.
In corridoio mi imbattei ancora nella massa di studenti che spingevano per arrivare all'uscita, non mi sarei mai abituata a questa baraonda infernale.
Appena messo fuori il piede dopo un'estenuante lotta, il mio sguardo fu catturato da una chioma biondo cenere e una bionda platino - la fantasia ragazzi - avvinghiati l'un l'altro accanto a un motorino in una precaria posizione.
Sbuffai abbattuta, era ovvio che un tipo come lui avesse la ragazza, non passava certo inosservato tra la gente.
***
Quando tornai a casa fui assalita dall'uragano chiamato mamma che iniziò riempirmi di domande.
«Allora, come è andato il primo giorno?» Chiese tutta euforica mentre io mi ero appena seduta - sarebbe meglio dire spaparanzata - sul divano in salotto.
«Bene mamma, hanno solo detto il programma che faremo»
Dissi annoiata e sbuffai più volte alla ricerca di un canale decente da guardare alla tv.
«E i compagni come sono? Simpatici?»
Disse saltellando da un piede all'altro e battendo le mani.
«Non ho parlato con nessuno, ho solo un compagno di banco strano»
«Ah si? È un maschio?» Disse facendomi l'occhiolino.
«Si, si chiama Lorenzo»
«Oh, è carino?»
«MAMMA!»
«Che ho detto?» Fece lei con faccia innocente.
Sbuffai di nuovo infastidita e mi fermai sul canale che trasmetteva la replica del manga Rossana, mentre mia madre si arrese e andò in cucina a preparare il pranzo.
[ Heello kidz, come va la vita?
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