Effetto Farfalla

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Importanti note: questa storia non ha niente a che fare con il mio giudizio su Filippo -quello me lo tengo per me o al massimo lo esprimo su Twitter (sono @_nohate nel caso voleste fare quattro chiacchiere) -, né é un tentativo di trovare una spiegazione razionale a ciò che sta succedendo negli ultimi tempi. Ad ogni nuova os ripeto che ciò che racconto é semplicemente la mia versione dei fatti, ma a questo giro ci tengo a precisare che non é nemmeno questo, perché tutto il casino che é venuto fuori semplicemente non me lo so spiegare. Non sono più in grado di rimettere insieme i pezzi del puzzle, quindi mi limito semplicemente a raccontarvi quello che mi piacerebbe fosse successo, sperando che anche voi riusciate a trovare nelle mie parole qualche bella immagine da conservare proprio adesso che niente sembra funzionare.
Per quanto riguarda le quattro/cinque canzoni che ho scelto di inserire, se sarete confusi da questo inconsueto mash-up, lo capisco. Rimando comunque ogni spiegazione alle note finali, dicendovi solo di prestarci attenzione, perché, per una volta, non me le sono andate a cercare a os conclusa. É come se avessi "adattato" quello che stavo scrivendo alle canzoni che stavo ascoltando. Quindi niente, lasciatevi rapire dalla bellezza della musica. Buona lettura


Missing you come in waves
and tonight,
tonight I'm drowning

"Amore, mi vuoi ascoltare?"
"Eh?"
Einar sollevò di scatto la testa, incrociando lo sguardo di Valentina, intenta a fissarlo dalla parte opposta del tavolino da caffè che li divideva. Alle sue spalle un filare di luci avvolte attorno a del finto agrifoglio si rifletteva ad intermittenza sul vetro della finestra, opaco di condensa. "Scusa, ero- ero un attimo sovrappensiero. Cosa stavi dicendo?"
La ragazza sospirò, portandosi alle labbra la tazza di cappuccino ormai freddo che avevano ordinato quasi mezz'ora prima, quando si erano infilati dentro al primo locale disponibile per ingannare il tempo e ripararsi dal freddo pungente che era sceso su Sanremo in quella particolare sera di fine dicembre.
"Ho detto" scandì, riappoggiando la tazza sul tavolo. "Che andrà bene, davvero. Adesso puoi smettere di torturare quel povero scontrino, per favore?"
Lo sguardo di Einar cadde inevitabilmente sul pezzo di carta che aveva ridotto in minuscoli brandelli stropicciati e quasi di riflesso si ritrovò a far cadere gli ultimi resti sul tavolo, accanto al proprio telefono spento. Ne fissò con insistenza lo schermo nero, cercando di metabolizzare le immagini che vi aveva visto scorrere sopra fino a qualche minuto prima.

Non l'aveva vista arrivare, Einar, quella storia. Non si era aspettato di ricevere quella notifica, di sentire di nuovo quella voce chiamare il suo nome, di vedere una volta ancora quelle labbra mascherare un sorriso nel pronunciarlo.
No, non l'aveva vista arrivare, Einar, quella storia che Filippo aveva fatto appositamente per lui, impreziosendola con l'immagine di una piccola farfalla azzurra, coordinata all'azzurro che aveva associato al suo nickname.
Quando aveva sbloccato lo schermo del cellulare ed il video era partito in automatico, per poco non gli era scivolato il cellulare di mano. Aveva dovuto sedersi, mentre Valentina, ignara di tutto, ordinava un cappuccino per sé e comprava un cornetto che lui non avrebbe mangiato. Non era stato facile dissimulare di fronte a lei la sorpresa, ma Einar aveva optato per attribuire il suo momentaneo stato di shock alla gara ormai alle porte e Valentina aveva finito per crederci -o almeno aveva finto di farlo-.
Così si erano ritrovati lì, lei intenta a scrutarlo con quel suo sguardo scettico che ormai troppo spesso le disegnava un'espressione fastidiosa sul volto e lui disposto a guardare qualsiasi cosa che non fosse lei così da non permetterle di leggergli negli occhi tutta la confusione e lo sconcerto che si sentiva addosso. Voltò la testa di lato per gettare un'occhiata all'orologio che capeggiava sopra all'albero di Natale e notò con uno strano senso di sollievo che l'ora di presentarsi agli studi del Festival di Sanremo era arrivata. Aveva vissuto l'intera giornata con l'ansia di dover varcare quelle porte ed ora desiderava solamente rifugiarsi al loro interno e concedersi un istante ancora per rivedere quella storia in loop, giusto per accertarsi di non averla davvero immaginata.
Si schiarì la voce, staccando con le mani un pezzo di cornetto ancora integro e buttandolo giù con il solo intento di compiacerla ed allontanarsi da lì in pace con lei e con se stesso.
"Si è fatto tardi" disse, infilandosi il cellulare nella tasca dei pantaloni. "Devo seriamente andare. Non voglio fargli fin da subito una brutta impressione"
"Ma se siamo venuti qui un'ora prima apposta" gli fece notare lei, il cappuccino ormai abbandonato ad un lato del tavolo. "Sei davvero sicuro che non vuoi che ti accompagni?"
Einar scrollò la testa, alzandosi in piedi per poter recuperare dalla sedia il proprio giubbotto.
"No, davvero, non preoccuparti" la rassicurò, sentendo già un brivido freddo scorrergli sottopelle all'idea. Aveva bisogno di un istante da solo. Aveva bisogno di capire come si sentisse a riguardo, di rendersi conto di quanto quello stupido, inutile video avrebbe potuto incidere sulla sua esibizione di quella sera. "Non so nemmeno se si possa portare qualcuno nel backstage.. e poi credo che in ogni caso non vedresti molto da lì. C'è sempre un casino. E' meglio così, credimi"
Valentina annuì, concedendogli un sorriso vagamente deluso ed Einar sospirò tra sé e sé, sentendosi male all'idea di tutte le cose che in quei mesi non le aveva detto e che erano tornate prepotentemente a galla dentro di lui in maniera in modo totalmente inaspettato. Le lasciò un bacio sulle labbra che gli parve un bacio di Giuda ed uscì in fretta dal bar, per raggiungere gli studi di fronte.
Varcò l'ingresso e si diresse subito a passo spedito verso il primo corridoio accessibile, alla disperata ricerca di un bagno. Lo trovò sulla destra, dopo una serie interminabile di stanze tutte uguali, e vi entrò in fretta, chiudendosi la porta alle spalle. Si poggiò con le mani al lavandino, il battito lievemente accelerato ed il respiro affannato, e solo allora si concesse di chiudere gli occhi e tornare a respirare regolarmente. Respirò più e più volte, a pieni polmoni, scavando dentro di sé alla ricerca di un nome da dare a ciò che stava provando.
Sconcerto -per lo più-, incredulità -in buona parte- e poi malinconia, tristezza, delusione. E rabbia, forse. Rabbia verso qualcuno che lo ignorava da mesi, qualcuno che era diventata d'improvviso il contrario di se stesso senza nemmeno degnarlo di una spiegazione razionale e che adesso tornava con la sua scintillante noncuranza a rivolgergli parole d'affetto che lui riusciva solo a sentire così dannatamente vuote.
Strinse con forza gli occhi, imponendosi di non piangere.
Stupido, arrogante, presuntuoso Filippo.
Lui e le sue parole gettate al vento, lui e la sua incapacità di rendersi conto dell'effetto che aveva su Einar, lui ed il suo fingere che andasse tutto bene, quando niente andava più bene da tempo, quando tutto stava lentamente cadendo a pezzi.
Einar sollevò lo sguardo e si ritrovò a fissare se stesso ed i propri riccioli scombinati nell'immagine che gli dava indietro lo specchio. Si concesse un momento per osservarsi, cercando sul proprio volto una risposta e ritrovandoci soltanto un sorriso che un tempo gli aveva solcato il viso ed un alone opaco di condensa ormai dissoltosi da tempo, l'impronta delle dita che si rincorrevano sul vetro fino a sfiorarsi, un'esplosione di risate in sottofondo. Un amore nato troppo in fretta ed altrettanto in fretta scivolato nell'oblio.

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