Lunedì 15 Maggio, ore 23:00
Fa freddo, mi ritrovo su quel ponte vecchio e rugginoso, guardo sotto, il fiume è tormentato quanto me, mi sta aspettando, i mulinelli si aggrovigliano, come i problemi si sono aggrovigliati alla mia vita. Alla vita di un ventenne. Mi immagino toccare il fondo di quel fiume, come se non l'avessi mai fatto; eppure dicono che una volta che lo tocchi, dopo puoi solo migliorare, non in questo caso. Mi scappa un sorriso, sono matto e forse quello che non ho mai avuto è una vita normale.
Lunedi 15 Maggio, ore 8:00
Era tutto tranquillo quella mattina, forse più del solito, era primavera, ma non avevo alcuna voglia di alzarmi. Mi presento sono Liam Payne, ho vent'anni e come ogni giorno la sveglia è suonata; sento i soliti rumori provenire dalla cucina, la nonna sta preparando la colazione, guardo il letto di Adrian, sembra vuoto, ma in realtà è lì, silenzioso, immobile, sotto le coperte. Adrian è mio fratello, ha quindici anni e dopo l'incidente in macchina è rimasto paralizzato completamente, dalla testa ai piedi; mia nonna Elisabeth si occupa di noi, soprattutto di lui; con quei modi silenziosi, delicati, riesce a strapparmi anche qualche sorriso. Vi starete chiedendo dei miei genitori: loro sono morti durante l'incidente. Mi alzo, guardo l'orologio appeso in camera, sono le 7:50 e come ogni volta sono in ritardo stratosferico; scendo le scale di fretta e furia, saluto la nonna mentre azzanno la brioche pronta sul tavolo.
"Sempre in ritardo!"
"E' giusto così nonna." le accenno un sorriso.
"Qua c'è il pranzo di oggi, dai vai a lavarti i denti e corri alla fermata, se no perdi il pullman."
"Mmmh, non sarebbe un'idea malvagia." le strizzo l'occhio.
Mi ritrovo a correre per la via, il giubbotto regalato dalla nonna mi stringe un po', forse è ora di cambiarlo, lo zaino appoggiato su una spalla e le scarpe larghe mi rendono difficile la corsa. Vedo l'autubus arrivare, penso di farcela, ma verso la fine crollo, cedo ed è quella la sensazione tipica che provo. Sono un debole.
L'autista mi aspetta, io cammino a testa bassa e lo saluto con un cenno; mi siedo su uno di quei sedili a metà, il primo che ho trovato libero; il viaggio sul pullman mi è sempre piaciuto, mi dà quasi una sensazione di beatitudine, come se tutta la mia vita si annullasse, per quei quindici minuti, dimentico tutto quello che non ho.
La mattinata all'università è passata in fretta, l'ora di pranzo è arrivata e man mano tutti se ne vanno, io prendo lo zaino e mi dirigo verso l'uscita, voglio evadere. Mi dirigo verso il castello, un posto affascinante e misterioso, ottimo per un pic-nic in un giorno primaverile; mi siedo nell'erba e dal mio zaino tiro fuori il panino preparato dalla nonna, odora di casa e precisamente in quell'istante, sorge una sensazione di nostalgia, le cena di famiglia, il sorriso di mia madre quando scartavo i regali sotto l'albero, il rimpianto di non aver detto loro ti voglio bene, per l'ultima volta. Il sole mi riscalda, mi rilassa, ma so che ho i minuti contati, finito il panino devo tornare. L'ansia sale e tutto il mio paradiso si distrugge, ogni volta è così. Ti crei il tuo piccolo mondo con i tuoi sogni migliori, che per qualche istante sembrano realizzabili, ma quando la realtà si imbuca, tutto finisce, l'ansia, la paura entrano e distruggono tutto.
Sono una di quelle strane eccezioni a cui piace leggere; è come se i personaggi mi lasciassero qualcosa come l'amore di Romeo, la disonestà di Iago, l'ingenuità del piccolo Principe, la bellezza di Dorian Gray, la curiosità dell'alchimista; sono un collage di tutti questi personaggi, ognuno ha il suo perché e io ho sempre voluto essere un po' come loro.
Le lezioni sono terminate, esco da scuola e voglio tornare a casa, poi ricordo, l'appuntamento dallo psicologo, la voglia manca e decido così di non andare. Non lo sopporto, è come se continuasse ad aprire vecchie ferite che il cuore, il cervello e il fegato tentano di richiudere; mi continua a dire che sono debole, ne sono consapevole, so di essere al limite, un'altra piccola spinta e sono giù nel burrone, tra fango e mulinelli, in quel caos, dove potrei toccare il fondo e poi risalire una volta per tutte. Decido così di prendere il pullman. Durante il viaggio di ritorno, mi sento chiamare, è Tom, un vecchio amico che nell'ultimo periodo, ho lasciato andare come tutte le cose a cui tenevo.
"Liam, non ti si vede più in giro eh?"
"Qualche volta vengo su all'università, ma ormai ho chiuso con la vita da festaiolo" gli rispondo.
"Dai, stasera, organizzo una festa a casa mia, aggiungiti, un po' come i vecchi tempi." mi accenna un sorriso.
La stanchezza sta sparendo e una sensazione di leggerezza mi travolge, immagino tutte le feste a cui ho partecipato, i balli di gruppo, i drink che preparavo e tutto cambia. Mi sono alleggerito di quel qualcosa che avevo addosso, sotto la pelle, nel profondo, tra vene e arterie. Ora è sparito. Tornato a casa, entro nella stanza e racconto tutto ad Adrian, mi guarda con occhi tristi e un sorriso forzato; mi odia. Mentre mi faccio la doccia, penso agli occhi di mio fratello, oltre alla tristezza, vedo la rabbia, l'invidia; lui era perfetto, io ero il suo opposto. Non ho mai avuto un'idea per il futuro, un centro di equilibrio, una canzone preferita, un sogno nel cassetto; nella doccia cedo, non mi sopporto, voglio devastarmi alla festa, mi inginocchio e l'acqua mi scivola addosso, le ginocchia tremano e nell'acqua intravedo il mio riflesso, sta sorridendo, è la parte di me che se ne è andata, è fuggita, ha toccato il fondo ed è risalita.
Lunedi 8 Maggio, ore 21:00
Busso alla porta di Tom, sento la musica, la gente che urla, entro e riconosco quasi tutti, l'atmosfera è accogliente, mi servono un cocktail e mi sento già diverso, non ho mai retto l'alcol. Mi ritrovo seduto su un divano in buona compagnia, ridiamo e scherziamo, quando noto che il mio cocktail è in movimento, come se ci fosse entrato qualcosa, credo sia l'effetto dell'alcol, ma non è così. Il ragazzo vicino mi incita a bere, brindiamo. Pochi minuti dopo incomincio avere strane visioni, esco di casa in stati confusionali, sto sudando e mi sento il cuore in gola, mi appoggio ad una colonna e tengo gli occhi chiusi, sento una voce, quella di mia madre. Apro gli occhi e vedo i miei genitori con Adrian, sono vestiti come se dovessero andare ad una cerimonia, mi stanno aspettando. Durante il tragitto nessuno parla, eppure tutto è normale, ci dirigiamo verso il ponte.
Ora
Siamo arrivati, mi dicono di seguirli giù nel fiume, dove saremo tutti insieme, sono felice e consapevole che tutto sta per finire, la battaglia con la vita l'ho persa, mi stringono la mano e sento il gelo dentro. Mi lancio e proprio in quell'istante la tasca incomincia a vibrare, si intravede un nome dai pantaloni, "nonna".
Questo fu uno dei casi misteriosi che ancora nessuno scienziato è riuscito a spiegarsi: esattamente alle ore 23:05 di lunedì 8 Maggio, il giovane Adrian Payne perse la vita per uno scompenso cardiaco, davanti gli occhi increduli della nonna, come il fratello Liam Payne, il quale venne avvistato buttarsi dal ponte, alla medesima ora.
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Alloora questa è stata la prima One Shot scritta dalla mia migliore amica. Io personalmente la amo e.. non so, se vi piace votate e commentate! :)
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don't jump • ljp
Short StoryQuesto fu uno dei casi misteriosi che ancora nessuno scienziato è riuscito a spiegarsi. original story, written by hovravn copyright hovravn ©