Era stata una cattiva idea arrivare fin lì ma ormai non potevo più tirarmi indietro. Non ero entusiasta come gli altri ragazzi che riempivano l'università. Avevo deciso di cambiare città e di conseguenza casa, amici, abitudini, sarei stata lontana dai miei genitori e non conoscevo nessuno che mi avrebbe fatto compagnia in questo nuovo percorso. Cosa c'era di tanto entusiasmante? Sapevo di essere lagnosa, ma è difficile cambiare la vita da un momento all'altro. Avevo due scatole pesanti tra le mani, messe una sull'altra arrivavano ai miei occhi e quasi non riuscivo a vedere niente. Continuavo a fissare l'edificio senza ancora entrarci. Mamma mi diede un spintone, "Dai forza, non restare ferma."
Mia madre si era preparata da tanto per questo "grande evento". Aveva i capelli biondi perfettamente raccolti in una coda, un tajer forse troppo elegante, tacchi a spillo e altre cose perfette che non sto qui ad elencare. Mi aveva costretta a indossare delle ballerine che detestavo parecchio e non voleva che mi truccassi perché la mia pelle poteva soffrirne. Ma che significa poi?
I miei avevano sempre sognato un brillante futuro per me e dicevano sin da quando ero piccola che non sarei rimasta nel mio paesino d'origine, in Puglia, ma sarei andata lontano, a Milano o a Roma o meglio ancora all'estero. Dovevo essere la figlia perfetta di una famiglia perfettamente perfetta. Non poco direi. Sono stata travolta dall'ondata dei loro pensieri e sono stata contagiata, motivo per cui ho scelto l'università di Torino per continuare gli studi, lasciando il mio passato alle spalle, nessuno dei miei compagni infatti aveva scelto quella stessa città. Molti avevano deciso di restare in Puglia e mi hanno organizzato una piccola festa per la mia partenza. Spero che avrò ancora con loro quello stretto rapporto che avevo prima.
Entrammo nell'ala creata per il dormitorio femminile, io con gli scatoloni e mio padre con le mie due valige. Era enorme e dovemmo chiedere aiuto a vari ragazzi per giungere finalmente nel corridoio giusto.
"323, 324, la tua che numero hai detto che è?", diceva mentre osservava i numeri delle stanze alla ricerca di quello inciso sulla chiave che avevo in mano.
"Papà questa, 365", infilai la chiave nella serratura e sperai che dentro non ci fosse ancora nessuno così avrei scelto il lato migliore della stanza. Essendo figlia unica non avevo mai condiviso la camera con nessuno e speravo che la mia nuova coinquilina fosse almeno accetabile. Ero stata fortunata: la stanza era ancora disabitata. Mi posizionai nel migliore dei modi e mia madre mi aiutò a disfare la valigia. Quando arrivò il momento dei saluti preferii sprofondare nel vuoto. Come avrei fatto senza loro due? Abbracciai entrambi con tanto affetto e quasi mi misi a piangere, cosa che invece fece mia madre. Mio padre cominciò con le sue mille raccomandazioni e li accompagnai alla porta ripetendo "sì, sì, lo so, non sono stupida". Un ultimo abbraccio, una lacrima di nostalgia rigò il mio volto mentre li vidi andar via lungo il corridoio. Qualcuno però, più agilmente di me, la rimosse dalla mia guancia e strasformó quel momento. Era diventato molto imbarazzante. Era un ragazzo che forse aveva visto tutta la scena e ora si stava prendendo gioco di me. Dai miei occhi traspariva antipatia nei suoi confronti, gli feci un'occhiataccia, e, senza chiedergli nemmeno chi fosse, gli sbattei la porta in faccia. Bussò e ribussó fin quando io aprì e al suo posto mi trovai davanti una ragazza. Cambiai subito espessione quando capii che doveva essere la mia nuova compagna di stanza.
"Ciao, piacere Noemi, ma puoi chiamarmi Mimmi oppure Mina, sì è questo il mio soprannome, tu invece?", aveva un sorriso raggiante, era alta, brunetta, carina e sembrava dalla sua strana e cordiale presentazione simpatica.
"Piacere Amy, in realtà mi chiamo Emilia, ma ormai nessuno mi chiama così, sei la mia coinquilina vero?".
"Noooo, sono venuta qua solo per romperti le palle! Devo recuperare le valige, i miei si sono fermati un attimo e li ho persi di vista e mio fratello invece camminava di fretta. Lui è già al terzo anno e conosce bene la zona, ma non ci è stato d'aiuto, come al solito. Un attimo prima era avanti a me e l'attimo dopo è scomparso".
Era il ragazzo di prima, ne ero sicura. Si chiama istinto femminile. Ma non le dissi che era già arrivato e gli avevo sbattuto la porta in faccia. Entró e si sistemò nel suo lato della camera, nel frattempo si presentarono anche i genitori con il fratello, che come avevo previsto era quello strano ragazzo che mi aveva imbarazzata, che continuava a guardarmi di sott'occhi. Aveva gli occhi verdi con una specie di contorno nero, erano piuttosto affascinanti. Mi presentai a sua madre, il padre invece era già nel parcheggio accompagnato da lui che doveva prendere ancora qualche scatolone per la sua camera o qualcosa del genere, non avevo ben capito. Dopo aver salutato anche la mamma, rimanemmo da sole in camera e mentre sistemavamo un po' di tutto, iniziammo a farci domande a vicenda per conoscerci meglio. Era siciliana, amava il sushi più di un cannolo, aveva le ciocche tinte di biondo perché era convinta che così sarebbe stata più affascinante (enorme cazzata, non che non lo fosse ma i capelli tinti secondo me non servono alla nostra età), e aveva un cane di nome Carlitos. Carlos in realtà. Il nome mi ricordava il membro di una boy band protagonista di una serie tv su rai gulp, "I big time rush". Li adoravo, soprattutto Carlos, appunto. Indossava sempre un casco e faceva cazzate, come i suoi amici ovviamente, e da piccola mi divertiva, come, del resto, a tutte le altre. Li guardavo in tv quando mia madre non c'era, solitamente da nonna, perché per lei quel tipo di programma era poco produttivo.
Decisi di andarmi a fare una doccia, presi tutto il necessario e avvisai la mia nuova compagna che sarei tornata più tardi. Per poco non mi spaventai quando fuori trovai sempre quel ragazzo, il fratello di Noemi. Prima non avevo potuto controbattere temendo che i miei genitori si accorgessero dell'accaduto ma ora avrei parlato.
"Mi segui?", gli dissi con il tono più convincente che avevo.
"Ma che vocetta, quindi hai la lingua? Prima non mi aspettavo che non mi dicessi niente. Anche se mi hai fulminato con lo sguardo. Hai degli occhi abbastanza carini. Sono gialli vero? Mia sorella è rompicoglioni, sei stata moooooolto fortunata ad averla come compagna di stanza. Io l'ho avuta per tutta la vita. Davvero, buona fortuna."
Wow. Parla tanto.
"Ma dai, quanto può essere male? Si sa, tra fratelli si litiga sempre anche per motivi stupidi. Anche io litigavo con i miei cugini", cercai di dire ma iniziò a controbbattere, "tra un mese non dirai così". Andò via giocherellando con il suo portachiavi, ma dovetti prendere la sua stessa direzione per andare in bagno. Si girò per guardami, mi squadró da testa a piedi e fece una piccola risata.
"Qual è il problema?", dissi sentendomi interpellata.
"Ah niente, ora però sei tu che segui me".
"Io sto solo andando a farmi la doccia", risposi facendo vedere il mio beaty case.
"Comunque sono Luca piacere". Mi rivolse la mano grande molto più della mia che a paragone sembrava tanto piccola.
"Amy", dissi con uno stupido sorriso alle labbra. Ero arrivata all'ingresso del bagno perciò lo salutai e lui si allontanò facendomi un cenno. L'acqua era gelata ma a me piaceva così. Soprattutto i primi di Settembre quando l'estate rivendicava ancora la sua presenza, cosa c'era di meglio di stare ore e ore sotto il getto della doccia? Sfortunatamente qui non potevo fare lo stesso, quindi dopo 10 minuti abbondanti mi infilai l'accappatoio e mi avvicinai ad uno dei tanti specchi presenti in quel bagno enorme. Mentre cercavo di domare la mia chioma rossa, accanto a me una ragazza con gli occhiali appannati per l'umidità si pettinava solo la frangetta.
"C'è qualcosa che non va?", mi disse con un tono sgarbato. Forse la stavo fissando a lungo.
"No, scusa", cercai di rimediare, "stavo solo... solo ehm, mi chiamo Amy sono nuova", sfoderai il mio miglior sorrisso e misi in mostra le mie fossette per cercare di cambiare argomento.
"Io sono Margherita e sei davvero carina".
Mi toccai i capelli bagnati, sicuramente avevo un'espessione da meme, non sapevo che dire.
"Eh, grazie", abbassai lo sguardo e accesi il fono per spezzare il silenzio. La presentazione più insolita che avessi mai fatto.
Il rumore del phon mi ha sempre rilassato così chiusi gli occhi e aspettai che i capelli si asciugassero. Li riaprì quando sentì delle mani sulle mie spalle.
"Rossa, ti va di venire ad una festa domani sera? Così conosci gente diversa. Hai detto che sei nuova, immagino che tu non conosca ancora nessuno". Mi girai verso Margherita e e non seppi che rispondere.
"Più che rossa, sono arancione" dissi per cambiare argomento. Non faceva ridere, lo so, ma era tutto quello che le potevo rispondere. Io non bevevo, non fumavo e se mamma avesse saputo che al secondo giorno ero andata ad una festa mi avrebbe ucciso.
"Questo è un modo strategico per dirmi no?".
Cazzo l'ha capito. Mi mordetti il labbro. Non volevo rifiutare, era la prima persona dopo Noemi e suo fratello che mi rivolgeva la parola.
"Va bene, ci verrò. Quindi domani, a che ora e dove?".
"Fatti trovare pronta alle 9, passa un mio amico a prenderti perché non ci arriveresti mai da sola. In che camera sei?".
Mi avrebbe accompagnato uno sconosciuto ad una festa chissà dove e in più doveva sapere anche il mio numero di camera. No.
"Sarò pronta alle 9 all'ingresso".
"Timorosa la ragazza. Fai bene anche se di me e dei miei amici non dovresti esserlo, ma ti capisco non ci conosci. Organizzo io la festa, per questo ti ho chiesto di venire, non considerarmi una stalker che si presenta e ti chiede di sballarti di sabato sera e il tuo numero di camera".
Ridemmo entrambe, poi la salutai dato che i miei capelli ormai dinuovo ondulati erano asciutti.
"Domani vieni con me ad un party", confermai a Noemi appena entrata in camera lanciando la soazzola sul letto.
"Che ho fatto di male?", si lamentò lei, che tranquilla stava leggendo un libro, "Il buio oltre la siepe". Carino.
Ci conoscevamo da pochissimo ma sapevo che saremmo andate d'accordo.
"Me lo ha chiesto una tipa strana in bagno, ti prego vieni non potevo dirle di no né posso andare da sola". Con le mani giunte e il faccino da cane bastonato riuscì a convincerla.
"Ti adoro".
Ci rifugiammo nei nostri letti molto presto perché tutte e due avevamo viaggiato parecchio per arrivare ed eravamo tanto stanche. Sfortunatamente Luca entrò di soprassalto e si sedette sul letto di Noemi.
"Che cazzo vuoi?", disse la mia compagna irritata quanto me.
"Niente, niente, volevo vedere come te la cavavi. Già dormite?", e girò lo sguardo verso di me. In realtà pur essendo stanca avevo una gran fame e non volendo restare in camera con lui mi alzai dal letto. Non avevo ancora indossato il pigiama quindi non mi sarei dovuta cambiare: indossavo una maglia bianca un po' aderente e un leggins. Accetabile. Cercai nell'armadio le converse bianche e intanto avvisai i due che sarei andata a mangiare qualcosa.
"Vengo con te", dichiaró Luca. Perfetto, voleva proprio rovinarmi la fine della giornata.
"Tu, Noemi, hai fame?", le chiesi sperando che si aggiungesse a noi, ma ci liquidó dicendo che voleva solo dormire, dormire e dormire. Mi tenne aperta la porta e per farmi camminare più veloce mi diede una pacca sul culo. Lo guardai con uno sguardo fulmineo e mi massaggiai il sedere facendo finta che mi avesse fatto male. Ricambiai la pacca, così spazientito (sarei dovuta esserlo io) mi prese in braccio e camminò velocemente verso il suo motorino. Sbattei i piedi per cercare di liberarmi dalla presa ma era molto muscoloso così mi arresi e mi aggrappai a lui.
"Sei forte", mi disse, "se avessi continuato a scalcare ti avrei buttato a terra". Allora io gli diedi uno schiaffo dietro il collo e continuò a camminare. Questa scena però venne interrotta da due ragazze che si avvicinarono la Luca dicendogli che una certa Sofia era arrivata semza degnarmi della minima attenzione. Lui mi adagió a terra con delicatezza.
"Ditele che vengo tra poco, mangio prima".
"Ma chi è lei?", disse una delle due indicandomi. Avevano delle gonne cortissime, erano più truccate di una modella e indossavano magliette scollate dalle quali si vedevano benissimo i seni che cercavano quasi di sbattere in faccia a Luca. Io non mi presentai, rimasi ferma dietro di lui che aveva ancora una mano sul mio fianco.
"Non ti interessa. Ciao", si voltò facendomi un sorriso come per risposta al mio sguardo interrogativo e mi indicò la moto.
"Sali", mi passò il casco, appoggiò una mano sul mio ginocchio e partì non rispettando nemmeno il limite di velocità di un'autostrada. Mi strinsi a lui pur non volendo fin quando non si fermò.
"Ti piace abbracciarmi", disse con un sorrisetto sul volto.
"Ero costretta, è diverso, guidavi come un pazzo", ribbattei io.
Ordinammo la stessa pizza: la diavola. Si sorprese quando vide che tolsi i pezzetti di salame.
"Perché hai ordinato la diavola se togli il salame? Non ha alcun senso", diceva mentre me lo rubava dal piatto per aggiungerne altro sulla sua pizza.
"Mi piace il sapore, però è troppo pesante. Faccio così sin da piccola".
Scoppiò a ridire e bevve un sorso della birra appena posata sul tavolo dalla cameriera.Salve a tutti❤️.
Ho in mente una grande storia spero che possiate darmi una mano e continuiate a leggerla. Se avete qualche critica o commento li accetterò volentieri.
Ci vediamo al prissimo capitolo
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Come un fiore a primavera
ChickLitAmy è una ragazza timida ma questo non vuol dire che non sia sicura di sé. Cambia città, cambia vita e incontra una persona speciale di cui si fiderà man mano che il tempo passa. La sua timidezza prenderà il sopravvento, la sua freddezza può prevale...