Capitolo 4

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Damian, quella mattina, era in mostruoso ritardo.

E a nulla valsero i continui trilli della sveglia, rimandati ogni 5 minuti perché l'agente tentava di spegnerla ogni volta.

Si era deciso ad aprire gli occhi alle otto passate, e dopo essersi preparato di fretta e alla bell'e meglio, uscì di casa e si diresse alla metropolitana.

Purtroppo la fortuna, quella mattina, non era decisamente dalla sua parte.

La metro era in ritardo di 10 minuti rispetto al solito.

-Perfetto- sussurrò tra se e se, mentre con gesto svogliato prendeva il cellulare dalla tasca del suo chiodo di pelle.

A parte qualche notifica dai social, il nulla.

Nessuna chiamata, né messaggio.
Strinse con forza l'apparecchio elettronico e sbuffó aria dalla sua bocca con fare scocciato.

Non ne aveva davvero la voglia né tantomeno la forza di litigare quella mattina, ma il suo sesto senso gli diceva che sicuramente qualcosa sarebbe accaduto.

E il suo sesto senso, raramente sbagliava.

Certo, non si sarebbe affatto aspettato una sfuriata del suo capo, una volta arrivato in ufficio.

-Damian Williams e Andrea Davis! Perché diavolo siete così in ritardo a trovare questo stramaledetto killer?! Si può sapere dove cazzo avete la testa?!- sbraitò il signor Peterson da dietro la sua costosa scrivania, attualmente diventata oggetto di estremo interesse da parte di Damian, una mera distrazione, onde evitare di peggiorare ulteriormente le cose con uno dei suoi soliti scatti d'ira.

Andrea, invece, era tutt'altro che alla ricerca di distrazioni, anzi.

Guardava il suo superiore con fare scocciato, volendo palesare il fatto di non voler affatto essere lì, ma di tanto in tanto, i suoi occhi traditori si soffermavano sulla figura del suo migliore amico.

Gli si strinse il cuore in una morsa dolorosa: era così bello, ed era lì ad un metro da lui, ma mai come in quel momento della loro amicizia lo sentiva lontano miglia rispetto a lui.
Era perfettamente conscio del fatto che Damian aveva provato a contattarlo più volte, probabilmente per scusarsi, ma non se la sentiva di parlare con lui.

Se l'avesse fatto, Dio solo sa cosa avrebbe potuto rivelargli in preda all'adrenalina che quella sera gli scorreva nelle vene, anche una volta tornato nel suo appartamento.

Non poteva davvero dirgli quanto lo desiderasse, quanto lo volesse, e come uno stupido scherzo del destino, anche in quel momento, il suo corpo traditore era sempre lì a ricordarglielo.

-Signore, noi..- iniziò a parlare Damian, con il suo classico tono di voce grigio e inespressivo che era solito utilizzare durante le riunioni formali e negli interrogatori prima di dare di matto e terrorizzare l'ennesimo criminale davanti a sé.

-Signore un cazzo, Williams! Voglio il rapporto dell'indagine risolta al più presto! Sono stato chiaro?!- tuonò ancora Peterson.

-Chiaro, signore- disse semplicemente Damian, per poi lanciare una fugace occhiata ad Andrea, che sguardi truci a parte, non aveva fiatato.

Fino a quel momento.

-Signore, con permesso, ma io penso che semplicemente lei non debba rompere il cazzo- iniziò, con il suo solito linguaggio colorito.

Damian sbarrò gli occhi un secondo, sconvolto da quell'affermazione.

-Siamo i suoi due agenti migliori. Non abbiamo sbagliato un caso, e questo è semplicemente più difficile degli altri. Veda di non rompere a nessuno dei due e ci lasci fare il nostro fottutissimo lavoro.- proseguì per poi lasciare l'ufficio a grandi falcate, senza il permesso di essere congedato, e lasciando di stucco il signor Peterson e Damian, che si premurò di cercare subito una giustificazione per il suo collega.

The Smell Of The ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora