9. LA CONFRATERNITA (REV)

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«Sì, il numero sette» aveva ripetuto il Padre, disegnando un sorriso sotto la folta barba. Quando Simon vide il suo sguardo illuminarsi a sentire quel numero, lei indietreggiò d'un passo, stringendo le braccia al petto e cominciando ad avvertire una sensazione di timore.

Quando entrarono nello studio, Ariel fu subito attratta dalla grande libreria alle spalle della scrivania di Simon. Ecco da chi ha preso Joshua...

«Lei è Ariel» la presentò lui.

«Lo sa» ribatté lei, prima di sedersi senza distogliere lo sguardo da Simon. Joshua si voltò con lo sguardo accigliato verso Ariel, che strofinava i palmi sulle ginocchia.

«Allora...» iniziò Simon «Devi dirmi qualcosa? Domandarmi qualcosa?»

Ariel si voltò verso Joshua e poi verso Lucia prima di iniziare; entrambi si trovavano in piedi ai lati della stanza ma non batterono ciglio alla sua silenziosa richiesta di intervenire. Poi ispirò e si fece coraggio, anche se sapeva che avrebbero potuto benissimo prenderla per pazza.

«Ho un presentimento.» osservò il volto del Padre che si protendeva verso di lei con quel sorriso serafico e si sentì profondamene turbata. In pochi giorni, il suo mondo aveva preso a girare vorticosamente verso il luogo in cui si trovava.

«Di che genere?» le dita incrociate e i gomiti puntellati alla scrivania, con un paio di rughe sulla fronte.

«Innanzitutto, so che loro le hanno detto tutto di me» indicando col pollice la figura di Joshua che ascoltava silenzioso con le spalle al muro.

«No, Ariel, non è esatto...» la voce di Lucia la fece girare nella sua direzione. «Non ho detto nulla di te. Io confido solo ciò che riguarda la mia anima al Padre, non ciò che riguarda altre anime.»

Quando proferì quelle parole, Lucia avvertì il mutamento nell'animo del fratello che aveva accanto; alzò il mento nella direzione di Joshua e, come aveva sospettato, il suo volto rivolto al suolo nascondeva occhi vacui di chi riempie la mente di pensieri e ricordi.

«Sì, quindi...» continuò Ariel, fissando nuovamente gli occhi bruni di Simon che la guardava attento, scrutando ogni sua minima espressione. «Dicevo che ho un presentimento, e...» iniziò a sorridere, in maniera nervosa «Sicuramente sembrerà una follia anche per lei...» e in quel momento, si accorse di non riuscire a pronunciare la parola Padre; deglutendo vistosamente vide Simon che le riempiva un bicchiere d'acqua e glielo avvicinava «Sembrerà una follia perché io penso che Joshua sia...»

Effettivamente non ne aveva avuto modo di parlarne con nessuno, ma da quando il ragazzo aveva reso polvere un essere vivente, la sua mente non faceva altro che collegare il termine Figlio di Dio a Joshua. L'unica cosa che cozzava con quel presentimento era il suo comportamento la sera del tè.

A quel ricordo Ariel si morse il labbro inferiore e Simon inarcò un sopracciglio incuriosito. Qualunque cosa avrebbe voluto dirgli Ariel, lui sapeva già cosa albergava nell'animo del ragazzo.

«Ecco, io penso che Joshua sia la reincarnazione di Gesù Cristo...» disse quasi sussurrando e abbassando gli occhi.

A Simon venne difficilissimo trattenere le risate; Joshua, invece, iniziò a tossire, vittima della sua stessa saliva andata di traverso.

«Bene Ariel, ti sembrerà strano, ma non è poi tanto sbagliato ciò che hai detto.» gli rispose Simon, levandosi con l'indice una lacrima involontaria.

«Mi sta dicendo che lei mi crede?» aveva esclamato, con voce acuta.

«Proprio così. Vedi, noi sappiamo che Gesù Cristo abita in ognuno di noi. Chi, come Joshua, fa la Sua volontà, assume a volte sia le sue caratteristiche sia le sue stesse tentazioni»

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