Capitolo 1

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La mia vita qui a Londra è sempre stata monotona, passavo poche ore fuori, e stavo sempre rintanata dentro, non mi piaceva uscire, nonostante la mia migliore amica America mi proponesse ogni giorno di farlo, rimanevo dall'idea che stare a letto a leggere, era la miglior cosa, ed in effetti è così. Non c'è niente di più confortante di una cioccolata calda e di un libro, o di un film strappalacrime. Probabilmente al mondo esterno potrei sembrare una di quelle ragazze sfigate che non possono uscire, ma io sono sempre stata così, amo le cose semplici e non vorrei addentrarmi nel pericolo.
Ho già perso mio padre e non voglio dare dispiaceri a mia madre. Ho 17 anni, e a 13 anni ho perso l'uomo della mia vita. Mio padre. Il cancro l'ha mandato via, eppure non volevo che succedesse così in fretta. Mio padre faceva da pilastro a me e mia madre Allison. Meritava di vivere ancora, e di dare amore giorno dopo giorno, meritava di andare a pescare e di strapparci un sorriso con le sue solite battute. Mia madre è una donna che stimo, ha avuto la forza di andare avanti, e mantenermi. Un incarico molto difficile, dato che adesso ha due ruoli in uno. Deve farmi anche da papà. Ed è difficile.
Mio padre ci manca giorno dopo giorno, alcune sue foto sono nei muri di casa nostra, e guardare quanto eravamo felici insieme, non sempre mi causa sorrisi. Ho ancora i suoi vestiti preferiti, quel maglione celeste pastello che spesso indossava quando aveva riunioni di lavoro, e quella camicia bianca che usava quando insieme alla mamma andavano a cena fuori. Somiglio molto a lui, i miei capelli biondi li devo solamente al fatto che anche lui li aveva, ne aveva pochi, ma erano pur sempre biondi. In viso sono mio padre in versione femminile ed è una cosa che mi fa rabbrividire e sorridere al tempo stesso. Caratterialmente invece, assomiglio molto a mia madre.
Non passo molto tempo fuori, tranne quando devo andare a scuola, o quando vado a qualche stupida festa in cui America viene invitata. Lei è molto bella, i suoi capelli neri a caschetto le risaltano il viso, e i suoi occhi azzurri le fanno un tocco di classe. È molto magra, ma ha sempre le sue forme. Proprio come me. Fisicamente non abbiamo molte differenze. Anche per questo, ci riteniamo sorelle. La nostra amicizia è l'unica cosa che custodisco di caro, oltre a lei non ho molti amici, o se li avevo, li ho persi per non frequentare le feste che vengono organizzate ogni venerdì, ed ogni sabato.
Sono diversa rispetto a loro, e America lo sa, per questo preferisce la mi presenza, invece di andare ad una festa.

«Dici che può andare?» interruppe il silenzio America guardandosi interrottamente allo specchio del negozio in cui siamo almeno da un'ora, lei ama girare e fare shopping di continuo, e chi meglio di me può sopportare le sue continue lamentele perché ogni cosa che prova non le piace e pensa che non le stiano bene?
«America ti sta benissimo» risposi sorridendo.
Le stava davvero bene, questo vestito rosso a tubino le donava. Infatti anche lei rimase stupita dalla bellezza di questo abito. È piena di vestiti, esce quasi sempre ed ha un armadio pieno! Dovrei anche io rinnovare il mio guardaroba, ma attualmente non mi convinceva nulla.
Notammo di negozio in negozio che niente era abbastanza convincente ai nostri occhi e così decidemmo di andare nell'area ristoro a mangiare. Era pienissima, famiglie, ragazzi e bambini occupavano i posti di tanti tavolini dispersi qua e là, pochi ne restarono vuoti e America corse per prenderne subito uno.
«Che vuoi mangiare?» chiese osservando dei menù con tutti i tipi di panini.
Non avevo molta fame, ma non avevo scelta, per cui decisi di prendere un panino con würstel.

«Questo sabato usciamo?» domandò America
«In realtà non lo so, dovrei finire di studiare e poi.....» mi interruppe prima che finissi di parlare, sgranando gli occhi e posizionandosi davanti a me, impedendomi di camminare.
«Stai seriamente dicendo che preferisci studiare invece che divertirti un po'?» domandò con la sua voce squillante. Non preferivo studiare, è che non volevo andare in feste piene di droga e alcool, lei frequenta queste feste molto spesso, quando le dico che non voglio venire e non riesce a convincermi va con altre sue altre amiche. Mi arrabbiavo molto per questo, però lo tenevo per me, non avrebbe capito, lei ultimamente è diversa grazie alle persone ed alle feste che frequenta, da vera amica dovrei dirle che non la trovo la ragazza di sempre, colei che ha sempre preferito me. Pensavo addirittura che a volte potessi portarle noia, e mi dispiaceva perdere l'unica amica di cui mi sono sempre fidata.
«Allora?» sbuffò, dandomi un piccolo schiaffetto nella guancia per far sì che io parlassi.
«America non lo so.... io non sono per le feste, lo sai» risposi.
Sembrava triste, si mise al mio fianco e proseguì silenziosamente la strada di ritorno.
Mi dispiaceva venderla così, e mi faceva male il fatto che pensasse che io non volessi passare del tempo con lei. Semplicemente odiavo queste feste. Ma pur di farla felice, decisi di accontentarla.
«Se mi prometti che non facciamo tardi, andiamo.» spezzai il silenzio.
«Siiii» rispose con la sua voce stridula.
Sorrideva. «Vengo da te per le sette» aggiunse, prima di salutarmi per andarsene.
Entrai in casa e trovai mia madre che piangeva in salotto. Andai verso di lei, e quando si accorse della mia presenza mi guardò con gli occhi rossi, sembrava stesse impazzendo, e non capivo il motivo per la quale avesse gli occhi gonfi.
«Che succede mamma?» chiesi spaventata.
«Abbey, mi hanno rubato i soldi della carta di credito. Tutti i soldi che mi servivano per il lavoro, per pagare la casa, e per mantenere te» rispose mettendosi le mani nel volto oramai sporco per il mascara colato. Mi dispiaceva vederla il quel modo, mi causava un dolore che mi penetrava il cuore, mia madre era una donna forte, ed aveva sempre vissuto nel dolore, non volevo che le succedesse qualcosa.
«Hai contattato la polizia?» risposi, abbracciandola.
«Andrà tutto bene mamma.» aggiunsi. Ed andrà proprio così. Sento che si aggiusterà tutto.
«Abbey, cara, non disperarti. Cercherò di risolvere. Va a mangiare qualcosa» rispose alzandosi dalla poltrona per poi uscire da casa.
Non sapevo dove stesse andando, e qualcosa mi diceva che lei non era per niente pronta a superare una botta così. Aveva tanti soldi nella carta per il mio mantenimento, e per pagare tutto ciò che occorreva. Mi avvicinai alla finestra e notai che la macchina oramai non c'era più.

«Che succede Abbey?» mi chiese America scendendo dal bus che ci lasciava davanti scuola. Era iniziata un'altra settimana, e andando a scuola avevo sempre il pensiero a mia madre. Non volevo che facesse tutto da sola. «Abbey?» gridò America, interrompendo i miei pensieri. «Hanno rubato i soldi della carta di credito a mia madre» risposi fredda.
«Abbey ma che dici? Come lo sai?»
«Mia madre mi ha raccontato. Adesso siamo nei casini, perché non ha soldi per mantenermi, e pagare casa nostra.»
«Ha fatto denuncia?»
«Si, spero si risolva»  «Si risolverà tutto» rispose racchiudendomi tra le sue braccia. Avevo bisogno di questo abbraccio, mi rasserena sapere che avevo lei che era pronta a fare di tutto per me. Da sempre.
Oggi non ho seguito attentamente le lezioni, non stavo bene, pensavo a mia madre e data la mia distrazione, insieme ad America continuavamo a parlare del più e del meno, grazie a questo, molti professori ci rimproveravano. Ma era impossibile stare attenta in giornate come queste.
Le ore scolastiche passarono in fretta e finalmente era arrivato il momento di raggiungere la mensa per la ricreazione. Non avevo mangiato tanto il giorno precedente, ed avevo abbastanza fame.
Io e America ci sedemmo accanto a delle sue amiche che conoscevo di vista, non prestavo attenzione a ciò che dicevano, i miei occhi erano totalmente da tutt'altra parte. Erano incastrati in una figura maschile mai vista prima, non che io conoscessi tutta la scuola, ma questo ragazzo che stavo guardando, non l'avevo visto prima di adesso. Era poco distante da me, al suo fianco aveva una ragazza, e davanti altri due ragazzi. La ragazza la conosco, per molte voci che girano a scuola, e non mi stranisce il fatto che sia accanto a lui.
I suoi occhi verdi per un secondo incontrarono i miei, e mi bloccai. Aveva una giacca nera e una maglietta bianca sotto. I suoi capelli neri facevano da contrasto con i suoi occhi verdi..
Non riuscivo a capire chi fosse, ma era così bello da lasciar il fiato. Smisi di guardarlo e sorrisi al fatto che non dovevo perdere del tempo a guardare un ragazzo che non mi avrebbe mai prestato attenzione. A quanto pare, chiedendo alle amiche di America, non frequentava la scuola più di tanto, e sta ripetendo il quinto anno per la terza volta. Era più grande di me, dato che io frequento il terzo anno. Non mi sorprende il fatto che non venisse mai a scuola, proprio per questo ha l'aria di un menefreghista.
La ragazza che aveva al suo fianco si chiama Gabbie, la ragazza che la da a tutta la scuola. Per questo la conoscevo. Per stare accanto ad un ragazzo come lui, deve per forza avere contatti sessuali. Lei è bella, ha un fisico perfetto, ha delle forme da urlo, e se i ragazzi le vanno dietro c'è davvero un motivo.

Finalmente le ore scolastiche finirono ed ero pronta per andarmene dritta a casa e riposarmi un poco. Per tutto il tragitto non ho fatto altro che pensare a quel misterioso ragazzo, e in un certo senso mi imposi dall'idea che dovevo smetterla di pensare ad un ragazzo che non mi avrebbe nemmeno considerata. Non ero niente di che, non avevo tantissime forme, ero piccolina, e non ero per niente come Gabbie. Il ritorno a casa è stato così drammatico senza America che mi distraeva dai pensieri, non c'erano bus che andavano nella direzione di casa mia, quindi dovevo accontentarmi di trovare a piedi, e America invece aveva la possibilità di tornare con sua sorella maggiore che la veniva a prendere ogni giorno.

«Mamma?» gridai chiudendomi la porta di casa alle spalle.
«Abbey, sono qui!» rispose.
Mi calmai e vidi mia madre in cucina, sorrideva e stava cucinando il pranzo. «Com'è andata oggi?» sorrise, mettendomi il piatto nel tavolo.
«Normale» risposi. Era andata normale, non potevo dire che fosse andata bene, non è successo niente di particolare a parte il nove in storia. «Tu invece?» dissi. «Normale» rispose sedendosi al mio fianco. «Novità?» chiesi cercando di capire cosa mi stesse nascondendo
«Nessuna, la polizia non riesce a capire chi è stato a rubarmi i soldi, attendo notizie» rispose con rassegnazione.
Non risposi, mi limitai ad annuire.
Salii in camera e iniziai a studiare, e rispondevo di tanto in tanto a qualche messaggio che mi inviava America.
La cena fu silenziosa, io e mia mamma scambiammo qualche parola per discutere delle vecchie abitudini della nonna che aveva a cena quando lei era piccola, ci limitammo soltanto a questo, e paradossalmente, preferisco parlare di cose felici.
Mi addormentai in poco sprofondando in un sonno pesante, e sognai due occhi verdi che mi guardavano mentre girovagavo in un giardino pieno di fiori e margherite, ero spensierata, e sorridevo. Quel ragazzo, mi guardava, e anche lui sorrideva, non smetteva nemmeno un secondo di guardarmi, era seduto nel giardino, che rideva interrottamente, mentre raccoglievo margherite.

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