Autrice:
Ci tengo a precisare che, tutto questo, è solamente opera della mia fantasia e che non è mia intenzione mancare di rispetto a nessuno, men che meno ai due protagonisti.
Erano già alcuni giorni che le cose non andavano per il verso giusto, ma arrancavano con fatica senza risultare quantomeno accettabili. Aggiungiamo poi un lunedì mattina più nervoso del solito e otterremo la giusta ricetta per avere una perfetta giornata di merda. Quindi, era il lunedì dell'evento con il Papa, aveva passato la notte in bianco e l'idea di scendere a Roma un po' lo terrorizzava. Non per motivi particolarmente gravi, ma l'ultima volta che aveva lasciato la capitale non se n'era andato nel migliore dei modi.
Sarà stato per la stanchezza del viaggio della sera precedente, per gli impegni che continuavano ad accavallarsi e Paolo che sembrava non volergli dare un attimo di respiro, ma la domenica prima era tornato a Milano dopo aver discusso con Fabrizio, per cose che nemmeno ricordava.
Aveva percorso la strada da Arezzo a Roma con in testa solamente il pensiero di passare qualche ora con il suo compare, nonostante avesse impegni già programmati per il giorno seguente a Milano. Gli mancava, era innegabile, e aveva sentito il bisogno di recuperare quella sensazione di serenità che gli strisciava silenziosa sottopelle ogni qualvolta fosse nella stessa stanza con il moro, che gli fosse seduto accanto oppure a metri di distanza.
L'importante era averlo nel proprio campo visivo.
La serata era trascorsa tranquilla, Ermal seduto accanto ad Anita che non ne voleva sapere di lasciarlo andare, mentre Libero se ne stava silenzioso, ma attento, dall'altra parte del tavolo.
Nonostante avesse visto i bambini una manciata di volte, con la piccola era stato amore a prima vista: quella bambina era un vulcano di bontà ed energia e ti sarebbe bastata una sua occhiata per capitolare ai suoi piedi. Libero, invece, era un altro paio di maniche. Più silenzioso e introverso, lanciava sguardi che a volte avevano fatto sentire l'albanese fuori posto. Non perché fossero occhiate cattive, no, ma perché quegli occhi sapevano osservare con attenzione, nonostante fossero quelli di un bambino.
Sapeva che, in parte, quell'indifferenza fosse dovuta alla carriera del padre, ai progetti che avevano condiviso, ma sentiva che pian piano di stava guadagnando un briciolo della sua fiducia. E non poteva che esserne felice.
I bambini non sapevano della storia tra Ermal e Fabrizio. In realtà, nessuno sapeva della storia tra i due, se non quei pochi amici più stretti che ci erano arrivati per intuito. In realtà, nemmeno i diretti interessati sapevano che tipo di rapporto avevano costruito. Stavano bene insieme, questo sì, ma non avevano ancora avuto il coraggio di dare un nome a quella cosa che gli si piazzava sulle spalle e sul petto quando si ritrovavano.
Il disastro, poi, era successo nel giro di qualche ora, dopo aver riportato i bambini a casa di Giada, dopo essere finalmente rimasti soli in quella villetta sperduta in mezzo alla campagna, dopo essersi dimostrati quanto fossero importanti l'uno per l'altro, finendo a letto insieme ad amarsi, scoprirsi, conoscersi come fosse la prima volta, dopo essersi svegliati qualche ora dopo più nervosi del solito, dopo essersi detti assurdità che nemmeno pensavano, ma che in quel frangente erano scivolate fuori dalle loro bocche con una semplicità disarmante.
Ermal se la ricordava bene quella frase, l'accusa di Fabrizio mormorata a mezza voce dove gli diceva che se quello che gli interessava davvero era qualcuno con cui passare la notte, per poi fuggire la mattina dopo, senza una spiegazione sensata, probabilmente non aveva capito chi lui fosse davvero.
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RomanceUna settimana di totale silenzio radio tra Ermal e Fabrizio dopo una discussione. Troppi pensieri per la testa e poco coraggio per affrontare la situazione di petto, nonostante la maturità che sentono di aver accumulato negli anni. La realtà è ben d...