What was

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What was 

Louis aveva iniziato a pensare di non essere abbastanza, di essere troppo poco per quel mondo.

Si sentiva solo un infimo, effimero e inutile granello di sabbia; si sentiva inutile come una stella oscurata dal sole di mattina, come una stella messa a confronto con lo splendore del sole del mezzogiorno. 

Era freddo, spento.

Provava una dannata sensazione di inferiorità, era come se fosse fuori posto, in un mondo che non faceva altro che chiedere di più, sempre di più. 

Era indiscutibilmente solo, sempre. 

Si era chiuso in se stesso lentamente, avevano provato a salvarlo, ci provavano ancora, continuamente, ma credeva di essere solo uno stupido errore e aveva finito per respingere coloro che cercavano soltanto di riportarlo alla luce.

Era un casino.

"Che hai Lou?" Aveva chiesto Phoebe.

"Cosa c'è che non va?" Domandava ogni giorno Lottie. 

"Cosa ti è successo?" Gli ripetevano più volte i suoi amici che cercavano di trascorre più tempo possibile con lui, ringraziando qualsiasi dio ogni volta in cui aveva avuto la forza di rispondere alle loro telefonate e di girare la chiave della sua camera per farli entrare. 

Cercavano di farlo sorridere e di capire da dove provenisse tutto quel dolore, tutta quella tristezza e malinconia. 

"E' quello che è." Rispondeva freddamente accennando un mezzo sorriso per poi domandare loro come fosse andata la giornata, cercando di sviare qualsiasi altra domanda che riguardasse lui e il fatto che metteva il naso fuori di casa soltanto per rovinarsi i polmoni con qualche fottutissima sigaretta.

Trascorreva le sue giornate in camera e al pomeriggio, quando il sole smetteva di essere forte e caldo, si rifugiava sul dondolo fuori il terrazzo della sua stanza, con una coperta addosso e le cuffiette nelle orecchie.

Louis era quel tipo di persona che portava luce ovunque mettesse piede, sempre un sorriso sulle labbra, uno dei più belli a detta di chiunque lo trovasse a sorridere e vederlo spento e  vuoto non faceva altro che rendere chiunque gli stesse intorno triste e spaesato, come se non sapessero più cosa fosse la gioia. La sua famiglia, i suoi amici .. Louis era la colla di tutto e adesso Niall - una delle persone con cui condivideva tutto, il migliore tra tutte le persone che gli stavano intorno- cercava di fare il lavoro che al castano usciva meglio di tutti, cercava di mettere un sorriso là dove c'era un muso triste, cercava disperatamente di mettere apposto ciò che si stava rovinando da quando Louis aveva smesso di essere se stesso.

Gli occhi azzurri di Louis erano spenti, era come se un velo li coprisse, non brillavano più come sempre, non si emozionavano, non si sorprendevano. Ai ragazzi mancavano le facce buffe del castano, mancava quando nelle foto tendeva ad incrociare gli occhi e a rendere particolare ogni scatto, mancava loro la sua risata fresca e rumorosa, che trasmetteva solo positività.

Ormai qualcosa in lui si era spento e perfino lo psicologo faticava a capire quale fosse il bottone da riaccendere, quale fosse quello difettoso, perfino ad un uomo laureato con ben venti anni di servizio era difficile capire quale fosse il suo problema. 

Louis dimagriva a vista d'occhio e sembrava necessitare sempre di meno cibo, ogni volta che mangiava tendeva a rigettare automaticamente tutto, sebbene lui volesse rimanere in forze non riusciva e non riusciva a trattenere quasi più niente e la preoccupazione si faceva sempre più strada nei cuori di ognuno dei membri della sua famiglia. 

Louis si guardava allo specchio, nudo, si osservava da ogni angolazione e non si riconosceva; le braccia forti avevano fatto spazio a quelle esili e sottili che avrebbero potuto sicuramente spezzarsi come un ramoscello, i tatuaggi che avevano da anni reso particolare la sua pelle quasi non si riconoscevano più, poteva perfino quasi contare le costole e le gambe tornite e sode erano diventate la metà, per non parlare del suo sedere, che fino a qualche mese fa tutti avevano beh si.. sempre ammirato ora era più piccolo, meno tondo e grosso. 

Non si piaceva, il viso era pallido e magro, e un filo di barba decorava la mascella;  sbuffava avanti lo specchio e non sapeva cosa fare. Proprio non riusciva a sorridere alla vita, perchè era convinto che non ci fosse più niente per cui continuare a lottare, era convino che niente avrebbe potuto renderlo migliore. 

"Oggi mangio." Si diceva e così faceva, ma il suo corpo lo spingeva a rigettare, quindi vomitava, era costretto ad alzarsi da tavola non appena aveva finito il suo pranzo o la sua cena e a correre nel bagno, con la madre che gli teneva la testa e il patrigno a preparargli un frullato di frutta e integratori. Sorridevano - i genitori - quando notavano che aveva mangiato tutto e che il piatto era vuoto, ma dovevano ricredersi quasi sempre quando sperecchiata la tavola doveva correre in bagno, inginocchiarsi, circondarsi la pancia con le mani per il forte dolore e cacciar fuori anche l'anima. 

Si sentiva sempre più debole e triste.

"E' depressione." Aveva annunciato il medico quando era andato a visitarlo, gli aveva dato delle pillole da prendere, ma Louis non voleva assumere alcun tipo di medicina, voleva altro tempo, anche se sapeva benissimo che non gli sarebbe servito a niente. 

Le settimane trascorrevano lentamente e lui si allontanava sempre di più da quello che era il mondo reale, era riuscito a stento a uscire di casa una volta da solo, soltanto per dirigersi allo studio di tatuaggi dove aveva prenotato qualche mese prima. 

"Tomlinson, Louis Tomlinson."

"Si, ecco, siete in due, giusto?" Rabbrividì e cercò di trattenere le lacrime che minacciose tentavano di uscire. 

"N-no, lui non c'è più." Disse sussurrando, giocando con la croce che teneva agganciata ad una catenina intorno al collo, tenendola tra le mani come se fosse la cosa più delicata del mondo, ma come se fosse anche la più pesante. 

Si fece tatuare sul petto "It is what it is" , così l'avrebbe portato sempre con se. 

Così Harry sarebbe stato sempre con se.

Non sapeva cosa sarebbe successo, come avrebbe continuato a vivere senza di lui, senza l'amore della sua vita, la relazione ancora segreta per paura di non essere accettati, una vita strappata ingiustamente. 

Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui, ora che era rimasto solo, andò via con un altro marchio impresso sulla pelle, il più importante tra tutti. 

 "Cosa siamo Harry? Cosa c'è tra di noi?" Domandava curioso, sdraiato e aggrovigliato al riccio, sul letto della camera di motel che prenotavano sempre da un anno.

"Siamo quello che siamo, siamo noi, è quello che è." Gli aveva sempre riposto baciandolo dolcemente per poi tornare a fare l'amore come soltanto loro sapevano fare. 

WRITER CORNER

Vi chiedo scusa se ho pubblicato questa roba un pò triste.

Non è niente di particolare, ne sono consapevole, ma avevo bisogno di sfogare i miei sentimenti e quindi ecco qui.

Spero abbiate apprezzato, lasciate una piccola recensione per farmi sapere che ve ne pare.

Pal xx

What was (A Larry Stylinson OS)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora