tale of a winter night

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Anime: Inazuma eleven go
Coppia: Munetaku (Riccardo×Terry)
Rating: verde
Parole: 953
Note: temo di essere un po' in ritardo (in pratica come sempre~) ma il Munetaku day non è ancora finito, posso farcela! Credo che questo sia un po' il mio debutto come scrittrice su wattpad (dal momento che ho cancellato tutto ciò che avevo pubblicato in precedenza coffcoff), ma forse a partire da qui finalmente potrò scrivere le mie storie.

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Il cartellone sovrastava una delle strade più trafficate della città. Da ormai quasi due mesi se ne stava lì, sospeso ad almeno venti metri d'altezza, vigilando sui pendolari che andavano rincasando. Nelle fredde serate invernali come quella veniva illuminato da una fila di faretti affinché fosse ben visibile anche nell'oscurità della notte che calava, concentrando per fugaci attimi l'attenzione dei passanti su di sé.
E, da ormai quasi due mesi, ogni volta che ci passava sotto dopo una stancante giornata lavorativa, Ibuki Munemasa alzava lo sguardo. Si trattava di pochi secondi: continuava a camminare, senza fermarsi, ma la sua andatura rallentava in maniera quasi impercettibile e le sue iridi violette slittavano rapidamente verso l'alto, con discrezione, come se il suo fosse un gesto proibito. E intanto nella sua mente tentava di imprimere a fuoco più dettagli possibili, per non dimenticare quell'immagine.
Quella sera si fermò subito sotto, alzando la testa verso l'alto, prendendosi tutto il tempo di cui necessitava per osservarlo.
Il cartellone era sui toni del blu. Vi era raffigurato un giovane uomo in abito elegante, con le dita delicatamente poggiate sulla tastiera di un pianoforte e gli occhi chiusi come se fosse in contemplazione di un sogno lontano. Si trattava di uno scatto rubato, una fotografia di qualche sua precedente esibizione, ora ferma nel tempo e sospesa su una strada, illuminata affinché tutti potessero ammirare lo spettacolo che solo quella semplice foto era in grado di offrire. Munemasa non era un tipo poetico, né tanto meno romantico, ma avrebbe potuto affermare senza vergogna di riuscire a sentire la melodia che il pianista suonava.
La sua mano scivolò nella tasca del pesante cappotto e le dita infreddolite dal clima andarono a sfiorare un pezzo di carta smaltata. Quel breve contatto gli provocò una fitta al petto, mentre lo stomaco si stringeva in una morsa.
Che cosa stava facendo?
Erano anni che non parlava con Shindou.
Lo aveva sempre odiato, tanto quanto il moro odiasse lui. Il perché, poi, non lo sapeva.
Eppure in tutti quegli anni di separazione era stato un pensiero fisso, sempre presente, da cui pareva impossibile liberarsi. Alla fine, Ibuki aveva iniziato a chiedersi se per lui Shindou fosse stato realmente solo un breve periodo della sua vita. Non aveva idea di cosa provasse nei confronti del giovane dagli occhi castani, ma qualcosa c'era ed era forte. Come un gelido terrore misto ad una sensazione più calda e rilassante.
Eppure era tutto inutile.
Non aveva la minima possibilità di riuscire a riallacciare il rapporto con lui. Shindou adesso era un pianista di successo, Ibuki era sicuro che non guardasse più al suo passato da calciatore; doveva essersi dimenticato di quel periodo che avevano trascorso insieme.
Che senso poteva avere provare? Sarebbe stato inutile.
Shindou non lo aveva mai degnato della sua attenzione, nemmeno quando giocavano nella stessa squadra, e non avrebbe iniziato da adulto. Ormai non si conoscevano più.
Allora perché lo stava facendo? Perché aveva acquistato un biglietto per il concerto di quella sera? Un biglietto che gli aveva bruciato un mese di stipendio, eppure non aveva avuto esitazioni. Ora, però, non sentiva più quella sicurezza.
Il vento freddo dell'inverno gli soffiò sul volto e Munemasa uscì da quella nebbia di pensieri che gli affollavano la testa. Si ritrovò in mezzo alla strada, circondato dai suoni della metropoli.
Forse era troppo tardi per pentirsene. Decise che sarebbe andato comunque: si sarebbe goduto il suono del pianoforte, rilassandosi e approfittandone per prendersi una breve pausa dalla tempestosa frenesia del mondo, e non avrebbe rivolto la minima attenzione al pianista che tanto lo mandava in confusione.

Non si era dimostrato facile come aveva previsto. Dio, Shindou Takuto era così bello mentre suonava, con un'espressione rilassata sul viso e le palpebre delicatamente abbassate su quegli occhi color caffè. Ibuki aveva passato lo spettacolo osservandolo, riempiendosi gli occhi e la mente con la sua immagine, mentre quelle dolci note gli solleticavano le orecchie. Per cinquanta minuti si era sentito riscaldato da un calore che non percepiva da anni, ma ora che tutto era finito il gelo di quella notte di gennaio lo aveva nuovamente raggiunto, congelando la sua anima e velandola con una coltre di triste nebbia che si rifletteva nelle sue iridi violette e le rendeva opache.
Superò la folla di persone che si era creata nella sala d'ingresso del teatro, tentando di raggiungere l'uscita il prima possibile, per potersi allontanare da lì e dimenticare quella sera, anche se sapeva che non ne sarebbe stato in grado.
Era quasi giunto davanti alla porta di vetro dalle maniglie di ottone, quando un forte applauso sostituì il vociare degli spettatori. Il pianista doveva aver appena fatto il suo ingresso nella sala.
Ibuki era davanti alla porta, ma non riusciva a muovere neanche un muscolo. Lo vide nel riflesso del vetro, a pochi metri da lui, più bello che mai. Parlava cordialmente con alcuni degli spettatori di poco prima. Il cuore di Ibuki martellava nel petto.
Il castano si voltò verso di lui e i loro sguardi si incontrarono sul vetro.
«Ibuki? Ibuki Munemasa? Sei davvero tu?» il tono della sua voce era dolce -molto più di quanto non lo fosse in passato, quando non facevano altro che urlarsi contro- e il suo nome non aveva mai avuto quella stessa musicalità che il pianista gli aveva dato. Sul viso di Shindou comparve un sorriso bellissimo «Sono felice che tu sia venuto ad un mio concerto. Ho sentito molto la tua mancanza, sai?»
Shindou si ricordava di lui, era felice di rivederlo, aveva sentito la sua mancanza. Forse non era stato tutto inutile.
La nebbia si diradò dalla sua anima ed i suoi occhi tornarono a brillare.
Munemasa si voltò verso di lui.
«Ciao, Takuto»

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