La storia

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Correva l’anno 1976, in quel periodo storico che verrà ricordato dai posteri come “anni di piombo”. In ferma a Milano lavorava Vincenzo, giovane maresciallo dell’arma dei carabinieri, discendente da una gloriosa stirpe di militari. Il nonno (ormai morto da tempo) aveva combattuto sotto gli emblemi della divisione volontaria “Fiamme Nere” durante la grande guerra ricevendo svariate decorazioni al valore, mentre il padre era Colonnello della Guardia di Finanza nella sua regione natia, la Calabria. Era il 15 Dicembre, Vincenzo stava compiendo il suo ultimo giro di pattuglia a Milano prima dell’imminente trasferimento nella sua Cosenza dove lo attendeva l’amore della sua vita la vice ispettrice di Polizia Femminile Carmela Demaria. Più giovane di lui di
due anni, occhi azzurri come il cielo e un fisico da mozzare il fiato si conoscevano sin da bambini ed entrambi già allora sognavano di entrare in quelli che poi sono diventati i loro corpi di appartenenza. Vincenzo aveva fretta di tornare in Calabria dalla amata, anche perché durante il loro ultimo, burrascoso incontro lei era rimasta incinta e non vedeva l’ora di diventare padre. La gazzella dei Carabinieri si ferma davanti alla banca, devono svolgere una commissione per la caserma. I militari sono usciti dalla macchina e hanno già iniziato a salire le scale della banca quando da una macchina posteggiata la vicino parte una scarica di M40 che fredda sul colpo il Brigadiere Gianmarco e lascia a terra gravemente ferito il Maresciallo Vincenzo. Dalla macchina escono quattro uomini armati sino ai denti, sono membri delle BR impegnati in una rapina per autofinanziamento, o come la definivano loro un “esproprio proletario”. I primi tre, armati di mitra del secondo conflitto mondiale recuperati da chissà quale arsenale partigiano entrano velocemente nella banca, mentre il quarto uomo armato unicamente della sua Walther p38 resta fuori a fare da palo. Il maresciallo ferito lo guarda in viso, e non può credere ai suoi occhi: quel ragazzo alto e castano vestito di rosso con la pistola in mano è Davide il suo vecchio amico di infanzia. Abitavano allora nello stesso quartiere di Cosenza ed avevano frequentato le scuole
assieme. Davide era figlio di un sindacalista molto di spicco nella regione e da ragazzi erano
inseparabili. Era con Davide che Vincenzo aveva cantato la prima stonatissima serenata a Carmela
in una notte d’estate ormai lontana, era con Davide che si era preso la sua prima sbronza ed era sempre con Davide che aveva gioito e festeggiato il giorno del suo diploma. Non si vedevano dal 1968 quando Vincenzo era partito al corso per maresciallo dell’arma e Davide era partito per l’università di Torino dove era diventato uno dei contestatori e dei manifestanti di quel
movimento giovanile che fece ridere il mondo. E adesso erano lì, dopo tanti anni a non più di 5
metri di distanza. Anche Davide riconobbe il suo vecchio amico, e dopo un attimo di smarrimento
provò pena per lui. Le ferite del mitra erano troppo gravi, il carabiniere era destinato a morire tra atroci sofferenze. Il terrorista ebbe pietà, decise di fargli dono della misericordia. Vincenzo lo capì quando Davide gli puntò la pistola verso la fronte, e in quei pochi secondi rimpianse la vita che non avrebbe mai vissuto, rimpianse quel figlio che non avrebbe mai conosciuto e rimpianse Carmela
che non avrebbe mai più rivisto. Decise però di umiliare il suo vecchio amico e i suoi sodali, uomini senza patria e senza Dio con il suo ultimo gesto, voleva fargli capire che erano null’altro che codardi, una minoranza di disertori in uno stato dove ancora esisteva il concetto di morire per il bene superiore, sacrificarsi per la propria patria. Dentro la banca era il caos, gente attaccata al muro, bimbi che piangevano, i rapinatori che intimavano i cassieri di muoversi con quei soldi, nonostante ciò si udì distintamente un grido provenire dall’esterno, un “evviva l’Italia” seguito
unicamente da una detonazione secca che metteva la parola fine alla vita di un uomo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 21, 2019 ⏰

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