Jessica strinse i pugni, cercando di essere padrona dei suoi sentimenti.
Il Pontefice, Pio IX, aveva affermato, in una recente allocuzione, di non voler, poiché "Papa di tutti i cristiani", combattere contro uno stato cattolico.
Quale stato cattolico? L' Austria.
Il Papa liberale, tanto osannato dai neoguelfi, quello stesso successore di Pietro che, pochi mesi prima, aveva pronunciato la frase "Benedite, Gran Dio, l'Italia", aveva fatto un passo indietro. Un enorme passo indietro.
E quindi si era forse dimenticato di essere anche un principe italiano? Aveva forse scordato tutti quei giovani - fra cui Gabriele - che erano partiti confidando nella sua approvazione? O forse non sapeva come risolvere questo terribile dilemma? La soluzione, secondo Jessica, sarebbe stata assai semplice: che rinunciasse al potere temporale!
"Non capite?!" Esclamò Jessica, rivolta ai suoi genitori, con i quali stava discutendo "non capite che se ha deciso di arretrare su questo fronte potrebbe decidere di fare marcia indietro anche su tutti gli altri?! Potrebbe rinchiuderci nuovamente nel ghetto!".
Jessica sapeva bene che i suoi genitori, piuttosto sordi alla causa nazionale, avevano a cuore la condizione loro e dei loro figli.
Giacobbe sbuffò, gli occhi fissi sulla figlia "Avevi veramente creduto nel mito che era stato costruito su di lui?".
"Assolutamente no!" Fu la fiera risposta di Jessica "Nemmeno un istante. In passato fu creduto che persino quel Papa che condannò Galileo all'abiura fosse di larghe vedute" Trovandosi nella propria casa, Jessica non aveva ritenuto di dover celare il disprezzo da lei provato.
"Ma tuo fratello aveva veramente creduto in lui" mormorò Giacobbe "ora non sappiamo che cosa può accadere a lui e a noi".
Elisabetta coprì con le mani i suoi occhi ormai lucidi, tentando, con questo vano tentativo, di non mostrare il suo dolore al marito e alla figlia.
È difficile per noi riuscire ad immaginare quanto si sentisse in colpa: ella aveva permesso che entrambi i suoi figli si lasciassero attrarre da quelle idee; ella aveva concesso loro di esprimerle nella loro casa; ella aveva convinto suo marito a permettere al figlio di partire.
Già si sentiva colpevole per quello che sarebbe potuto succedere al figlio.
Giacobbe incrociò lo sguardo preoccupato della moglie e immaginò che essa leggesse l'affanno che dipingeva il suo viso di un bianco cadaverico.
Non si era mai fatto sfiorare dalle idee dei figli, nè da quelle rivoluzionarie, incarnate, in quella casa, da Jessica, nè da quelle di Gabriele, più moderate.
Per almeno cinque anni aveva finto di non vedere: aveva chiuso entrambi gli occhi davanti alle bandiere e alle coccarde tricolori che Jessica, dopo averle cucite, nascondeva nel doppiofondo di un vecchio mobile, credendo di essere l'unica a conoscere tale nascondiglio; aveva ignorato le discussioni dei figli circa quale sarebbe stata la migliore forma di governo per un paese ancora inesistente.
Aveva agito nel giusto modo?
Jessica si ritrovò a tentare di trovare nella fluttuante aria un'immagine del fratello.
Subito apparirono davanti ai suoi occhi le immagini degli anni trascorsi insieme a lui.
Non aveva mai vissuto un solo attimo senza il fratello: al momento della sua nascita Gabriele aveva già compiuto un anno.
Quanto avevano fatto disperare i loro genitori durante l'infanzia! Erano sempre stati complici e alleati l'uno dell'altra.
Non avevano mai avuto molto tempo per litigare, fin da bambini avevano dovuto far fronte comune davanti ad un mondo che odiava tutti quelli come loro soltanto perché essi chiamavano la divinità con un nome diverso da quello usato dalla maggioranza.
Aveva cinque anni ed era curiosa. Aveva cinque anni e si era avventurata fuori dal ghetto.
Quanto era bello quel mondo dentro il quale era contenuto il suo! Quanto erano belli gli abiti degli altri!
Improvvisamente il suo corpicino fu oscurato dall'ombra di un signore con uno strano vestito nero, sembrava che indossasse una gonna.
Il grosso artiglio di quell'uomo strano si gettò con furore sulla Stella di David che ella portava al collo, la strappò con violenza e la gettò lontano.
"Ridammela, è mia!" pianse la piccola Jessica. Perché quell'uomo, che indossava come ciondolo il segno utilizzato durante le addizioni, era stato tanto crudele?
L'uomo non diede alcun segno di aver udito il suo pianto o di aver visto le sue lacrime.
Jessica singhiozzava: quella stella era stata un regalo dei suoi genitori e non la voleva perdere.
Improvvisamente la vide per terra e, un piccolo passo dopo l'altro, andò a riprenderla.
Non appena la raccolse da terra si sentì sollevare. Quell'uomo, lo stesso di prima, l'aveva afferrata. "Getta quel simbolo diabolico, giudea, ora andiamo a battezzarti".
Jessica provò a scalciare, ma fu tutto inutile. "Lasciami!" gridava "lasciami, voglio andare a casa!", ma la sua disperazione non veniva ascoltata nè dall'uomo nè da tutti coloro che, di tanto in tanto, lanciavano qualche occhiata alla scena.
Improvvisamente sentì una voce amica "Lascia stare mia sorella!". Gabriele, armato di bastone, colpì quell'uomo malvagio.
Jessica cadde, ma subito si rimise in piedi. "Corri, Jessica, corri!" Il fratello le afferrò una manina libera - nell'altra stringeva la stella - e la trascinò via, senza fermarsi a osservare dove avesse colpito quell'uomo.
I due bambini si rifugiarono nel ghetto. Quell'uomo provò a inseguirli, ma, giunto alle porte, decise di non entrare - nemmeno fosse contagioso! - e di pregare un dio che, in quel momento, non avrebbe dovuto prestargli attenzione.
Giunto al sicuro, insieme alla sorella, Gabriele, dopo aver ritrovato il fiato, si era rivolto a Jessica "Sai chi era quello?". Jessica aveva scosso la testa, ancora spaventata.
"Era un prete" continuò il bambino "se ti battezzava ti rapiva" spiegò, mostrando la difficoltà da lui trovata nell'utilizzo di congiuntivi e condizionali.
Jessica ricordò di essersi spaventata: i suoi genitori, per preservare la sua innocenza, non l'avevano ancora messa in guardia dall'infausta usanza di alcuni fra i preti di battezzare i bambini ebrei con la forza e di portarli via dalle loro famiglie per educarli come Dio comanda.
Ora la nostalgia che ella sentiva per il fratello si mescolava alla provava per lui.
Che cosa sarebbe successo?
Questa domanda vorticava nelle menti dei tre membri della famiglia Piperno, ma nessuno di loro conosceva la risposta.
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Tra amore e speranze
Ficción históricaItalia, 1847 Giorgio Bacigalupo è figlio di un mercante genovese, Emilia Felici è una giovane donna romana. I due giovani sono innamorati follemente e vorrebbero sposarsi. Ma il 1848 è alle porte e Giorgio, giovane mazziniano, andrà volontariamente...