È la fine?

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Il giorno era arrivato. YerIm non poteva più scappare, doveva affrontare la sua più grande paura: il suo passato. Però questa volta non era più da sola, aveva il suo ragazzo e i suoi amici pronti a sostenerla.

Si sistemò il colletto della camicia per l'ennesima volta, stava sfogando tutto il suo stress sui suoi indumenti. Nel corso di quell'ora aveva provato una decina di pantaloni, aveva sbottonato e riabbottonato la camicia una ventina di volte e aveva tolto e rimesso la giacca del completo fino alla nausea.

Nel soggiorno suo padre, Jay e Jiwon la stavano aspettando consapevoli di non poter fare nulla per calmarla. La verità era che forse suo padre e Jiwon erano più nervosi di YerIm stessa. Erano troppo preoccupati di non sapere come aiutarla o di non essere in grado di aiutarla in nessun modo. Non potevano nemmeno comprendere cosa lei stesse provando, cercavano di immaginarlo, ma sapevano che era impossibile.

Quando la ragazza uscì dalla stanza e raggiunse gli altri nel soggiorno l'atmosfera si fece pesante e nessuno sapeva cosa dire. La tensione venne sciolta da Jay che corse verso la madre.

- Mami, perchè sei triste?- chiese cercando di farsi prendere in braccio.

- La mamma non è triste. Adesso è solo un po' preoccupata, ma quando tornerà sarà molto felice, tanto da piangere di gioia- cercò di sorridere e di trattenere le lacrime, ma in cuore suo sapeva che era poco credibile come farsa, mentre lo sollevava.

- Lo sai vero che io sarò sempre dalla tua parte? Mi prometti che da oggi non piangerai più – disse prendendole la faccia tra le manine.

YerIm sentì un nodo alla gola e riuscì solo ad annuire con gli occhi lucidi.

Guardò suo padre e il suo ragazzo e fece loro cenno di essere pronta. Questi si alzarono e le fecero strada imbarazzati.

In quel momento suonò il campanello, era DongHyuk che per quella mattinata si sarebbe preso cura del piccolo Jay visto che la domenica l'asilo non era aperto. Era consapevole della situazione e preferì non dire nulla oltre ai soliti convenevoli.

YerIm gli fu grata, non voleva piangere davanti a suo figlio, non voleva fargli credere di aver fatto qualcosa di male, ma allo stesso tempo sapeva di non potergli spiegare la situazione. Un giorno gli avrebbe spiegato tutto, ma voleva che diventasse abbastanza grande per poter comprendere quello che gli stava dicendo.

Aveva paura che suo figlio potesse odiarla, ma non poteva fare altrimenti.

Sulla strada per il tribunale nessuno ebbe il coraggio, ne la forza di dire qualcosa. Il papà di YerIm si limitò a guidare pensieroso, Jiwon teneva la mano alla sua ragazza e lei guardava fuori dal finestrino pensierosa su che comportamento avrebbe dovuto assumere una volta arrivata sul banco dei testimoni.

Nessuno poteva darle una risposta e anche se qualcuno le avesse detto come agire lei sapeva che avrebbe fatto di testa sua. Sapeva che quello che le era successo, che il trauma e tutti i pregiudizi che aveva subito in quegli anni non sarebbero spariti una volta che quell'uomo fosse finito dietro le sbarre, ma se quell'uomo fosse finito in carcere non avrebbe più potuto fare del male ad altre ragazze. YerIm aveva lottato con tutte le sue forze per arrivare a quel momento. Quando la polizia le aveva detto che sarebbe stato impossibile arrestare il suo stupratore, lei non si era arresa, aveva insistito che continuassero a cercare, anche se ci fossero voluti anni quell'uomo non doveva passarla liscia.

Però ora che sarebbe dovuto trovarselo davanti non era sicura di avere il coraggio di parlare, di ricordare quello che le era successo o di puntare il dito contro quel mostro per accusarlo dei suoi reati. E se le testimonianze non fossero state sufficienti per accusarlo? E se lui fosse stato giudicato innocente? A quel punto non solo si sarebbe sentita sconfitta e totalmente impotente, ma sarebbe significato anche essere accusata nuovamente di essere una bugiarda, una poco di buono e una vittimista.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 24, 2019 ⏰

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