Capitolo VIII

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Ero lontana da New York già da un mese.

I mondiali stavano per finire, il Brasile era (con grande sorpresa di tutti) uscito dalla competizione e avevo già avvertito Neymar del fatto che sarei ritornata presto negli Stati Uniti.

“E non torni più?” mi chiese, spiazzato.

Gli risposi che sarei tornata dopo solo pochi giorni, il tempo di chiarire la questione del trasferimento con i miei e di fare le valigie con tutti i miei vestiti.

La verità che gli nascondevo era che avrei dovuto sistemare e bonificare la mia vecchia casa lì a Rio, ma, dal momento che lui stesso mi era parso rasserenato e felicissimo alla mia risposta, pensai che la cosa non fosse particolarmente rilevante.

Le ultime mattinate che passai in sua compagnia trascorsero in una velocità disarmante, e furono anche le più belle, perché ci promettemmo di dimenticarci di tutto e di tutti, e di staccare i telefoni e troncare qualsiasi tipo di contatto con il mondo, ma non quelli con Neymar.

Perché, in fondo, era innegabile che adorassi il lieve tocco delle sue labbra, e delle sue mani che mi sfioravano dolcemente il viso.

Non ci speravo, ma i miei, seppure dopo qualche giorno di continue preghiere, accettarono il mio trasferimento, e anche la mia prima relazione seria. Dissi loro che di lui mi fidavo, e loro si fidarono di me, e dopo un veloce scambio di sguardi, annuirono, e aggiunsero che sarebbero stati lieti di conoscerlo, un giorno. Assicurai che non sarebbe mancata occasione, poi, dopo averli ringraziati (col senno di poi, capii che non li avrei mai ringraziati abbastanza per tutti i loro sforzi), corsi via in cerca di Claudette, lasciandomi dietro due persone che, dopo circa dieci secondi di silenzio ed immobilità, ritornarono a ciò che stavano facendo, e alle loro frasi di routine.

“Hai già comprato il quotidiano di oggi?” chiese papà mentre chiudevo la porta.

Trovai Claudette per un caso del destino in una piccola e antica libreria, della quale solitamente ci servivamo per libri più ricercati. Era seduta ad un tavolino dell'angolo bar e leggeva “Racconti del terrore” di Edgar Allan Poe.

Alzò lo sguardo dalla raccolta di racconti quando il campanello della porta del negozio suonò, che significava un nuovo cliente.

Sedetti al suo tavolo e cominciai a parlarle, quando una cameriera si presentò.

Indossava un grembiule blu con il nome della libreria, “Liston”, ed era molto in contrasto con il suo stile trash-moderno: shorts di jeans con inserti di metallo, una canotta rosa disgustosamente trasparente, trucco appariscente, capelli raccolti in una coda di cavallo e scarpe sportive.

“Ordina qualcosa?” mi chiese con una voce molto diversa da quella che avevo immaginato per lei. Masticava rumorosamente un chewingum bianco.

Non volevo niente, ma sarebbe risultato scortese entrare e sedersi senza acquistare nulla, quindi optai per un semplice pasticcino tra quelli che erano strategicamente esposti nella vetrinetta. La ragazza annotò l'ordinazione con notevole difficoltà considerate le vistose unghie ricostruite con le quali, pensai, non aveva manualità, e sparì dietro la cassa.

Tornò poco dopo con un piccolo dolce eccessivamente colorato, tuttavia buono.

“Da un po' non ci sentiamo.” esordì Claudette.

“Però telefonicamente, quello sì.” aggiunsi.

Continuai a mangiare il pasticcino.

“Bel libro” disse lei, asserendo alla raccolta “sono solo al primo racconto, però mi sta piacendo. E poi ha una copertina bellissima. Al momento cosa leggi?”

Brasileiros (Neymar Jr Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora