13. Zero relazioni

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Hera

"Io non mi fido di te."

Ecco cosa dice l'effetto collaterale della mia venuta al mondo non appena mi vede infilarmi la giacca per andare a sistemare l'ennesima scia di tragedia che ha lasciato dietro di lei.

Non solo devo uscire con Tommy D'Angelo per suo conto, ma devo anche sorbirmi le sue inutili paranoie. Come se l'ingenua suora di clausura qui fossi io.

"Oh, accidenti." Mi porto una mano al petto e scuoto la testa, le mie sopracciglia così incurvate in un'espressione dispiaciuta, che sembra quasi io sia davvero addolorata a causa delle sue parole. "Cosa potrei mai fare per conquistare la tua fiducia, piccola e dolce Hestia?"

"Disintegrarti, ad esempio." Replica lei, lanciandomi letteralmente addosso la mia sciarpa color avorio. Quella che attorno al suo collo assume le sembianze di un viscido serpente velenoso.

"Senti, brutta copia di Lucifero, potrei uscire da qui e rovinarti la vita, perciò sta buona e prega che io sia abbastanza magnanima da non farlo. Chiaro?" Le punto un dito contro, consapevole che questa è tutta una messinscena. Non le rovinerei mai la vita. O almeno non in modo così banale. Ho una certa classe.

"Credo sia opportuno ricordarti che sono la tua, di copia, Lucifero." Ribatte, questa volta con le braccia incrociate al petto. Vorrei quasi riproporre il tentativo da parte mia di diventare figlia unica, ma invece mi rendo conto di essere impressionata dal suo tenermi testa. Che stia finalmente imparando qualcosa da quello che dovrebbe essere il suo modello di vita, ovvero io?

Ovviamente non dico nulla di quel che sto pensando e mi limito a stringere le labbra per poi scoccarle un'occhiataccia prima di uscire dalla porta di casa.

Per tutto il percorso, ripasso silenziosamente le parole che devo dire a Tommy, parole che Hestia mi ha chiesto di ripetere circa trecento volte al secondo. Spero sappia già che farò di testa mia.

Se devo recitare la parte della drama queen, voglio almeno farlo con tutta la preparazione del caso.

Vestita di rosa e con qualche glitter tattico sparso qui e là. È questa la preparazione del caso.

Regina George sarebbe così orgogliosa.

Prendo l'autobus per una parte di tragitto, per poi percorrere a piedi l'ultimo pezzo di strada. Ho insistito affinché il bello e dannato non venisse a prendermi in moto perché, se a quella strega di mia sorella non importa uscire con i capelli schiacciati, a me interessa eccome non girare per Roma con una chioma a leccata di mucca. Si tratta di un minimo di amor proprio, su.

Scorgo quasi subito Tommy spalmato sulla carrozzeria del suo mezzo di trasporto come se un fotografo di fama internazionale dovesse spuntare da un momento all'altro per fargli bubù-settete e proporgli un contratto come modello. Noto anche che parecchie ragazze, passando, gli lanciano almeno un'occhiata. Quindi, per puro orgoglio personale, lo saluto con due sonori baci sulle guance.

"Hera con la H!"

Non devo alzare gli occhi al cielo. Non devo alzare gli occhi al cielo. Non devo alzare gli occhi al cielo.

Però lui non aiuta, eh.

"Ciao Tommy." Mi stampo un bel sorriso sulle labbra e fingo di essere felice di stare per buttare via due ore della mia vita con lui. Due ore che potrei usare in modo molto più produttivo e divertente. Tipo fissare la vernice che si asciuga.

"Mi sei mancata da ieri sera, sai?"

Ieri sera. Ah, ieri sera. Che gran bella serata. Sarei voluta morire.

Una ragazza come teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora