Capitolo 2

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“Guarda chi si rivede...” disse sporgendosi, in modo tale che potesse vederlo.

Come sarebbe a dire: “Guarda chi si rivede”?

Fece una faccia confusa e lui, notandola, rise.

“Sono il ragazzo che hai urtato mentre ballavi in discoteca”

Quindi lui era il famoso Mostro...

La guardò e la prese a sacco di patate e la caricò sulla sua spalla destra, tenendola ben stretta per non farla cadere. Iniziò a dargli pugni sulla schiena che, per quanto fossero forti, non gli fecero nulla.

“Fammi scendere”

“No”

“Ti prego...” 

“No”

Sbuffò, continuando a dargli pugni sulla schiena.
“La vuoi smettere?”
“La smetterò solo quando mi farai scendere”
“Tranquilla, ti metterò giù tra un po'; la mia macchina non è molto distante dalla foresta”
“Fantastico”
Prese dalla tasca sinistra le chiavi dalla macchina. Lo capì perchè dopo poco si ritrovò su un sedile in pelle nera.

Lo vide chiudere la portiera, fare il giro e sedersi sul lato del guidatore, per poi mettere le chiavi nel nottolino e partì.

“Che mi vuoi fare? Ti prego non uccidermi, ti prego”
“Sai una cosa?”
Fece di 'no' con la testa.

“Dovresti essere contenta”
“Per cosa? Perchè sto in macchina con un assassino?”

“No. Dovresti essere contenta perchè sei ancora viva”
Rise, per poi continuare:

“Hai appena assistito a un omicidio, bellezza. Sai che cosa succede a quelli che assistano a un omicidio? Beh, nella mia banda vengono uccisi”
“Perchè?”
Sbuffò.

“Fai troppe domande”
“Rispondi!”
“Perchè potresti raccontare tutto alla polizia”
“Non dirò niente alla polizia”
“E io che ne so che ti passa per la testa...”
“Beh, io non voglio problemi, quindi non dirò nulla alla polizia”
“E io che ne so che lo stai dicendo solo per essere liberata e che poi correrai dalla polizia a riferirgli tutto?”

Si morse il labbro nervosa. In effetti aveva ragione; lui non la conosceva, come poteva pensare che stesse dicendo la verità?

Prese dalle tasche dei pantaloni un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e la accese, per poi fare dei tiri che fecero diventare quasi subito la macchina una nuvola di fumo.

“Potresti aprire il finestrino?”
“Perchè?”
“Mi da fastidio il fumo. Ah, per la cronaca non si risponde a una domanda con un'altra domanda”
Fece spallucce e abbassò il finestrino.

“Grazie”

Il silenzio calò su di loro, ma molti pensieri si fecero spazio nella mente della ragazza:

questo ragazzo mi l'avrebbe uccisa? Dopotutto è un criminale, potrebbe pure farlo;

dove stavano andando? Stavano in macchina da 15 minuti e non sa nemmeno dove la stia portando;

chissà che penseranno i suoi genitori quando non la troveranno a casa... di sicuro inizieranno a farsi domande su domande, penseranno che qualcuno la possa uccidere, che, in effetti, è pure vero.

La paura le impossessò il corpo, ma non lo faceva vedere. Non poteva credere che tutto questo fosse successo solo in cinque fottutissimi minuti, non ci riusciva. Era sempre stata una ragazza studiosa, che ascoltava i suoi, che non faceva cazzate. Anche se qualche volta aveva bisogno di uscire per svagarsi un po'. Non poteva stare per una settimana intera dentro quelle quattro mura e uscire solo quando doveva andare a scuola. I suoi genitori non se ne rendevano conto che lei avesse bisogno di uscire, di farsi una vita sociale, no. Loro pensavano solo allo studio, all'università che Elettra avrebbe preso, cosa che a lei non andava, e ai bei voti. “Se ci porti tutti 7 e 8 ti facciamo uscire il sabato sera e la domenica” le avevano detto i genitori. Si, certo, come no. Lei aveva rispettato i patti, cosa che loro non fecero e questa cosa mandò in bestia Elettra.. Ma non aveva il coraggio di parlare.

A Crash Like An HurricaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora