Capitolo 21. Fino all'ultimo sangue

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"Siete pronti?" la voce del bodyguard tuonò nel piccolo ripostiglio che fungeva da camerino e spalancò la porta, rivelando i nostri corpi esposti al suo sguardo perquisitore.

Istintivamente portai le braccia al petto, cercando inutilmente di nascondere quella scollatura vertiginosa e seguii Noah fuori dal ripostiglio.

"Devo servire ai tavoli?" domandai, speranzosa di non essere mandata sulla pista da ballo, o, ancora peggio, direttamente tra i divanetti, insieme ad altri uomini, il cui cervello era annebbiato da sostanze stupefacenti.

"No, seguitemi"

Lanciai un'occhiata a Noah e lo vidi premere le labbra in una linea dura, mentre mi scrutava il viso, attento ad ogni mia reazione.

Cercai di rassicurarlo abbozzando un sorriso, per lo meno non ci avevano separati.

Oltrepassammo alcuni divanetti e sul soppalco ad ovest notai una porta dello stesso colore delle pareti, se non fosse stato per la toppa color oro non sarei stata in grado di individuarla, era più bassa delle altre che fino a quel momento avevamo visto e per oltrepassarla dovetti abbassarmi con il capo per evitare di sbattere contro lo stipite.

Ci lasciammo alle spalle la discoteca per ritrovarci di fronte ad un vero e proprio ring di pugilato, con tanto di gratinate ai lati della pedana centrale, separata dal pubblico poichè recintata da lunghe fasce elastiche blu e rosse.

Nell'aria si respirava un forte odore di sigari e sudore, il soffitto era alto e le luci talmente forti che mi disorientarono per alcuni secondi.

Continuammo a seguire quell'uomo, sotto lo sguardo incuriosito di alcuni uomini che parlottavano tra loro, tranquilli e a proprio agio come se attendessero la proiezione di un film, e non l'inizio di un combattimento illegale.

Le gambe cominciarono a tremarmi e le mani a sudare, ci fermammo solamente quando arrivammo a pochi passi dal ring, dove c'era un ragazzino i cui capelli riccissimi erano contenuti sotto un cappello da baseball, poteva avere al massimo sedici anni e teneva tra le mani decine di banconote che sventolava in aria, urlando a gran voce che le scommesse per la lotta di quella sera erano aperte già da ora.

"Tu, prendi questo" l'uomo mi spinse contro il petto un cartellone che segnava il primo round e dovetti stringere gli occhi a due fessure per evitare di strapparlo immediatamente.

"Tu, invece, dovrai batterti contro quel ragazzo laggiù" allungò il bracciò verso un punto dall'altro lato rispetto a dove ci trovavamo noi, e sentii quel briciolo di sicurezza che mi era rimasta scivolarmi addosso, lasciandomi in balia dello sconforto più totale.

Tutta l'adrenalina che fino a quel momento mi aveva fatta rimanere lucida, scemò all'improvviso, rendendomi incapace di formulare qualsiasi frase di senso logico.

Il bodyguard aveva indicato un ragazzo tre volte più grande e robusto di Noah, le sue spalle erano possenti e i suoi quadricipiti incredibilmente muscolosi.

Deglutii a vuoto, e strinsi maggiormente le mie dita attorno a quelle del ragazzo al mio fianco.

Vidi il bodyguard sorridere sornione, già si pregustava la scena che di lì a poco stava per consumarsi.

"Lo chiamano la belva" infierì il bodyguard, con indifferenza.

"Non è giusto, non è una cosa equa" sbraitai, lanciando un'occhiata furiosa all'uomo di fronte a noi.

"E' proprio questo il bello, zuccherino"

Gli lanciai un'occhiataccia, disgustata da quell'approccio fin troppo confidenziale con il quale mi stava considerando.

Countdown || Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora