La verità è che mi piaci troppo

Capitolo 27

Sentivo le mani tremare sul volante, avevo paura di dover affrontare la madre dei miei figli. Se avessi fatto un passo falso avrei fatto cadere quel castello di carte che avevo creato. Stava andando tutto a puttane e io me ne stavo lì a guardare come un babbeo. I rumori della strada erano diventati secondari, come di sfondo. Quando arrivai davanti alla porta della nostra casa sentì le gambe tremare, come se da un minuto all'altro fossero pronte a cedere. Mi avvicinai al campanello ma ebbi un ripensamento. Ero davvero pronto per un altro litigio? Non ebbi neanche il tempo di ripensarci e tornare indietro che sentì la porta aprirsi bruscamente.
E: muoviti, entra che sei da cinque minuti in piedi a fissare la porta.
Mi fece spazio per entrare. Non ebbi neanche il tempo di ringraziarla che iniziò subito ad attaccarmi.
E: dimmi una cosa: che cazzo ti è preso ieri? Hai idea di che figura mi hai fatto fare? Tutti erano scioccati e li ho dovuti fare andare via. Chissà come ne parleranno male con i giornalisti!
A: quindi gira tutto intorno alla TUA figura? Al fatto che non ti vedranno più come la donna perfetta con la vita perfetta? Si, ho sbagliato, ma avresti dovuto preoccuparti delle mie condizioni, non della tua figura!
E: Quindi ora sarebbe colpa mia se ti sei ubriacato nel bel mezzo della serata? Che faccia tosta! Comunque è evidente che io abbia bisogno di salvaguardare la mia figura!
A: Non ti rendi neanche conto di quello che stai dicendo! Si, mi prendo la colpa per aver esagerato con gli alcolici ma tu mi hai sbattuto fuori di casa in quelle condizioni, e se mi fosse accaduto qualcosa? Ma in fondo a te che importa, se fossi morto probabilmente la gente ti avrebbe acclamato perché eri stata un'ottima moglie per me quando ero in vita! Chissà quanta compassione nei tuoi confronti!
  Urlai.
E: Armand Douglas Hammer, non osare usare quel tono con me, hai capito?

Odiavo quando usava il mio nome intero quando era arrabbiata. Lo faceva per sottomettermi ma questa volta non avrebbe funzionato.

A: Sono stufo del tuo comportamento! Voglio il divorzio!

Mi guardò scioccata.
E: che dicerie stai dicendo? Non sai di cosa stai parlando, probabilmente sarai ancora sotto effetto dell'alcool.

A: nessun alcolico Elizabeth. Sono stufo di te e voglio farlo capire a tutti.

E: e i nostri figli? A loro non ci pensi che effetto potrebbe procurargli sulla  loro crescita il divorzio dei loro genitori? Potrebbe essere un trauma.

A: Sono dei ragazzi in gamba, sapranno affrontarlo bene.

Iniziò a piangere,
E: E a me non ci pensi? Come potrei vivere senza di te, io ti amo! Tu non mi ami?
A: ormai non lo so più. Non sei più la donna di cui mi sono innamorato, sei accecata dalla tua vanità!
E: Almeno pensaci, non agire subito.
A: tempo 5 mesi. Poi farò la mia decisione. Andrò a vivere da un'altra parte.
E: d'accordo.
Uscì di casa e Chiamai Timmy.
A: Timmy. So che è un po' affrettato ma non so dove stare. Posso venire a vivere da te per un determinato periodo?
T: Ehm.. nessun problema ma lasciami dire che non sono un coinquilino molto simpatico. Tendo a essere molto ordinato.
A: nessun problema, è impossibile che io non riesca ad apprezzare  un lato di te, anche se fosse il peggiore!
T: così mi lusinghi.