Mi sembra strano ricordare i vecchi tempi, io e te che ci baciavamo di nascosto, i pianti che scoppiavano dopo i litigi, amavo anche quello di te, non lo nego, ma sai una cosa? Tu mi manchi ma ormai è troppo tardi e devo farci l’abitudine.
Il 5 maggio passeggiavo nel parco, gli alberi erano maturati e mi piaceva sentire i profumi dei vari alberi di frutti, mi chiedevo se mai avessi trovato una persona che sapeva trattarmi come un fiore, imponente ma allo stesso tempo delicato, un ragazzo che mi sapeva cogliere dagli attimi bui, che con le sue parole sapeva farmi stare bene e con poco dimenticavo le vicende che portavano solo scalpore e tristezza.
Era in piedi, quel ragazzo solitario, che annotava qualcosa nel suo taccuino e sorrideva dopo aver scritto, mi trasmetteva amore e paura, la sua freddezza nell’osservare il paesaggio mi metteva incertezza, ma osservandolo meglio era quello di cui avevo bisogno. Non sapevo cosa fare, andare da lui e dirgli che mi piaceva il suo modo di fare? O abbandonarlo? Lo so, ero una stupida a credere che le persone erano tutte buone, che i cattivi non esistevano, e che alla fine avremmo fatto di tutto pur di avere qualche grammo di felicità in corpo.
Andai da lui, con aria investigativa e preoccupata dal suo pregiudizio nei miei confronti, potevo sembrare una pazzoide, ma mi attirava davvero.
<Cosa vuoi da me?> mi chiese con tono seccato.
<Scusami, ero incantata dal tuo modo di osservare la natura> dissi imbarazzata.
<Ti piace la natura?> mi domandò.
<Più che altro, adoro osservare il mondo circostante> risposi in modo educato.
Parlammo del più e del meno e venni a conoscenza del suo nome, Derek, era un ragazzo alto, bruno con occhi verdi smeraldo, al primo impatto mi era sembrato leggermente scortese ma poi avevamo iniziato a chiacchierare in modo pacifico. Ci eravamo dati appuntamento nello stesso punto il giorno seguente, e così andò.
Quel giorno, lo ricordo come se fosse ieri, era felice e mi raccontava del suo esame che era riuscito benissimo, aveva paura che non fosse all’altezza della sua bravura, ma io gli presi la mano senza pensarci due volte e gli dissi che nessuno avrebbe fatto un progetto meglio del suo, ricordo che mi sorrise, era il primo sorriso sincero che ricambiavo per il suo, decidemmo di continuare a frequentarci come amici del resto.
Tornavo a casa e ogni giorno ringraziavo me stessa per essermi fermata ad osservarti quel giorno al parco, amavo il modo in cui mi facevi sognare, quando ci incontravamo proprio lì, ci distendevamo sul prato e mi facevi chiudere gli occhi dicendomi di non preoccuparmi, e poi mi canticchiavi “Perfect” di Ed Sheeran e a me venivano gli occhi lucidi. Quasi ogni giorno ci trovavamo in un luogo o nell’altro e mi faceva parlare di me, dei libri che leggevo e della mia passione stremata per la lettura.
Una sera, avevamo deciso di uscire e fare una passeggiata lungo un viale famoso della cittadina in cui abitavamo, alla fine della serata mi comunicò una cosa importante, degna di essere ascoltata da me.
<In questi mesi ho riflettuto parecchio su di noi, sulla nostra amicizia che in pochi mesi è diventata molto forte e credo che sia giunto il momento di dirti…>
<Mi ami?> chiesi con voce fievole senza farlo finire di parlare.
<Sì> disse senza guardarmi negli occhi.
Era una menzogna aspra che mi aveva frantumata, il mio cuore aveva smesso di battere come una volta e iniziavo a credere che lui mi aveva solamente presa in giro.
Erano passati circa tre mesi da quando stavamo insieme, mi aveva sempre tenuto la mano, mi baciava e passava ore a dirmi quanto ero bella, ma ancora non bastava a soddisfare la sua voglia di me, pensavo fosse un ragazzo per bene e che amava come ognuno fa.
Mi sbagliavo di grosso, qualche giorno fa mentre camminavo nel “nostro” parco l’ho trovato con una ragazza, era bionda e molto bella, si baciavano in modo appassionato e lui le cingeva i fianchi come faceva con me, non ero in grado di sopportare tutto quello alla mia vista e decisi di finirla anche se mi spezzava il cuore.
Mentre andavo verso di loro mi fermai di soprassalto perché notai che Derek mi stava guardando, aveva capito tutto, io avevo capito tutto, una lacrima amara scese di controvoglia dal mio occhio rigando la mia guancia sinistra.
Lo disprezzavo ma non volevo dargliela per vinta, mi girai dandogli le spalle e me ne andai.Oggi come oggi soffro ancora nonostante siano passati due mesi, lo amavo e lo amo ma la verità viene sempre a galla e se non imparo ora come gestire certe cose, non ne sarò mai capace.
Parere delle THEGIRLS
La storia è carina, ma nulla di più. Ci sono parecchi errori grammaticali e anche molte incoerenze, una delle quali è il fatto che la narratrice si riferisca in terza persona a Derek e improvvisamente decide di parlargli direttamente, riferendosi a lui in seconda persona. Il racconto è abbastanza confuso, frettoloso, piacevole e interessante come tema trattato, ma non attrae il lettore e non lo incuriosisce, poiché gli propina una storia abbastanza comune e banale, senza una reale profondità di fondo.
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