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Come ogni mattina, prima di uscire, passo dalla cucina a salutare mia madre.

Lei è una donna meravigliosa, sempre solare e gentile con tutti, disponibile in qualsiasi momento e amorosa con chi ne ha bisogno. Ogni cosa la faceva ridere, non aveva studiato molto, ma aveva un intelligenza fuori dal comune. 

Strano a dirsi, ma come lavoro aveva fatto la coltivatrice di lavanda.
Adorava quel fiore che era, come lei stessa definiva, il colore della sua personalità. Quella particolare tonalità di viola, mista ad indaco la rappresentava in tutto e per tutto, lei era come la quiete prima della tempesta. Come quando, prima di un temporale estivo, si sale in un punto alto ad ammirare il paesaggio perfetto, sapendo che di lì a poco tutto sarebbe cambiato, trasformandosi in qualcosa totalmente di differente.
Lei era il cielo violaceo che da quell'atmosfera magica prima del "disastro".

Mi ricordo quando da bambina correvo spensierata tra i filari di lavanda, fingendo di volare, usando come paracadute il lenzuolo che avevo rubato dai panni stesi ad asciugare.
Mia mamma mi lasciava sempre fare, ridendo a sua volta se cadevo facendo qualche capitombolo, o se mi spaventavo trovando, tra le piante, qualche insetto più grosso di due centimetri.

Vivevamo una vita spensierata prima, con lei quasi casalinga e mio padre che lavorando come scrittore da casa, era sempre lì con noi.

Poi, un giorno particolare di tre anni fa, papà ci ha radunate in soggiorno e chi ha detto che sarebbe partito di lì a poco per realizzare il suo sogno: scrivere per una grande casa editrice.
Noi, per quanto gli dispiacesse lasciarci, non potevamo fare niente per fargli cambiare idea.

Mia madre scoppiò in lacrime, lo implorava di rimanere e cercava di capire che cosa in lui lo avesse spinto ad una tale decisione. Allorché mio padre vuotò il sacco, rivelandole che, in uno dei suoi viaggi di lavoro al nord, si era invaghito di una giovane straniera.
La mamma non disse nulla, si limitò ad un cenno del capo poco convinto e salì  al piano superiore. Per una settimana io e il mio papà pranzammo e cenammo senza di lei, in quella casa improvvisamente triste e vuota.

Dopo meno di un  mese eravamo rimaste solo in due, in due più un gatto che mi regalò mio nonno per tirarmi su il morale e non farmi sentire sola. 

Broccolina  era una gattina super coccolona e molto amichevole, l' avevo chiamata così perché era nata sotto una pianta di broccoli e, fin da piccola, aveva una specie di ossessione per quest'ultimi. Di lei mi occupavo principalmente io, mia mamma, che in passato aveva amato molto gli animali, adesso le era quasi indifferente, come se non ci fosse.

A dire la verità era diventata indifferente con tutto, niente  la stimolava più, nessuna attività le attirava l'attenzione, l' appassionava o diventava il suo nuovo hobby. Col passare del tempo lasciò il disegno, la musica ed infine il suo amato campo di lavanda, si trovò un lavoro normale e triste come segretaria per una media agenzia  della città vicina. 

Per un anno, tutte le mattine, si alzava alle sei e usciva di casa alle sette. Tornava a casa  tardi, alle otto di sera, sempre stanca,  non avendo voglia di passare molto tempo con me, cucinava e andava a dormire.

Io pensavo a me stessa e alla mia gatta, cercavo per quanto possibile, di preservare quella parvenza della vecchia normalità che tanto mi mancava.

Mio padre veniva a trovarmi per tre giorni ogni quattro mesi, eravamo passati da cercare del tempo per pensare a noi stessi, a cercare del tempo per stare insieme. Mi mancava terribilmente, ma quella era la sua vita e io dovevo pensare alla mia.

Dopo qualche mese mia mamma venne da me e mi disse di preparare la mia roba,  il giorno dopo avremmo cominciato il trasloco.

-Dove?- chiesi io.

Waiting for you// Aspettando TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora