Luca - Flashback (Parte 3)

7 3 2
                                    

Come se il cielo sapesse quanto triste fosse quel giorno, un nero e cupo annuvolamento, si accumulò in fretta sulla chiesa del Santo Spirito. Un silenzio quasi glaciale faceva così rumore, da costringere i presenti a dare un colpo di tosse di tanto in tanto.
Se c'è una regola nella vita è quella che bisogna vivere ogni giorno al massimo delle proprie possibilità per non avere mai rimpianti.
Luca stava apprendendo quel giorno, quanto vere fossero quelle parole e in un certo senso trovava conforto nel sapere che in quei diciasette anni, Alberto aveva fatto tutto ciò che potesse, senza avere un momento per i rimpianti . Tirava un leggero vento gelido in quel pomeriggio di Gennaio e una bianca coltre di nebbia avanzava minacciosamente come a voler inghiottire quel luogo sacro e tristemente colmo di persone.

Poco distante da Luca, sedeva immobile la madre di Alberto, mostrando una dignità e un contegno difficile da credere. Suo padre invece ostentava gentilezza a tutti coloro si avvicinassero a lui per porgere le condoglianze.
Rebecca, chiusa nel suo bomber viola, occhiali da sole a fare da maschera, singhiozzava vistosamente.

Era una ragazza bellissima. Alta, formosa e con i capelli neri e lunghi ad accarezzarle le scapole. Aveva un viso incantevole e un sorriso contagioso che quel giorno sarebbe stato impossibile notare. Non amava apparire, badava alla sostanza ma non le serviva a molto, perché chiunque la incrociasse voltava lo sguardo per osservarla. Aveva partecipato come testimonial per vari marchi di moda e suo malgrado era stata contattata per posare in intimo per una nota casa di lingerie. Invito che rifiutò caldamente.

Stava lì, con le mani in tasca, pietrificata a osservare la bara del fratello gemello. La situazione iniziava a farsi pesante e poco sopportabile perché il prete, come in tutti i matrimoni che si rispettino, come fosse una sposa, non si decideva ad arrivare. Purtroppo per i presenti, quello non era un matrimonio.
Dopo quasi quarantacinque minuti di ritardo, il prete grassoccio e improbabile giunse a bordo della sua Fiat 127 e come se nulla fosse esclamò un "Bene, eccoci qua" che poco aveva a che fare con la situazione. Ma era stata un'espressa volontà di Alberto, quella di avere quel sacerdote alla sua funzione. Si dá il caso che fosse un prete rocker, amante dei Rolling Stones e che nel tempo libero si dilettasse in composizioni di spartiti metal. Era lui che voleva e così fu.
Con un gesto meccanico il ministro invitò le persone ad entrare nella parrocchia e prendere posto. Il pianto in poco tempo divenne colonna sonora della scena, una musica rock di sottofondo iniziò a suonare in chiave blues, era "Fear of the Dark" degli Iron Maiden. Tutto ciò che Alberto avesse chiesto era stato in qualche modo esaudito, così come la maglia di Del Piero autografata sulla sua bara.

Dopo quasi trenta minuti di messa e omelia, Luca prese la parola stupendo i presenti. Duecento persone fissarono i loro occhi su di lui ma non si sentì per niente in imbarazzo. Glielo doveva. Doveva questo e molto altro. Era il suo migliore amico e lo sarebbe stato per sempre. Gli occhi di Rebecca, questa volta privi degli occhiali da sole lo fissarono fino a che non giunse sul pulpito. Rovistò nelle tasche e tirò fuori un biglietto giallo tutto stropicciato che ripose sul leggìo in legno. Non era il momento di aprirlo. A quel punto diede un colpetto di tosse, fece un sospiro e dando un tocco al microfono partì e non si fermò finche non ebbe finito:

"Buona sera a tutti i presenti.
Molti di voi non mi conoscono e io non conosco molti di voi. Sono qui perché credo di essere una persona tanto vicina ad Albe ma che nello stesso tempo non porta il peso che può portare un padre, una madre o una sorella. Eppure fate come se stesse parlando il fratello che non ha mai avuto. Mi chiamo Luca e sono, si, sono il suo migliore amico.
Lui mi ha insegnato tutto. Dal suonare la chiatarra al lasciare andare le cose e le persone. Dal vivere tranquillo al sapere perdonare. Fino a questi ultimi mesi dove mi ha dato la lezione più grande: vivere fino all'ultimo secondo con dignità senza sprecare alcun secondo prezioso. Non sperando di vivere ma vivendo nella speranza di morire in pace.
Lui aveva un sogno. Era quello di vedere suo zio Piero e sua zia Lucia riabbracciarsi in sua memoria mettendo da parte i rancori. Aveva il sogno di vedere la Champion's League tornare tra le mani della Juve ma non è stato possibile. Possibile invece è che voi due, vi riabbracciate e lo facciate adesso.
Aveva il sogno di vedere sua madre e suo padre sorridere anche oggi. Aveva il sogno di vedere Slash, il suo amato cane, sedere in prima fila, ed eccolo qui. Aveva il sogno di sentire la sua canzone per l'ultima volta e la stiamo sentendo il loop da quasi un'ora. Aveva il sogno di avere Padre Franco a fare messa ed eccolo qui e aveva il sogno di vedermi qui a leggere per lui, contro la mia volontà e ha ottenuto anche questo. Ma non sono qui per annoiarvi ma per fare la cosa più difficile che potesse chiedermi: leggere un suo biglietto ad alta voce. Per tutti voi...

Ciao, grazie di cuore per essere venuti a darmi l'ultimo saluto. Amatevi, vogliatevi bene e benedite ogni giorno della vostra vita come fosse l'ultimo.
Mamma, Papà, Rebe... vi amo e vi ho sempre amati con tutto me stesso. Grazie di essere stati il pezzo più importante della mia vita. Portate avanti le vostre vite onorando i giorni che non ho potuto godere. Fatelo anche per me. Rebe, una sorella gemella è la metà perfetta del proprio essere. Sii la mia metà che continuerà a vivere.
Luca, so che mi stai odiando per questo, so che ti passerà in fretta rispetto al dolore che provi ma se Rebe è la mia metà, prova ad essere la restante parte. Sono io ad aver avuto bisogno di voi e non voi di me.
So che non è facile capire cosa mi abbia spinto a fare ciò che ho fatto. Se state ascoltando queste parole è perché sono riuscito nell'intento. So che sembra in contrapposizione con il concetto di vivere ogni secondo con dignità ma per una volta in questi mesi di battaglia ho voluto essere io il cancro per Frankie... Si, gli ho dato anche un nome. Lui vuole la mia vita e io mi prendo la sua. Non sarà stata la malattia a uccidermi ma io ad uccidere lei. Perdonatemi se potete. Se la mia bara è entrata in chiesa vuol dire che già buona parte di voi, prete in primis, mi ha perdonato. Io ho bisogno ancora di voi. Non piangetevi addosso. La vita è bella. Che sia un giorno o un secolo. Vivetela! Vi amo. Alberto.

CON IL SOLE NEL CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora