Capitolo Uno

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Londra, 10 marzo

Un borsone Yves Saint Laurent abbandonato sul pavimento di fronte all'ingresso, accanto un paio di mocassini Gucci in pelle nera con la fibbia in oro che riflette tenui bagliori sulla parete, gli insoliti raggi di sole londinesi che filtrano dalle finestre.

"Ricordami perché non puoi venire con me." il rumore di un bacio.

"Lo sai il perché." sospira. "È per lo stesso motivo per cui io devo fingere di essere a Los Angeles e tu ieri sei uscito con quella."

La rabbia, che spesso assomiglia di più al dolore, gli impedisce anche di nominarla.

"Non voglio lasciarti qui."

"Sarà solo per qualche giorno, tanto per non creare sospetti." le parole appena sussurrate si disperdono nel grande ambiente.

"Non ce la faccio senza di te." le dita delle mani sono intrecciate.

"Haz, là fuori ci sono migliaia di persone che stanno aspettando questo momento da mesi! Potresti salire sul palco e stare in totale silenzio per un'intera ora e loro ti amerebbero comunque."

"Ho paura."

"Lo so, ma andrà tutto bene."

Petto contro petto, fronte contro fronte e cuore contro cuore, a separarsi ancora una volta, l'ennesima, perché due persone che per la stampa non si parlano più non possono farsi vedere mentre scendono dalla stessa auto, con le labbra ancora umide di baci.

E Louis lo sa, che sono solo pochi giorni e non dovrebbe essere un problema, ma lo è, perché Harry deve iniziare il suo tour e nemmeno il successo internazionale e anni di esperienza lo renderanno mai audace abbastanza dal salire su quel palco senza preoccupazioni.

Louis lo sa perché lo capisce.

Perché ricorda perfettamente cosa significhi avere la gola così secca da farti pensare non possa uscirne nemmeno un suono.

Perché lo aveva visto decine di volte piegato sulla tazza del bagno del camerino mentre vomitare a causa dell'ansia, prima di iniziare un concerto.

Perché gli stupidi riti scaccia-sfortuna che facevano con la band, servivano solo a sentire che non erano soli.

Eppure, questa volta, non ci sarebbe stato nessuno dei ragazzi a stringergli le mani, né Louis a tenergli i capelli, e nemmeno gli abbracci di gruppo a sostenerlo, o meglio, non quelli degli One Direction.

"Ti amo."

"Ti amo anche io Louis, ti amo sempre."

Harry infila ai piedi i mocassini, quelli che Louis gli aveva pregato di non comprare, perché a detta sua "non ci capisce molto di alta moda, ma quella sottospecie di scarpe hanno ben poco di attraente", e al riccio un po' si era crepato il cuore a sentir parlare così di quei piccoli capolavori di gran classe- che poi aveva comprato, ovviamente-.

Quando la porta si chiude alle spalle del minore, Louis deve reprimere l'impulso di chiamarlo indietro anche solo per un ultimo bacio, ma sa che renderebbe solo le cose più difficili.

La casa senza Harry è avvolta nel silenzio, nonostante il tempo gli abbia insegnato a convivere anche con questo.

Le prime volte era difficile. Ricorda con un misto di tenerezza e malinconia quando i saluti erano rimandati all'ultimo minuto per non dover anticipare la solitudine che li avrebbe accolti una volta lontani.

Restavano abbracciati per ore, a dirsi smancerie romantiche e baciarsi per imprimersi nella mente il sapore delle labbra del compagno e il timbro della sua voce.

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