Capitolo 8

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Raimundo stava scaricando le casse piene di merce fresca dal carretto dentro il cortile della locanda, posizionandole in modo da poterle sistemare facilmente di lì a poco.

Nonostante ci avesse provato, non riusciva a celare un leggero sorriso che gli pizzicava le labbra o a smetterla di perdersi a fantasticare ad occhi aperti ogni tot di tempo, impiegando tantissimo tempo per una mansione che avrebbe richiesto al massimo un'ora.

Emilia si affacciò dalla porta della locanda e guardò per l'ennesima volta suo padre. Era strano, c'era qualcosa che non le quadrava in tutto il suo atteggiamento di quel giorno e più di una volta l'aveva colto a fissare nel vuoto sorridendo, un netto cambiamento dall'uomo il più delle volte serioso che era diventato negli ultimi tempi.

Incrociò le braccia al petto e sospirò, da un lato era contenta di vederlo più spensierato. Tante cose erano successe e tante volte il suo animo era stato segnato da profonde cicatrici, quindi, un pizzico di serenità era l'unica cosa che si augurava per lui.

"Cosa fai?". Emilia si sentì dire all'orecchio e sobbalzò, presa alla sprovvista. Subito riconobbe quella voce e disse "Non si vede? Spio mio padre".

"E perché? Ruba dalle casse?" Alfonso disse, ridacchiando.

Emilia si girò e sospirò "No, spiritosone. Solo che...".

"Solo che?" Alfonso la incitò.

Emilia sospirò "Solo che mi sembra strano, a te no?".

Alfonso ci pensò qualche attimo e poi disse "Non più del solito, a dir la verità. Oddio, sì, forse un po' più allegro degli altri giorni, ma niente fuori dal normale".

Emilia sospirò e si girò di nuovo verso suo padre "Forse sono io che vedo fantasmi dove non ci sono".

Alfonso le poggiò le mani sulle spalle e sorrise "Dai, torniamo dentro e lasciamo che il ragazzo finisca di guadagnarsi la giornata" e rientrarono, ridacchiando.

***

"Madre? State uscendo?" Tristàn chiese, vedendo sua madre scendere le scale, pronta per uscire.

Francisca gli rispose frettolosamente "Ehm, sì figliolo".

"Siete appena rientrata, cosa dovete fare di nuovo in paese?" le chiese, stranito.

Francisca guadagnò qualche secondo mentre sistemava la borsetta e poi gli rispose "Devo andare a confessarmi. Ieri, tra le altre cose, non ho nemmeno potuto fare quello" concluse, forzando una risata.

Tristàn sembrò ancora confuso e le disse "Permettete che vi accompagni? Devo incontrare alcuni amici prima che ripartano".

Francisca si fermò e sospirò, chiudendo gli occhi e girandosi verso di lui "Tristàn, non c'è bisogno che mi accompagni per la mano fino in paese. Quello che è successo ieri, ti assicuro, non accadrà più. Se rimarrò di nuovo bloccata per il maltempo, pagherò profumatamente qualche ragazzo affinchè venga ad avvisare qui alla villa" gli disse con tono un po' annoiato.

Tristàn scosse la testa "Va bene, non vi nascondo che mi sentirei più sicuro ad accompagnarvi per oggi, solo per oggi, per mettermi il cuore in pace. Ma vi giuro che non sarà un'abitudine. Non sapete come sia stato in pensiero, ieri".

Francisca lo guardò, accennando un sorriso e accarezzandogli la guancia "E va bene, tesoro. Ma solo per oggi" e i due si sorrisero, prendendo i soprabiti e avviandosi in paese.

***

Raimundo uscì nuovamente dal cortile dopo l'ennesimo viaggio, asciugandosi la fronte con la manica della camicia, pronto a caricarsi in spalla un'altra pesante cassa.

Come un fulmine a ciel serenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora