Prologo

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"Ehi, mi hai pestato il piede, cretino!"


"Ooooi... vuoi guai, rossa slavata?! Vuoi morire prima di essere anche ammessa a questa scuola?!"

Nel brusio carico di tensione che precedeva l'inizio del test di ingresso, le urla di due ragazzi avevano in qualche modo calamitato l'attenzione di tutti, generando reazioni variegate: risatine, imbarazzo, versi di scherno.
Al centro della sala si fissavano in cagnesco due ragazzi, un maschio e una femmina: il primo era un ragazzo abbastanza alto e piazzato, capelli biondo cenere e un'espressione che definire arrabbiata sarebbe riduttivo, chino su una ragazza che poco mancava fosse la metà di lui; lei, nonostante la disparità di altezza, lo fissava senza cedere di un millimetro il passo, fissando i suoi occhi da serpente color dell'oro in quelli del ragazzo. Si alzò sulle punte dei piedi in modo che fosse a pochi millimetri da viso del biondo e quindi, con voce graffiante, prese a rispondergli:

"Che c'è, non sai inventarti nulla di meglio per apostrofarmi se non usando il colore dei miei capelli, testa di porcospino?! Se proprio vuoi chiamarmi in qualche modo, usa il mio nome, Reiko Kobayashi! Per te Kobayashi-sama!" disse la ragazza, passandosi una mano tra i capelli e sfiorandosi una delle due strane antenne sul suo capo.

"Pff... se avessi voluto prenderti in giro ti avrei chiamato tappetta rompicazzo, ma vali meno di zero per me!" disse ringhiando il biondo, generando dalle mani delle piccole esplosioni. Allo stesso modo, la ragazza prese ad emettere scariche elettriche di un rosso acceso.

La situazione stava degenerando rapidamente e la tensione era palpabile, finché una voce, quasi atona, dal gruppo, non biascicò:

"Potreste far silenzio e calmarvi? Non so voi, ma io vorrei passare questo test di ingresso, e non ho intenzione di prendermi una penalità perché voi volete fare a pugni contro dei bersagli che non danno punti..."

Era stata un'altra ragazza a parlare, dal viso imperscrutabile e dai capelli di un blu spento incorniciati da un paio di corna, Atsuko Katsuo; fissava il vuoto della grossa stanza in cui stavano attendendo l'inizio del test, ma ovviamente non aveva gradito quello che stava succedendo.

"...che scocciatura..." disse la seconda ragazza, generando una certa ilarità nel gruppo.

La ragazza dai capelli rossi e il ragazzo divennero rossi come peperoni e, a passo svelto, si allontanarono l'uno dall'altro mentre tutti i loro compagni di avventura tornavano concentrati sulla loro prova, fissando i foglietti con su scritti i loro dati e l'aula dove avrebbero svolto il loro test.
Il biondo fece cadere il suo foglietto camminando impettito e passando di fianco ad una ragazza apparentemente divertita, con indosso una maglia con un disegno ispirato ad un famoso anime e il viso incorniciato da corti capelli rossi. I brillanti occhi verdi della ragazza riuscirono a catturare al volo il nome impresso sul foglietto, "Katsuki Bakugou", prima che quest'ultimo le sbraitasse contro:

"EHI, CHE HAI DA GUARDARE ANCHE TU, OTAKU DI MERDA!"

Il ragazzo generò ancora delle esplosioni da tutto il suo corpo, andando via ancora più infuriato, ma la ragazza contro cui aveva sbraitato non la smetteva di ridacchiare:

"E niente... è proprio uno tsundere lui... eheh!" si disse sottovoce, rigirandosi tra la mano la collanina dorata che portava al collo. Si fissò anche lei il foglietto che le avevano dato: era strano vedere il suo nome su un foglietto di ammissione alla U.A., ancora non riusciva a crederci.

Kokoro Kyoriido stava per affrontare il test di ingresso per diventare alunna nell'elitaria scuola per supereroi, la più prestigiosa del paese, e con lei anche quel tale Bakugou, che però aveva abbandonato l'aula, forse troppo imbarazzato dall'ammettere di aver sbagliato sala di attesa, quella scontrosa e folgorante Reiko e persino quella ragazza pacata che, con poche parole, aveva messo tutti di nuovo di fronte alla dura realtà: non c'era tempo per i litigi da ragazzini, poiché stavano per affrontare il primo, importantissimo passo verso il sogno di una vita intera.
Erano tutti vestiti con tute diverse dai colori più o meno sgargianti, e tutti riscaldavano i loro quirk, che fossero fisici, energetici, mutazioni poco importava. Nella loro diversità, tutti quei quindicenni avevano un unico grande sogno che li accomunava: diventare dei veri Eroi, e essere bocciati a quel test poteva benissimo essere la fine di quel sogno.

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