Where my heart is

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Ciao a tutti!

Siamo Anto e Mari (hequalouti) e per la prima volta in otto anni che ci conosciamo abbiamo deciso di scrivere una storia a quattro mani. Prima di lasciarvi alla lettura, sempre se la volete leggere (in caso contrario, perché state leggendo questo messaggio?) volevamo precisare un po' di cose. Abbiamo deciso di scriverla perché la canzone di Louis ci ha emozionato davvero tanto e a fine serata (sì, l'abbiamo cominciato ieri sera e finita oggi) eravamo così ispirate che abbiamo deciso di lavorare insieme a questa cosa. La storia è divisa in due parti (entrambe sono in questo capitolo), la prima è al passato perché abbiamo raccontato quel periodo terribile, il crollo, se volete potete immaginarla in bianco e in nero mentre la seconda parte è al presente perché rappresenta questo periodo che stanno vivendo ora, la rinascita di Louis, la calma dopo la tempesta.

E be', che dire più? Buona lettura!










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Harry arrivò alla clinica con i capelli ancora gocciolanti, la t-shirt bianca non riusciva a staccarsi dalla sua pelle per via dell'umido e aveva fatto fatica perfino ad entrare nei suoi skinny neri senza essersi asciugato per bene dopo la doccia. Il fatto è che aveva ricevuto una chiamata proprio appena aveva finito di passarsi lo shampoo, e il suo telefono squillava spesso, ma non suonava mai quella suoneria, quella personalizzata che apparteneva a quella persona che per lui, nonostante tutto, significava ancora tutto. Era uscito dalla doccia di corsa per prendere il telefono e non aveva esitato a rispondere, non aveva nemmeno letto il nome del contatto sullo schermo e non gli importava che fosse stata la prima chiamata dopo anni che non si sentivano. Tempo addietro si erano fatti una promessa, sempre al tuo fianco, e lui le promesse le manteneva sempre. 

Aveva risposto al telefono mentre si dirigeva in camera per indossare i primi vestiti che trovasse e se li era infilati con molta difficoltà, provando a non far cadere il telefono e a non sembrare indaffarato perché era sicuro che se dall'altra parte Louis avesse dubitato di disturbarlo, si sarebbe sentito profondamente in colpa.

"Harry" gli aveva detto "Harry, mia madre..."

Harry non l'aveva nemmeno fatto finire, Louis gli aveva già spiegato tutto mesi prima quando, appena saputo, nonostante non stessero più assieme da un po', si era presentato a casa sua con gli occhi rossi ma come privi di lacrime, tra le braccia la voglia di essere stretto dalle sue.

"Sto arrivando" l'aveva rassicurato, poi era corso in auto con una scarpa al piede e laltra ancora in mano ed aveva messo in moto.

Quando scese dal suo SUV nero vide dei paparazzi appostati nei marciapiedi appena al di fuori della clinica che, essendo privata, non consentiva loro laccesso. Harry ringraziò il cielo per quella fortuna, perché quelle persone sembravano non conoscere lo spazio personale e nella clinica andavano e tornavano Louis e tutta la sua famiglia, più volte al giorno. Niall qualche giorno prima gli aveva detto che Louis non sembrava particolarmente annoiato dai paparazzi ma questo non laveva rassicurato: Louis quei fotografi li aveva sempre odiati, ed il fatto che ora non se ne curasse voleva solo dire che non era più il suo Louis, quello energico e solare che non si morde mai la lingua. Significava che, assieme a Jay, si stava spegnendo un po anche lui. 

Quando entrò nelledificio si avvicinò alla prima infermiera che trovò. 

"Mi scusi, sto cercando Jay Deakinson" le disse, cordiale come sempre. 

"Johanna?" domandò la donna, avvicinandosi al bancone per prendere una cartella da una sua collega. 

"Sì, lei."

Day by day // LarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora