<<Non andare... >> lo supplicó aggrappandosi alla verde pellegrina, dove sfoggiavano le Ali della Libertà.
Aveva pianto tutto il giorno, gli occhi erano gonfi quanto la luna piena che splendeva in quella serata infernale.
<<Devo farlo, sono il Capitano>>rispose severo, fermandosi bruscamente sul posto.
<<Portami con te, almeno >> azzardó il soldato, scivolando a terra, impattando con le ginocchia sul pavimento. I capelli cremisi le coprirono il volto, nascondendo a mala pena le rubre rossastre che intagliavano le gote pallide.
<<No, tu devi restare qui>> controbatté il corvino, girando di poco il volto, notando in che condizioni si trovasse la ragazza.
Era uno straccio; da quando aveva saputo della nuova spedizione, a stento mangiava. Ora non poteva vederle, ma delle occhiaie livide martoriavano quella cute così candida, creando un contrasto a dir poco violento.
Gli azzurri occhi si era spenti del tutto, lasciando spazio a delle iridi sfocate, quasi grige.
Sentì il lembo della mantella tirare, come ad invitarlo a raggiungerla, ma non poteva. Sapeva benissimo che, se solo si fosse chinato per carezzarle il capo, l'avrebbe stretta forte a sé e non se ne sarebbe più andato.
Ma l'ordine era chiaro e non c'era più tempo.
Lasciarla lì era la cosa più ardua che potesse fare. Separarsi da lei, dall'unica donna che fu in grado di salvarlo da quell'assurda pazzia; la donna che gli diede nuovi stimoli e motivi per continuare a lottare, a sperare, a credere ancora negli esseri umani, adesso doveva salutarla, forse per sempre.
<<Ma io devo proteggerti!! >>urlò lei, strappando un pezzo di tessuto.
Si rese conto in un attimo di non avere più un contatto con il Capitano. D'istinto sgranó gli occhi e si gettó sugli stivali del corvino, avvinghiandoli gelosamente. Strinse le caviglie dell'uomo così forte da riuscire a sentire le vene pulsare sotto il suo tocco.
Levi rimase immobile, non le avrebbe mai giocato un tiro mancino, mai e poi mai.
<<Mi stanno aspettando>> dichiarò con il suo solito tono roco, ma allo stesso tempo pacato e mansueto.
<<Fammi venire con te>> ripeté nuovamente, sperando di convincerlo.
Aveva già perso.
"Non posso, non posso..." si ripeteva il corvino, cercando di acquietare quelle due entità nella sua testa che non facevano altro che bisticciare dal giorno in cui venne a sapere della missione. Cercava, ogni giorno, di farsi forza, di prendere coraggio e varcare quella soglia senza troppi ripensamenti, attraversandola come faceva tanto tempo fa. Ma adesso aveva un vero motivo per restare, adesso c'era lei, alla quale era stato affidato il comando di perlustrare altre zone, di cercare nuovi indizi. Per la prima volta dovettero dividersi e, conoscendo il decorso degli eventi, sapevano benissimo che quello poteva essere il loro ultimo giorno.
Levi, improvvisamente, girò i piedi, dirizzando la punta degli stivali contro le gote della rossa. Si accovacció su di lei, mise le mani sotto le ascelle della giovane e la tiró su in piedi, contraendo addominali e bicipiti.
Sembrava di sollevare una piuma e la cosa gli fece raggelare il sangue.
Le spostó le ciocche cremisi dal volto, potendo finalmente notare quegli occhi che, seppur spenti e stanchi, gli facevano battere il cuore a mille.
<<Come pensi di mandare avanti il plotone in queste condizioni? Ti rendi conto che stai diventando pelle ed ossa? >> la schernì con tono quasi aggressivo, cercando di ridestarla da questo stato vegetativo.
<<Ci eravamo fatti una promessa>>rispose con un filo di voce la ragazza, digrignando i denti. Le guance erano completamente infossate e si potevano vedere benissimo i tendini che si distendevano sulla cute, all'altezza della mandibola.
<<Gli ordini sono ordini, o forse non sai più cosa voglia dire essere un soldato? >> continuò a porle quesiti, in maniera arrogante e quasi presuntuosa.
"Marianne, torna in te" pregava in cuor suo, cercando di poterla davvero farla tornare quella di prima.
<<Avevi detto che ero uno tra i migliori ricognitori che avessi mai conosciuto >>ribatté, lasciando che gli occhi si colmassero di lacrime amare, annebbiandole la vista.
"Non mi lasciare Levi, ti prego" pensó lei, cercando di fargli arrivare quel messaggio così disperato e maledettamente sincero. Non poteva sopportare l'idea di non rivederlo mai più, di non poterlo più stringere, toccare... Baciare. Ad ognuno di questi pensieri, le gocce scendevano copiose sulle sue gote, umidificando la cute del viso.
<<Il soldato che conosco io non si rammollisce in questo modo >> le laceró l'orgoglio, sperando di avere una risposta.
<<Il Capitano che conosco mantiene le promesse date>> esclamò, partecipando al suo gioco.
<<Non sto infrangendo nessuna promessa >>rispose risoluto.
<<Ah no ? >> disse sarcastica, picchiettando lo stivale a terra.
<<No>> fece secco Levi.
<<Mi avevi chiesto di salvarti, di stare al tuo fianco, ora e sempre >> gridò Marianne, tendendo al massimo le corde vocali. Era sfinita, esausta.
Fece dei lunghi e grossi respiri, dopo quell'urlo straziante. Aveva bisogno di ossigeno, di aria nuova, di speranza.
Levi le poggió una mano sulla spalla destra. Lei sobbalzó appena, interrompendo immediatamente il contatto ed abbassando lo sguardo. Fu allora che il Capitano, disperato, le prese le spalle, calzando bene le dita sulle articolazioni della ragazza.
La rossa mugoló appena, rendendosi conto che, tempo fa, quella stretta non le faceva mai male.
<<Marianne, guardami>> ordinò con un tono rassegnato, ma sempre roco e scuro.
La giovane esitó per qualche istante, ma poi si arrese a quel comando.
<<Davvero pensi che io possa varcare quella soglia con tanta leggerezza? >> domandò, senza la necessità di avere una risposta.
<<Credi sul serio che io mi sia dimenticato di tutto quanto? Delle nostre promesse, dei progetti, del mondo che vogliamo costruire, del fatto che ti amo e non riesco ad uscire di qui? >> esclamò Levi, tutto d'un fiato. Era da tanto, troppo tempo che voleva dirglielo, confessare quelle due parole, così corte ma piene di significato. Non glielo aveva mai detto fin'ora e forse aveva davvero trovato il momento adatto.
Marianne sgranó gli occhi, incredula. Non poteva davvero credere alle parole appena udite. Sentì il cuore accelerare i battiti, il sangue pulsare nervosamente nelle vene. I muscoli, quei pochi che ancora erano attivi, si distesero nell'udire quelle parole. La pelle iniziò a scaldarsi velocemente.
Si maledì per tutto; per aver creduto che la stesse abbandonando, per aver pensato che si fosse dimenticato dei loro patti, della complicità che li legava e li teneva uniti da quella sera, nell'ufficio di Ackerman. Si maledì per aver dubitato dei sentimenti del suo Capitano, per non avergli dato fiducia.
<<Levi... Io... >> cercó di parlare, a stento.
<<Lo so, Marianne, non pensare che doverci separare non abbia mandato fuori di testa anche me>> confessò, cingendole la vita e lasciando che la ragazza poggiasse il mento sulla sua spalla sinistra. Il corvino incastró le sue mani tra le increspature cremisi, annodando delle ciocche tra le dita.
<<Sei l'unica che può guidare il plotone restante, se tu ora venissi con me saremmo spacciati >> disse, con un nodo alla gola di dimensioni esorbitanti.
<<Ma se io venissi con te, forse... >>cercó di trovare una soluzione, inutilmente.
<<No>> fece lui, staccandosi dall'abbraccio e appoggiando la frangia sulla fronte della ragazza.
<<È l'unico modo... >>sibiló il Capitano.
Marianne, deglutendo rumorosamente, portó le mani sulle guance del corvino. Sentì di tutto: lacrime, cicatrici, zolfo e qualche piccola scheggia rimasta intrisa nella carne. Quella pelle, così vissuta, le sarebbe mancata da morire. Quegli occhi grigi, socchiusi e contornati da quelle occhiaie così pronunciate non li avrebbe mai dimenticati. Carezzó un ciuffo corvino, nero come la pece, perfettamente in contrasto con la sua cute pallida.
Era ora.
Non c'era più tempo.
<<Preparerò i ricognitori ad affrontare la missione pattuita ma sappi, Levi, che resterò in vita per poterti proteggere ancora e ancora una volta>> giurò, mettendo la mano destra sul cuore. Inutile dire che le lacrime erano tornate copiosamente a scorrere sul suo viso.
Levi la strinse forte, quasi ad inglobare il corpo della rossa nel suo, come a volerla portare con sé.
<<Vivi Marianne, te ne prego>> la supplicò, lasciando poi che le sue sottili labbra si incastrassero con quelle carnose e morbide della ragazza, facendosi inebriare da quell'odore che, a mala pena, poteva salutare così. Premette ancora di più la bocca contro quella di lei, impregnandola per bene di ricordi, patti e sogni.
<<... Vivi >> le disse nuovamente, riprendendo fiato.
<<Te lo prometto, Capitano>> disse lei, sentendo le braccia di Levi allontanarsi a poco a poco dal suo gracile corpo.
Aveva freddo.
Il giovane si mise il cappuccio in testa e, senza più voltarsi, uscì da quell'edificio.
Non appena la porta si chiuse, Marianne crolló sulle ginocchia, poggiando i palmi per terra.
<<Ti amo>> pronunciò tra le lacrime, stringendo il tessuto strappato in precedenza.
<<Ti amo>> esclamò Levi, appoggiato contro la porta in legno massiccio, mentre una lacrima rigava il suo volto.Salve cari lettori,
Eccomi qui, di nuovo a raccontare di questi due. Ormai sono il mio pane quotidiano
Questa breve storia nasce in un pomeriggio in cui, per fortuna, l'ispirazione decide si guidare la tua mano ed allora non fai altro che assecondarla.
Io spero che vi possa piacere come è piaciuta a me scriverla!
Lasciate un segno del vostro passaggio.
A presto!!
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Goodbye
FanfictionNon ci si vorrebbe mai separare dalla persona che si ama. Se fosse possibile, vorremmo poterle restare accanto per tutta la vita, portarla con noi in ogni dove, purché ci stia vicino. Eppure, non sempre questo è possibile. Chissà come si comporteran...