Capitolo uno.

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Ero stanca, estremamente stanca della mia vita così monotona, ma infondo avevo solo 19 anni, ero solo all'inizio.

La mia famiglia, se si puó chiamare così, era l'opposto di quella delle favole, l'esatto contrario che una ragazza che vede la mia vita dall'esterno crede che abbia: mamma e papà lavoravano quasi sempre, in pratica tornano a casa solo per cena, se tornano visto che mio padre lavora insieme ad una equipe di medici per cercare la cura contro la Sindrome di Marfan, una malattia getica al momento non curabile.

Non che il suo lavoro mi interessasse, intendiamoci, lo sapevo solo perché quando era a casa non parlava d'altro e poi all'università mi avevano riempito la testa con quelle cazzo di malattie genetiche. Che poi nemmeno quello mi avevano lasciato scegliere, loro hanno mandato le lettere di richiesta di ammissione alle varie università, da loro selezionate, e sempre loro hanno deciso, senza mai prendere in considerazione il mio pensiero al riguardo.

Io cosa facevo in tutto questo? Oltre a dover subire i loro voleri?

Io dovevo prendermi cura di Alison, mia sorella minore che, fortunatamente, sembrava l'unica a capirmi in quella casa. Non ero l'unica a combattere contro quella gente, almeno. Lei aveva dodici anni ma era molto più matura rispetto alle altre ragazzine della sua età, per questo mi confidavo molto con lei.

Desideravo una vita totalmente diversa da quella che avevo, volevo diventare una fotografa, invece no perchè loro dovevano sempre rovinare tutto, perchè io, come loro, dovevo seguire le loro orme, io dovevo essere come loro anche se non lo volevo, io dovevo diventare qualcuno di importante per il mondo, esattamente come loro. Ah si, e per loro intendo i miei genitori.

Mentre pensavo a quanto facesse schifo la mia vita, a quanto l'avevo immaginata diversa quando ero bambina, non mi ero nemmeno accorta di essere arrivata a casa. Digitai il codice di sblocco del cancello della villa in cui abitavamo, attraversai il giardino che portava al porticato e cercai le chiavi dentro alla mia borsa ma non le trovai, così dovetti suonare aspettando che qualcuno mi venisse ad aprire. Dopo pochi secondi si presentó quella peste di Alison e mi saltó letteralmente addosso togliendomi il fiato e facendomi perdere per qualche istante l'equilibrio.

"Tu sei pazza." Le dissi ridendo cercando di rimanere in piedi e non cadere; lei mi rispose semplicemente con una linguaccia.

Salutai i miei freddamente, come sempre dopo tutto e, dopo aver abbandonato il mio cappotto su una delle infinite poltrone della casa, mi diressi di sopra verso il mio bagno per fare un lungo e rilassante bagno caldo. Era novembre e il freddo iniziava a farsi sentire, i corsi alll'università erano iniziati ormai da due mesi e io odiavo sempre di più quella cazzo di scuola, che, come già ho detto, non avevo potuto scegliere io. Tutte quelle cazzo di materie complicate mi facevano schifo. Principalmente seguivo soprattutto lezioni da privatista dato che dovevo fare anche da baby-sitter a mia sorella. Avevano i soldi abbastanza per pagare chi volevano per fare da balia ad Alis ma sinceramente non volevo che la sua vita diventasse uguale alla mia.

Dovevo diventare medico solo perchè era il lavoro che faceva mio padre, come ho detto, ma io odiavo gli aghi e quegli attrezzi strani e soprattutto odiavo qualsiasi cosa avesse a che fare con il sangue, non avrei mai potuto fare quel lavoro. Ormai peró era da un anno che mentivo e portavo avanti quella falsa, un anno che vivevo in un bugia. Un anno che invece di frequentare delle lezioni all'università avevo aperto nel cuore di Los Angeles un negozio di fotografia con Agnes, la mia migliore amica, di ventun'anni, e altri amici. In pratica era un anno che la mia famiglia era all'oscuro della mia vita. Credevano ancora alla storia che il negozio fosse di Agnes e che io andassi ad aiutarla nel weekend ogni tanto quando mi chiedeva aiuto, poveretti. Solo Alis lo sapeva, lei sapeva tutto di me.

Mi distrasse dai miei pensieri la voce stridula di mia madre "È pronta la cena Elisabeth, esci da quella doccia!" Disse con la solita dolcezza.Non le risposi nemmeno, non lo facevo quasi mai, uscii dalla doccia, mi asciugai il corpo e mi misi la mia solita felpa grigia, quella che tenevo sempre in casa, che mi arrivava fin sotto il sedere, un paio di calzini e mi legai i capelli in una crocchia disordinata.

Mentre scendevo al piano di sotto mi immaginai già la romanzina di mamma sul fatto che stavo sempre delle ore sotto alla doccia ma ormai ci ero abituata quindi poi quando me la faceva, ogni volta, non la ascoltavo nemmeno; non ci feci caso nemmeno quella volta.

"El è giá la centesima volta che ti dico di muoverti da quella doccia, dobbiamo sempre aspettare te per mangiare e la cena si fa fredda, Louise non può cucinare ventimila volte al giorno, siediti." Sospirò guardando la mia felpa con disprezzo, la odiava.

Louise comunque è la governante.

Io continuai ad annuire facendo entrare il tutto da un'orecchio per poi farlo uscire dall'altro. Mi misi seduta al mio posto, quello vicino ad Alison e iniziai a mangiare in silenzio.

Sarebbe stata una lunga serata, come sempre dopo tutto. Mio padre avrebbe parlato di lavoro, mia mamma avrebbe fatto domande relative all'università, Alison avrebbe finto di mangiare le verdure che sembravano crescerle nel piatto e io mi sarei inventata le ennesime cazzate su corsi ed esami.

Mi domandavo solo quando tutto quello avrebbe avuto fine.

#SPAZIOAUTRICE

Ciao siamo Fede e Bi e questa è la nostra prima FF insieme. Questo è il primo capitolo, che tra le altre cose abbiamo scritto questa mattina, e speriamo vi sia piaciuto. Se vi è piaciuto votatelo e lasciate un commento. Al momento siamo ancora all'inizio ma speriamo la storia vi intrighi un po'. Aggiorneremo il prima possibile.

Baci,

Fede e Bi xx

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