CAP 34

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"Ti stavo aspettando"

Disse Federica aprendomi la porta di casa sua.
Le rivolsi un lieve sorriso, poi cercai con lo sguardo Tommaso. Non c'era.

"Hai preso una decisione?"

Stavo pensando ad altro e probabilmente la bionda se ne accorse.

"Mi stai ascoltando?!"

"Dov'è Tommy?"

Dissi soltanto, entrando in casa.

"Senti Niccolò...."

"Prima voglio vedere Tommaso. Dov'è?"

Federica si passò una mano fra i capelli. Aveva delle grandi occhiaie sotto agli occhi. Probabilmente aveva dormito poco, come me aveva continuato a pensare a quello che sarebbe successo da lì a una settimana.

"È di là... Però non vuole che entri. Ha messo tutti i suoi giocattoli davanti alla porta."

"Come mai?"

Chiesi sorpreso.

"Non ho capito molto bene, ma probabilmente ci è rimasto male per ieri. Avevi detto che saresti andato a giocare con lui ma te ne sei andato senza salutarlo."

Non potevo crederci. Ora anche mio figlio ce l'aveva con me?

Mi diressi nella sua cameretta.

" Hey Tommy! Papà é qui, fammi entrare"

Dissi aprendo uno spiraglio alla sua porta. La barricata che aveva costruito non era tanto solida, infatti mi bastó aprire leggermente la porta che tutti i giochi collarono, facendo un gran fracasso.

"Guadda cosa hai cobbinato papà!"

Dissi Tommaso con il suo italiano ancora incerto e con un viso palesemente imbronciato.

"Scusami... Ma non riuscivo ad entrare."

"No devi entare!"

"E perché no?"

"Pecche sei cattivo. Ieri non sei venuto a giocae con me"

Quelle parole mi ferito o parecchio. Spesso, da piccolo, mi capitava di dire ai mie genitori sei cattivo/a. Li per li non ci davo tanto peso. Probabilmente il mio intento era solo di fargli capire quanto ero arrabbiato. Ma ora capivo come si sentivano loro invece. Faceva molto male. Lo presi come... Un fallimento. L'avevo deluso.

"Mi dispiace tanto, piccolo. Ieri sono dovuto scappare perché avevo... Un problema al lavoro."

Mi dispiaceva mentirgli, ma non sapevo cosa inventarmi. Era ancora troppo piccolo per capire.

"Ora però sono venuto per giocare tutto il giorno con te!"

Dissi questa frase con molta enfasi, ma dai miei occhi si poteva capire che non ne avevo tanta voglia. Non fraintendetemi, ero contentissimo di passare molto tempo con Tommaso, ma di giocare... Non era proprio il momento giusto.

Comunque, il musetto imbronciato di mio figlio venne subito sostituito dalla sua solita espressione allegra.

"Vieni papà, giocamo co la macchina dei poppieri."

Disse, raccogliendo da terra la sua macchinina rosso fuoco. Aveva già dimenticato tutto. Era proprio bello essere bambini, così liberi da tutti i problemi del mondo...

Giocammo per tanto tempo. Con lui le ore passarono velocemente e arrivó presto la sera.

Federica era insieme a noi.

IL CAPOLAVORO CHE È IN ME ||ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora