Si strinse nelle spalle, il fiato corto ed i sensi in all'erta, vigile, attento a ciò che lo circondasse.
Acuì l'udito ed assottigliò le labbra, immobile come una statua di sale fra i passanti, in attesa; poi, una marcia ritmata e distinta gli punse le orecchie, accrescendo di intensità mentre lo affiancava.
Si aggrappò alle bretelle con forza, il viso parzialmente occultato dal cappuccio nero e la spalla schiacciata contro la colonna di plastica.L'uomo avanzò di qualche passo, ed il giovane sentì annaspare dentro di sé la speranza di non essere inseguito, segnalato ed arrestato.
Una rozza e grossa mano si artigliò al cinturone di cuoio scuro, mentre l'altra sistemava il berretto blu sul capo calvo.
Il ragazzo si sporse a malapena, lo zaino ciondolante sulla spalla e la voce metallica rimbombante nella stazione, che gli ricordava di dover affrettarsi per rispettare l'orario dell'appuntamento, come ogni giorno da anni.
La guardia assottigliò gli occhi infossati e sporse il labbro baffuto in un chiaro segno di nervosismo, prima di stringere i pugni sui fianchi ed attraversare ad ampie falcate la galleria, con fare vagamente intimidatorio che gli ricordò il personaggio di un cartone per bambini.-Hey, lei!- gridò ad un senzatetto con una sacca logora di cotone fra i palmi sporchi, prosciugato nei suoi abiti da una fame impietosa ed un'esistenza amara.
Ma non aveva tempo per provare compassione e rimuginare sulla condizione di quell'individuo che, sapeva bene, fosse un docile uomo che era stato condannato da un fato ben poco benevolo ed una famiglia altrettanto spietata.
Afferrò anche l'altro bracciolo, prima di correre fra i mille cuori erranti di quella stazione, risucchiato e perfettamente amalgamato nella folla, mimetizzandosi con essa nel modo più efficace possibile.E poi eccolo lì, silenzioso e ad agognare pazientemente il suo ritorno per essere accarezzato ancora una volta, che non si sarebbe mai rivelata l'ultima.
Non lì, non quel giorno.Saggiò piano con i polpastrelli la pelle consumata del cuscino affisso allo sgabello, per poi accomodarsi su di esso in un fluido movimento aggraziato, senza fretta.
Posizionò cautamente il piede destro sul pedale di risonanza ed i polsi paralleli alla tastiera.Inspirò piano. Espirò.
Un accordo, note che si accavallavano fra di loro, sommandosi, convergendo in un unico suono che si levò nell'etere inquinata, perdendosi nell'eco di mille passi scoordinati.
Furono insonorizzati, tutti quei rumori che lo avvolgevano come un mulinello di insensatezza, annullandosi sino a diventare il palco su cui la passione avrebbe preso vita, nutrendosi della melodia che scivolava sulle corde vibranti.Gli accordi sussurravano nelle orecchie delle persone che avrebbero dovuto rifuggire il flutto che le avrebbe travolte, lasciandole a bocca aperta e col nodo della commozione in gola, stretto dalle dita del giovane talento nascosto, insicuro, spaventato.
Il piede si sollevò lentamente dal pedale, sfumando le note e trattenendole al contempo con i tasti d'avorio pigiati dai polpastrelli.
Poi, una morsa gli strinse lo stomaco ed un tripudio di note esplose come un fuoco d'artificio nel ventre della notte.
Lo strumento prese vita e con esso una fiamma divampò nelle esili braccia del pianista, mentre il suolo sotto la scarpa vibrava per lo sbattere dei martelletti, come un terremoto cui epicentro era quella silente virtù.Il pianoforte emetteva il suo canto come una creatura fantastica, incantando i viaggiatori e trattenendoli qualche istante di più, catturandoli e rapendoli nella sua magia.
Le dita si rincorrevano e le note rimbalzavano impazzite sulle pareti ingiallite della stazione, sui vetri incrostati delle finestre luride, turbinando intorno al corpo del loro creatore come marionette legate alle mani sottili ed agili.
Venivano gettate al vento, e sfioravano i petti delle persone che riuscivano a toccare, non troppo lontane dalla fonte di quel flusso travolgente, penetrando le ossa e aggrappandosi alle loro anime. Percorrevano la struttura come saette frenetiche, ed una di loro sgattaiolò fra le suole inquiete, evitandole fino a risalire lungo la gamba di un passante, per poi artigliarsi alla schiena ed arrestare il suo passo.
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The last bar
FanfictionTUTTI I DIRITTI RISERVATI Levi Ackerman, come ogni singolo giorno, si rifugia nella sua routine costituita da metro, musica e sogni intrappolati in un passato amaro. Ed è proprio una mattina che, recatosi nella stazione parigina, ode in lontananza...