ATTENZIONE: LEGGETE QUESTA PREMESSA E SENTITE IN CHE GUAIO MI SONO CACCIATA.
Questa storia la dovrò pubblicare sul giornalino della mia scuola. Il che significa che lo leggeranno tutti, compresi i miei prof e i miei compagni. E già qui sono in ansia e mi sto chiedendo cosa abbia fatto di male nella vita e cosa mi sia venuto in mente. Intanto non so se sia adatto al mio pubblico, in più devo essere sicura sia PERFETTO, quindi ho bisogno che voi mi esponiate ogni critica e correzione di cui siete capaci (per favore, per favore, per favore). Dovevo farlo di una pagina e mezzo ma è stato un parto, non mi piace moltissimo com'è venuto ma ho tempo per rifarlo da capo. Quindi per favore aiutatemi (anche per il titolo, non mi convince). Grazie mille in anticipo!
PS: so che è corto, ma è il massimo che posso fare...Non poteva difendersi, non sarebbe riuscita nemmeno a scappare.
Dietro di lei una parete di roccia umida e fredda la bloccava di fronte a quel mostro, quella macchina assassina mandata per lei e che ora le stava davanti ostentando una fiera determinazione, la lama stretta con fermezza nel suo pugno brillava riflettendo la luce del sole che entrava dall'unica apertura della sua dimora.
Non la guardava direttamente, nonostante tutto aveva paura di lei, ma si vedeva non avrebbe comunque esitato un secondo.
I suoi occhi superbi e colmi di furia omicida le davano il voltastomaco, provava un misto di paura e rabbia verso di lui che le faceva tendere ogni sua terminazione nervosa.
Respirava piano, quasi avesse paura che qualsiasi sua mossa avrebbe potuto farlo scattare all'attacco, ma i suoi occhi si muovevano frenetici cercando qualsiasi cosa avrebbe potuto utilizzare come arma contro di lui, pensando contemporaneamente a come raggiungere lo stesso.
Avrebbe dovuto essere veloce, più veloce di quanto non era mai stata, non sarebbe morta senza combattere, neanche in quel momento, nonostante la sua migliore difesa fosse stata invalidata.
Come una foglia caduta che viaggia lenta in balia della corrente del fiume non sa che presto arriverà alle rapide, così lei non si sarebbe mai aspettata ciò che le sarebbe successo e il pericolo che le si avvicinava silenzioso, alla pari di un predatore mimetizzato nell'erba alta e pronto a colpire.
Per molto tempo era stata in pace. Una quiete lunga e duratura, lontano dai pericoli e da chiunque altro non fossero le sue sorelle. Sapeva che l'equilibrio che aveva creato con tanta fatica era fragile quanto il primo strato di ghiaccio formato su un lago all'inizio dell'inverno, eppure con il tempo si era adagiata nella pericolosa convinzione che non le sarebbe successo più niente.
Erano venuti in molti a cercarla, gli occhi assatanati e qualsiasi tipo di arma in mano, tutto solo per poter esporre la sua testa come un trofeo di caccia.
Si era nascosta per molti anni, dopo la prima volta era riuscita a trovare un posto sicuro, ma in un modo o nell'altro veniva sempre scovata.
Non avrebbe supplicato, aveva smesso di farlo molto tempo addietro, perché non li avrebbe fermati, non voleva dipendere dalla pietà di chi avrebbe usato le sue preghiere contro di lei.
Li aveva sempre respinti e forse fu questo a farle pensare di essere invincibile. Aveva smesso di avere paura molto tempo addietro, o almeno lo pensava, eppure la sua era solo la sciocca arroganza di avere un'arma potente al suo fianco.
Le sembrava di essere ritornata a quando era giovane e sola, inerme tra le grinfie di un'aquila spietata, ammirata da tutti, nonostante la sua ferocia. Li sentiva ancora addosso quegli artigli che le si conficcavano nella pelle per tenerla ferma ed evitare che si dimenasse.
Da quel momento le erano stati dati i mezzi per cambiare, per non dipendere mai più da un aiuto che non sarebbe arrivato, per guarire le ferite ed evitare che se ne aprissero delle altre. Quel giorno aveva capito come non bastasse non nuocere a nessuno per evitare che altri la ferissero e dovette adattarsi alla verità che le si era presentata.
Il suo cuore le sembrava battesse al ritmo di un tamburo di guerra, ma non avrebbe mai mostrato al suo avversario quanto avesse paura, sarebbe stata la prima vittoria per quest'ultimo.
Si sentiva in trappola più di quanto non si sentisse da tempo immemore, le pareti parevano stringersi attorno a lei schiacciandola e togliendole il respiro, tanto che ormai boccheggiava per cercare di aspirare quanta più di quell'aria umida potesse, nonostante fosse pari a piombo fuso che le appesantiva i polmoni.
Non voleva morire, non dopo essere sopravvissuta a così tanto.
Chiedeva solo di essere lasciata in pace, eppure c'era sempre qualcuno a cui dava tanto fastidio la sua esistenza da scomodarsi per venirla a cercare, nemmeno fosse la peggiore tra i criminali.
L'individuo davanti a lei, che aveva studiato attentamente le sue reazioni nei secondi che erano trascorsi, si mise in posizione pronto ad attaccare.
Era costretta agire in fretta, non aveva più tempo. Aveva adocchiato uno dei bastoni che usava per non scivolare quando percorreva le strade sdrucciolevoli con le sue sorelle, appoggiato alla parete affianco a lei.
Si mosse repentinamente ad afferrarlo, come un animale in trappola che si aggrappa alla vita con ogni suo mezzo possibile ―mordendo e dimenandosi contro un nemico che gli teneva già le zanne attorno alla gola― allarmano l'avversario, che, contemporaneamente, si diresse verso di lei e, chiudendo gli occhi, mulinò la spada.
Un solo colpo affondò nelle carni come fossero burro e recise le vertebre cervicali come legno secco.
La testa mozzata cadde come un frutto maturo, il corpo si accasciò a terra e il bastone che stava per alzare davanti a lei per proteggersi le scivolò dalle mani.
L'uomo aprì gli occhi, ammirando ciò che aveva fatto. Il capo senza vita conservava l'espressione terrorizzata della donna, gli occhi chiusi istintivamente nel momento prima che calasse la spada e la bocca spalancata in un grido silenzioso, che metteva in evidenza le zanne simili a quelle di un cinghiale. Il sangue scuro scorreva copioso sul pavimento di pietra e intorno al volto i serpenti che costituivano la sua chioma si agitavano frenetici sibilando, simili alla coda mozzata di una lucertola, cercando di scappare dal corpo a cui erano attaccati nell'ultimo spasmo di vita che gli rimaneva.
Perseo sorrise soddisfatto lasciando cadere a terra lo scudo di bronzo e la spada sanguinolenta. Era stato più facile di quanto avrebbe immaginato, quell'orrida creatura gli avrebbe fatto guadagnare molta gloria una volta esposto il bottino della sua impresa.
Afferrò riluttante il cranio per le serpi, che ormai erano espirate, e lo buttò in una sacca, per non dover più guardare il suo viso rivoltante, dirigendosi verso l'uscita dello squallido buco che era diventato la dimora di quell'abominio. Aveva trionfato dove molti avevano fallito, liberando quelle terre da una piaga che per anni aveva terrorizzato la popolazione. Medusa era stata sconfitta.
STAI LEGGENDO
Le zanne di chi attacca per difendersi
Mystery / ThrillerVoleva solo difendersi, essere lasciata in pace, ma non poteva fuggire davanti alla crudeltà di un mondo che la vedeva come un mostro per qualcosa di cui non aveva colpa.