Mai nella vita ero stata una cuoca provetta, anzi totalmente l'opposto: odiavo impiastricciarmi le mani, la cucina, le pentole. In più la creatività non era mai stata una mia peculiarità: dover immaginare ricette, dalle più semplici alle più elaborate mandava in panne il mio modus operandi, così strettamente legato agli schemi fissi e logici. Pensare che mia madre fosse conosciuta da tutto il vicinato per i suoi dolci strabilianti, o che mia sorella organizzasse cene gigantesche con amici e parenti mi aveva fatto sempre fatta sentire la presenza strana nella famiglia: non che io fossi mai stata legata da qualche vena caratteriale con la componente femminile della mia famiglia, anzi crescendo qualsiasi nuova sfaccettatura del mio carattere me ne faceva distaccare sempre di più.
Questa mia ennesima mancanza, agli occhi di mia madre, mi rendeva la figlia un po' strana, quella le cui diverse potenzialità non valevano la pena di essere elencate: mia madre era sempre stata molto tonda, io, se possibile, il poligono più strano e dalla forma più irregolare che esistesse. C'era anche stato un particolare periodo, così buio e triste della mia vita, in cui avevo invano tentato di avvicinarmi a lei facendomi piacere le sue passioni, ma avevo finito per sbilanciare troppo la vera me e fingermi qualcuno che non ero, anche fra le pareti domestiche, lì dove sarei dovuta essere me, in tutta la mia unicità.
Scherzando con gli amici, avevo sempre che dato questo mio "deficit culinario" avrei dovuto trovare un uomo che lo colmasse, o altrimenti avrei dovuto ricorrere ad una presenza un po' più costosa, come una governante che potesse cucinarmi qualcosa; in caso contrario, la mia dieta sarebbe stata sregolata e poco salutare come sempre. Non credevo nel destino, eppure la straordinaria passione di Harry nei confronti della cucina sembrava una caratteristica troppo strana, per essere solo una coincidenza: ciò che mai mi avrebbe intrigato, adesso riusciva a stimolare il mio interesse genuinamente e senza sforzo.
Era idilliaco guardarlo muoversi nel suo habitat naturale, quando, quasi alla cieca, si girava per pescare ingredienti e li proporzionava per istinto, senza pensarci troppo. Un'invidia bella, buona e dolce mi invadeva, nel vederlo così preso e coinvolto da qualcosa che non fossi io, eppure non riuscivo a fare di meno di apprezzarlo; fu sicuramente questo, insieme ad altri infiniti motivi, a farmi accettare subito il suo invito ad una cena nel suo pub, a porte chiuse, solo per me e lui. Avevo insistito affinché fosse nel suo giorno di chiusura, non volendo stravolgere troppo la sua già troppo serrata routine lavorativa.
"Ellie, non preoccuparti di quello, non mi pesa" aveva risposto al telefono, con voce melliflua e al suo solito tranquilla. Io, sapendo che non poteva vedermi, avevo alzato gli occhi al cielo e avevo sbuffato, esagerando il sospiro in modo che potesse sentirlo.
"A me sì invece, non voglio farti stancare più di quanto tu non lo sia" e prima che lui potesse ribattere nuovamente, l'avevo ricattato "o nel giorno di chiusura, oppure non vengo" sorrisi dietro i baffi, consapevole di averlo in pugno e anche se non potevo vederlo, sapevo che aveva alzato gli occhi al cielo.
"E va bene" aveva concesso "sei troppo testarda" aveva detto, ridendo però, come se apprezzasse quel mio evidentissimo difetto.
Ora, ero stesa sul letto, ascoltando chissà quale playlist Lo-Fi, mentre consolavo telefonicamente Rosie, completamente persa nei meandri della sua cotta, malamente uscita allo scoperto, per Jared.
"Ellie, capisci che ora sarà tutto diverso? Come posso guardarlo anche solo in faccia?" esclamò, con voce agognante. Lanciai per la milionesima volta un peluche in aria, prima di riprenderlo prima che cadesse sul mio viso, mentre la ascoltavo piangersi addosso.
"Rosie, sei hai sentito di farlo non puoi pentirtene ora" la rimproverai, amorevolmente "e se lui è così stupido da non volerla affrontare, forse non ne vale così tanto la pena, no?" sapevo di parlare di uno dei miei più cari amici, ma il suo approccio all'accaduto era stato quanto di più sbagliato e ortodosso avessi mai potuto immaginare: Jared aveva ben pensato di ignorare l'accaduto, fingendo che quel momento della serata non fosse mai esistito, e Rosie era troppo impaurita per affrontarlo.
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CANTHARIDE- [H.S. AU]
Fanfiction"afrodiṡìaco" , agg. e s. m. [dal gr. ἀϕροδισιακός «sessuale», der. di ᾿Αϕροδίτη «Afrodite», la divinità greca dell'amore, corrispondente a Venere della mitologia romana] (pl. m. -ci). - Che eccita o aumenta il desiderio e il piacere sessuale. Ell...