Fattorino

31 3 1
                                    


1

Faccio il fattorino, mi trovo davanti alla casa numero 13, che faccio, suono?
Ma sì, spero che il mio cliente si chiami "T. O. Fregato." Pizza marinara, origano capperi e sale, come se non fosse già salata abbastanza.
Suono il campanello, sento un urlo grottesco, mi aspetto a questo punto che mi apra la confrofigura di Dylan Dog.
Il meccanismo che fa aprire la porta scatta quasi in automatico al cessare del suono, varco la soglia e mi si para davanti una spirale di scale a chiocciola ascendenti.
Sono un'infinità, ma a me piace camminare, apprezzo lo sforzo fisico, devo eliminare i carboidrati che assumo spesso in quest'ultimo periodo, o più che altro, trasformarli in energia.
37° gradino, è di un bianco candido come i 36 che ho già attraversato e, presumibilmente, come l'infinità approssimativa su cui dovrò ancora poggiare i miei piedi in questa scalata.
57°, nessun mutamento, 363°, nulla da notificare.
581° sento delle note, la mia memoria le riconduce alla "Cavalcata delle Valchirie" di Richard Wagner, mi sto avvicinando in prossimità di un piccolo piazzo con vicino una porta dal colore di madreperla, continuo.
999°, Wagner, stavolta più forte, definito, imponente.
TOC-TOC-TOC, tre colpi bastano, un vento lieve mi attraversa le viscere, fino a scavarmi fin dentro l'anima, se mai esistesse.
Apre un uomo dai capelli argentei, anche se definirli in tal modo è approssimativo, sono similmente della tonalità dell'oro bianco della lega più pura, è in vestaglia porpora e ha indosso ai piedi delle pantofole di velluto di un azzurrino pastello come il cielo senza nubi di un aprile tiepido.
"Chi sei" non chiede, afferma.
"Il fattorino"
"Chi sei" continua.
"Il fattorino." Rispondo ancora pacatamente.
Ed allora capisco.
"Sono un pianeta assestante che ruota e vive senza mai entrare in collisione con entità a me simili. Sono cullato dal calore che deriva dalla concezione del mio essere unico, e sono atterrito dalla tremenda consapevolezza di essere solo."
"Entra."
L'abitazione è spaziosa, amplia e con un arredo minimalista, l'uomo mi porta in salotto, vi è un divano dal colore di panna cotta e davanti un busto scolpito nel marmo.
Lo guardo e sgrano gli occhi mettendo a fuoco, l'immagine a primo sguardo mi trasmette strani stimoli, non sono riuscito subito a darle una forma coerente, ad assimilare i feedback visivi che percepivo.
Vi è scolpita una figura umana priva di occhi, di bocca, una forma semplicemente atona ma i capelli sono chiaramente riconducibili a quelli del padrone di casa.
Mi è parso di veder brillare per qualche attimo il volto privato delle sue parti essenziali, come quando, il riflesso dei raggi solari collidono nell'acqua della barriera corallina.
Sindrome di Stendhal
Sorrido.
"Sono 4€"
L'uomo si sfila una pantofola e mettendo l'indice e il pollice nel calzino estrae un "violetto," sgrano gli occhi ma non mi scompongo.
Me lo porge.
"Resto mancia"
"Anche se è ormai fredda?"
"Almeno è salata" sorride.
"Chi sei?" questa volta sono io a rivolgergli questa domanda.
"Il vuoto."
Mi volta le spalle con la pizza marinara dentro il suo cartone e capisco che per me è ora di andare.
Guardo il busto, soffermandomi attentamente, scrollo le spalle: è solo pietra levigata.
Scendo le scale.
Tataraaataraa, tattaraatara, tattattattàà

2


5 giorni dopo la consegna nella casa del senza-volto.

Si terrà una festa stasera, selezioni di musica underground, elettronica e rock old style.
Potrebbe essere un'ottima distrazione andarci.
Decido di chiamare un mio conoscente, una persona con cui mi intrattengo i pomeriggi al mare, quando siamo lì, lui lascia libero il suo pastore tedesco mentre fuma una spinello e si stende sull'asciugamano col sole che gli bacia il volto.
Io sento il moto delle maree, guardo la sua immensità e gli eventi avvenuti e quelli che si susseguiranno mi sembrano calcolabili, prevedibili, in una coerenza stabile nel tempo, scanditi in modo ritmico, come lo scuotere delle onde.
Son seduto sul marciapiede con un leggero appetito. Mi passa davanti una Fiat Punto di un blu metallizzato, il conducente parcheggia in mia prossimità.
È il mio conoscente.
Sospiro.
Mi si avvicina con passo baldanzoso, indossa un giubbotto bombato, dei jeans e delle scarpe da ginnastica.
Ha in bocca una sigaretta di fabbrica consumata a metà.
Mi sorride scoprendo i suoi denti non proprio splendenti.
Si avvicina ed io mi alzo.
"Wei!"
Mi da una pacca sulla spalla, non adoperando quello che si suol dire, "il massimo della delicatezza."
"Comu sciamu?*" Mi chiede in dialetto.
"Bene"
"Sicuro?"
"Si"
"E sciamu*"
Sale in macchina, mi siedo sul sedile di fianco, metto la cintura.
"La fatìa come ae?*" mette in moto.
"Tutto regolare."
"Te sta faci gli sordi eh? Lurdu!*"
Sorrido e non rispondo sapendo che il mio conoscente casualmente ci aveva azzeccato scoprendo un lembo di verità in ciò che ha appena affermato.
Pigia il touch del display dello stereo, vi è inserito un supporto di memoria esterna.
One loovee, one loovee
Il mio conoscente apre uno scomparto sotto il cruscotto ed estrae uno spinello.
"Sai cè te dicu? Ca la vita è 'na cosa ca a benire comu ene! 'Na canna, lu "mangiare" e te bà curchi"
"Io invece non ho ancora capito lo scopo della vita"
"Te dicu ieu: uarda cè tegnu a manu, ete la Maria Giovanna e tocca sse fuma, tie tienu lu cazzu e tocca cu raschi però nu lu faci."
Non sono proprio d'accordo ma non gli ho detto niente.
Apro il finestrino e mi espongo verso l'aria, con il vento che sferza sulla mia pelle.
"Sai cè te dicu? Ca nà fimmena se n'cete è megghiu, se nun c'ete lo stesso se campa."
Su questo mi trovo d'accordo.
Arriviamo nel locale dopo il tempo della strada percorsa in automobile.
C'è gente varia, ognuno però non mi ispira sentimenti di curiosità verso il "nuovo", la loro fisionomia, come i loro atteggiamenti ed il loro vestiario mi sembrano riconducibili a degli stereotipi, tutt'altro che originali.
il mio conoscente sorride.
"Scia beimu!"
Andiamo al punto bar e prendiamo un bicchiere di vino rosso ciascuno.
Il sapore secco, il rosso dell'enocianina, è qualcosa che ho sempre apprezzato, specialmente dopo una pizza con le acciughe dopo una giornata lavorativa.
Arriva il dj-set.
È un uomo grasso, abbastanza attempato, con degli occhiali posti davanti a degli occhi guizzanti.
Tutti urlano, il mio conoscente salta come un bambino, mi prende con veemenza il braccio ed indica una ragazza con delle meches bionde, delle labbra carnose cariche di rossetto acceso ed un seno prominente, fisico snello.
Annuisco.
Simulo un leggero entusiasmo; chi sono io per annichilire l'entusiasmo altrui?
"Beh, sta bbau!"
E si fionda da lei mentre il deejay mixa "Feel Good Inc." dei Gorillaz rendendo la traccia ancor più allucinata.
I due ballano, lei sorride maliziosa, sfodera i suoi passi migliori, sfoggia le sue moine, lui non cede, risoluto con sguardo fiero e sereno, ora diviene maturo, le tiene testa con movimenti dosati e decisi.
È questo il gioco dell'amore.
Ma non fa per me, o almeno non con queste modalità.
Mi siedo mentre la vita fluisce in ogni direzione nel mio campo visivo.
Risa, movimento, colore, grida.
Il deejay fa un cenno con l'indice ed il barista lascia la sua postazione portando con sé 4 bicchieri contenenti del liquido trasparente, presumo siano dei Gin Tonic.
Glie li porge, ringrazia distrattamente e ne beve uno tutto d'un sorso.
L'atmosfera cambia, per via della musica, adesso vi è "Creep" dei Radiohead con un ritmo più incalzante, con sfumature più marcate di elettronica.

I wish I was a special...
You're so fuckin' special

Tutti ballano, ora disinvolti, in maniera selvaggia, fanno scuotere i loro capelli, alcuni uomini baciano la loro rispettiva ragazza, questo avviene quasi nello stesso momento, quasi come se si fossero messi d'accordo. Si levano urla d'ovazione, il deejay sorride e attacca al 4° cocktail.
Poi la scorgo come un atomo distinto nella materia.
Balla sola, scatenata, tizzoni ardenti come occhi, scintillanti, elettrici.
In quel momento sussulto, sento la pressione di uno sguardo su di me, lo intercetto immediatamente.
Il deejay mi guarda.
Solleva il bicchiere, ne beve un sorso e lo alza come a voler dire "alla tua."
La musica cambia, di nuovo, ma capisco che è questa la mia canzone, la più adatta, l'irripetibile.

Yoy kill the lights, I'll draw the blinds
Don't dull the sparkle in your eyes
I know that we were made to break so what?
I don't mind.

Il ritmo incalza, ballo, salto, in maniera scoordinata, sono guidato solo dalle vibrazioni.
Un ragazzo le passa vicino, è indeciso, ha movimenti asincroni rispetto al ritmo della canzone, lei non lo degna di uno sguardo e lui se ne va rassegnato con il volto contratto.

Are you gonna stay the night
Doesn't mean whe're bound for life!
So oh oh oh, are you gonna stay the night


Viene la parte elettronica, pompa fino al midollo, non penso più a niente e ad un tratto la canzone finisce, lasciando il posto al silenzio.
Ho gli occhi di tutti puntati addosso ma non è ciò a cui sto prestando la mia attenzione.
Il mondo si è rotto, lei mi ha sorriso.
Passano istanti e in un attimo torna a ballare; il deejay continua con la sua selezione.
Le vado vicino mettendole una mano poggiata sull'orecchio per farle recepire meglio il suono di quello che le sto per dire.
"Me lo dai un bacio?"
Lei sgrana gli occhi, si blocca poi mi rivolge un sorriso che percepisco come spontaneo.
Con dolcezza mi guarda negli occhi, poggia la mano in prossimità del mio orecchio similmente a come ho fatto prima.
"No"
Torna a ballare.
Torno a sedere.
Sono soddisfatto, non lo vedo come un fallimento. Poi la musica, inclusa quella attuale, dopo "Stay the Night" non rientra come si suol dire "nelle mie corde."
Finché tutto si addolcisce.
Capisco che il deejay ha mosso i miei sentimenti e sicuramente anche quelli della collettività circostante ed ora ci quieta rasserenandoci.
Ci ha scossi, ci ha caricato di energia, ed ora ci rasserena, carpendo il momento adatto per la determinata traccia che si sarebbe accordata ai nostri stati d'animo.
Tutto è avvenuto grazie a lui, ci ho messo del mio certo, ma mi son fatto guidare ed al timone ci sono certamente delle mani esperte.

Life is a drink, and love's a drug
Oh now I think I must be miles up
When I was hurt, withered, dried up
You came to rain a flood

Lacrime mi rigano il viso, vanno giù violentemente senza alcun preavviso.
Non sono triste, non mi definirei neanche felice, è solo che, quando tutto sembra tornare al suo posto in maniera così intellegibile, le lacrime mi rigano il viso.
Sento una mano sulla spalla.
"Stai su"
L'interlocutore fa un cenno, lo intendo come: ora ti lascio, quel che avverrà dipenderà unicamente da te. È il deejay che se ne va.
Un paio di minuti dopo mi raggiungono velocemente il mio conoscente e la ragazza dagli occhi che emanano scintille.
Mi prendono l'una e l'altro per le braccia.
"Mena camina"
Il mio conoscente mi sorride con i suoi denti imperfetti. Li trovo meravigliosi.
Lei non dice niente ma una volta in piedi mi spinge verso il centro della pista.
Le altre persone sono stanche, alcuni fanno dei movimenti accennati privi di enfasi, altri vanno a prendere i loro giubbotti dal guardaroba in procinto di andarsene.
Noi tre invece, balliamo come se non ci fosse un domani.
Poi la serata svolge al termine, lei mi arruffa i capelli e se ne va.
Io e il mio conoscente saliamo in macchina.
Stavolta non accende lo stereo.
È silenzioso.
Ci avviamo verso casa.
"Rivedrai la ragazza con cui hai ballato all'inizio?"
"None"
"E cosa pensi di questo?"
"Ca è cussì ca tocca bae"
Ha lo sguardo dritto rivolto a sé, guarda la strada, scruta oltre le tenebre rischiarate dalla luce dei lampioni.
La luce fioca di poche stelle appena visibili.

3

12 giorni dopo la consegna nella casa del senza-volto

Sono in pausa pranzo, il mio datore di lavoro, gestore e pizzaiolo dell'esercizio, mi ha preparato una pizza leggermente diversa da quelle che rientrano nelle mie abitudini.
Fidati, una marinara con lo scalogno tritato finemente, è tutta un'altra cosa.
Ha decisamente ragione.
Il palato esplode per la combinazione del sapore dell'unione di pomodoro e questo tipo di cipolla dolce.
Mi trovo seduto su una panchina del parco, ho indosso il berretto e la maglia del Magma Pizza.
Delle pallavoliste si allenano palleggiando tra loro, portano tutte una t-shirt con scritto "Speed Ball Club."
Tutte tranne una.
La ragazza in questione indossa una maglietta a maniche corte totalmente bianca ad eccezione di una scritta nera in corsivo sul petto: "Fix you."
Una sua compagna di squadra esegue una violenta schiacciata in sua direzione ma lei pronta con il suo bagher riesce a ricevere in modo impeccabile.
Vi è un ragazzo seduto sulla panchina di fianco alla mia, è vestito in modo eccentrico, quasi come se volesse suscitare una reazione in chi scorgesse la sua immagine.
È in giacca di panno, pantaloni elasticizzati, scarpe sportive.
Ha dei capelli scuri, la zazzera gli sbatte in fronte quando scuote il capo fissando repentinamente altre direzioni non riuscendo a stabilire un punto su cui focalizzarsi.
Si alza a intervalli brevi e irregolari, penso che qualcosa lo stia turbando.
Timidamente si alza venendomi vicino.
"Posso sedermi?"
"Certo"
"Sarà strano ma ho bisogno di parlare con qualcuno"
"Ti ascolto"
"Ho conosciuto una ragazza"
"E?"
"Vuoi sapere com'è?"
"Si"
"Allora, ha dei capelli ondulati, occhi castani con sfumature di un verde sporco e..."
"Aspetta, voglio sapere, com'è"
Lui socchiude leggermente le labbra cercando di comprendere il significato del quesito che gli ho posto.
Guarda in basso, alza il capo e sgrana gli occhi guardandomi, mi rivolge un sorriso beffardo che contraccambio.
"È una persona fuori dall'ordinario"
"Bene, allora"
Il suo volto si incupisce di colpo.
"Solo che..."
Inizia a piangere.
"Le ho chiesto di rivederci per venerdì e mi ha detto che probabilmente dovrà uscito con il suo ex"
Stringe i pugni, è in fremito, le sue lacrime scendono ininterrotte.
Gli metto una mano sulla coscia per rincuorarlo.
"Dai, cerca di stare su"
"Le ho fatto capire che il cuore non può contenere l'affetto o l'amore di molteplici persone, non è gelosia ciò che provo, è solo che per me non vi sono altre ragazze con cui vorrei condividere il susseguirsi delle mie giornate, mi basta lei e mi son sentito così inerme nel momento in cui lei mi ha detto che ha ancora il ricordo di un altro nella sua anima"
Riprende a piangere ed io, veramente, in questo istante, non so proprio che fare. 
Passa qualche minuto in cui entrambi siamo in silenzio, rotto solo dalla palla che viene colpita e dalle grida asciutte delle ragazze sotto sforzo per via dell'allenamento.
La ragazza con la maglietta Fix you anche adesso si prepara per la ricezione, è in posizione, il suo piede destro perde l'appoggio per via del terreno scosceso e, abbassandosi per riequilibrarsi, la palla le sbatte violenta in faccia.
Impreca.
Poi ride e le sue compagne di squadra fanno altrettanto.
Il ragazzo che mi è seduto di fianco si desta come risvegliato da una strana trance.
Mi giro a guardarlo e scorgo il gelo.
"Non mi importa se esce con qualcuno. La verità è che non mi importa proprio, davvero."
La ragazza Fix you è in nostra prossimità.
Ha sentito quest'ultima affermazione.
Ha il viso arrossato, i membri della sua squadra sono andati a sedere in prossimità di un albero, al riparo, sotto la sua ombra.
Lì vi sono i loro borsoni, estraggono acqua e vaschette di plastica contenenti riso bianco, portano il cibo alla bocca con forchette di plastica mono-uso.
"Quando si usa dire è destino, credo lo sia nel momento in cui mi trovo davanti a dei pezzi di pizza dopo un allenamento intenso pre-gara"
La ragazza ride.
Penso sia plausibile che abbia appetito, conosco i sacrifici che derivano da una vita dedita al benessere fisico e, da quel che ha detto, presumo faccia sport a livello agonistico.
"Se non ti preoccupa poi avere un alito un po' pesante, fai pure"
"Non è un buon motivo per privarmene"
Prende una fetta di marinara con lo scalogno.
Bestemmia estatica.
"Cazzo che buona!"
Mi fa sorridere, mi hanno sempre dato una sensazione di libertà le ragazze che emanano un'energia propria e non hanno filtri o timore di dire qualcosa di politicamente scorretto.
Se detto comunque con eleganza e non a sproposito.
Guarda il ragazzo con la zazzera bruna.
"Non devi prenderla così"
"E come la dovrei prendere?"
"Non puoi sapere cosa lei stia attraversando in questo momento, probabilmente ha delle cose da risolvere con lui, non puoi fiondarti nella vita delle persone e pretendere di avere l'esclusiva"
"Alla fine sono stato in pace in sua compagnia, comunque vadano le cose, so di non essere lo stesso che ero prima di incontrarla"
Guardo la maglietta e la scritta sul petto della ragazza sopra i suoi seni minuti.

Fix you

Lo sta aggiustando ed a me, anche stavolta mi si stanno inumidendo gli occhi.
Il ragazzo si alza, stavolta con fare tranquillo.
"Alzati un attimo" si rivolge alla ragazza, lei si alza senza esitare.
Lo guarda negli occhi come a voler dire bonariamente "e ora che ti stai per inventare?"
La abbraccia stringendola forte a sé.
Lei mi guarda da oltre la spalla del ragazzo.
Ha un sorriso solare ed il volto ancora rosso.
Si staccano dall'abbraccio.
"Grazie" dice lui asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.
Lo guarda intensamente.
"Vai sempre oltre alle cose, ok?"
"Si"
Riprende.
"Ora devo andare, grazie" lo dice anche rivolgendosi a me.
"Perché non ne assaggi un pezzo? È troppa per me"
Vorrei che almeno mettesse qualcosa sotto i denti, credo che questa situazione gli abbia tolto il sonno e l'appetito.
"Va bene, anche se dopo avrò l'alito di un drago"
"Il più delle volte c'è sempre una soluzione" la ragazza estrae dalla tasca un pacchetto contenente delle mentine e glie ne porge un paio.
Le prende e se ne va.
"Non stai messo male per essere un fattorino amante della pizza" si siede.
"Mi mantengo in forma"
"Il corpo è importante"
"Credo che il corpo sia un contenitore per l'anima e che lei si accorge quando ci impegniamo e facciamo del nostro meglio per preservarci e non rovinarci e ci ripaga donandoci una condizione di quiete interiore"
Forse mi sono spinto troppo oltre, ma so che lei comprenderà ciò che le ho appena detto.
Difatti è così.
"Stai quindi mettendo l'anima in pace"
"Faccio del mio meglio"
"Domenica ho una partita, se la mia squadra vince saliremo in Serie B"
"Buona fortuna allora, anche se quella non servirà, devi solo sfoderare il tuo bagher migliore e cercare di non farti colpire troppo in viso"
"Stronzo!"
Mi da un pugno giocoso sul braccio.
"Verrai a vedermi?"
"Forse lavoro"
Estrae un biglietto da visita, vi è scritto Speed Ball Club, un indirizzo ed un recapito telefonico.
"La partita si terrà nella sede della mia associazione, se non lavori presentati all'indirizzo che trovi scritto alle 19:00 in punto, e... se lavori e la mia squadra vince, ti chiamo e porterai una cotto e funghi per festeggiare"
Mi sorride e le do a mia volta un biglietto del Magma Pizza.
Guardiamo un po' il verde circostante, il cielo privo di nuvole.
Una pallavolista si avvicina a noi, la ragazza che mi è di fianco ruota celermente il capo verso di me.
"Promettimi una cosa"
"Dimmi"
"Promettimi che quando vedrai qualcuno in difficoltà non esiterai ad aiutarlo"
"Te lo prometto"
La sua compagna di squadra le fa cenno di raggiungerla.
Lei si alza e mi soffermo sulla sua fisionomia tonica e aggraziata.
Sorrido al pensiero che, per fortuna, non è vegana.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 15, 2019 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

FattorinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora