Uscendo da una delle porte della città si avvicinò ad un bar, dove alcune persone stavano discutendo animatamente. Si appoggiò su un muretto, per riprendere un po' di fiato, era asmatico, e si mise ad ascoltare la conversazione.
"Ti dico che è così!" diceva un uomo sulla quarantina.
"È vero, è vero, Giuseppe ha ragione. Sono tutti una manica di criminali!" rispose un uomo, forse un pensionato.
"Mah, non so che razza di discorsi fate. Mi sa che smetto di frequentarvi, siete proprio degli ignoranti!"
"Ma che dici?"
"Sì, degli ignoranti! Siete fuori di testa!"
"Sei tu che stai andando fuori di testa! Ti dico che è così! Loro vengono qui, ci fregano il lavoro, non pagano le tasse e per di più gli danno anche gli aiuti. Campano sulle spalle nostre! Anche sulle tue che li difendi!"
"È vero, confermo" disse un giovane che come P. stava ascoltando la loro conversazione. "Un giorno, quando lavoravo a B., sono andato al comune a fare una domanda e prima di me c'era uno di questi. Non sapeva manco parlare. Diceva agli impiegati 'io no lavoro, ho famiglia e no casa', e quelli si sono preoccupati e gli hanno detto che presto si sarebbero occupati di lui. Io abito vicino alle case popolari e qualche giorno dopo chi ti vedo in mezzo alla strada? Il tizio con tutta la famiglia! Gli avevano dato una casa popolare! E io che ne avevo fatto richiesta da più di cinque anni ancora aspetto, e aspetterò. Ma vi pare giusto? Che se ne tornassero al loro paese! Vengono qui e gli danno tutto. E noi Italiani? Eh? A calci in culo a dormire nelle macchine! Fossi io al governo gli farei vedere come li manderei via a questi qua!"
"Ecco, vedi? Te l'avevo detto, funziona così. E tu che non ci vuoi credere."
"Ma questi sono casi isolati, uno su chissà quanti. Mica dico che il mondo è perfetto e che ogni comune rispetta le regole. Che ne sapete voi di come funziona."
"Perché tu invece lo sai, eh?"
"No, non lo so, ma non lo sapete nemmeno voi."
"Non c'è bisogno di sapere niente, basta darsi una svegliata e guardarsi in giro. Nella fabbrica dove lavora mio figlio sono tutti extracomunitari. Neri, marocchini, algerini, albanesi, bulgari e chissà di quanti altri paesi. Ci fregano il lavoro, ti dico! Ci rubano tutto!"
P. non ci vedeva più dalla rabbia, quelle conversazioni lo facevano imbestialire. Per non iniziare una lite corse via. Le sentiva spesso quelle chiacchiere, ma non ce la faceva più. Per lui ogni volta era come se qualcuno gli affondasse un piccone in testa. Non sopportava la gente che parlava a sproposito e se la prendeva con i più deboli, con quelli che non avevano nessuno e dovevano contare solo sulle proprie forze. Non sopportava chi faceva di tutta l'erba un fascio. Era vero che qualcuno di loro se ne approfittava, ma era anche vero che molti avevano davvero bisogno di aiuto per non finire in mezzo a una strada. Ma la gente che ne parlava male non sapeva in che condizioni vivevano quelle persone. Loro giudicavano come piccoli boia dall'alto dei loro piedistalli, e si erano dimenticati dei loro parenti emigrati in America, in Australia, in Belgio perché l'Italia non era più in grado di dar loro da vivere. Loro avevano tutto, non perché se l'erano meritato, ma semplicemente perché erano nati in un luogo in cui non c'erano guerre, ma c'erano tutti i mezzi per vivere una vita tranquilla. Si erano dimenticati dei loro avi. Ma si sa, le cose brutte si fa presto a dimenticarle e quelle buone sono tutte dovute e nessuno gli dà il giusto peso.
Intanto P. era arrivato lontano e si fermò un attimo per riprendere fiato.
Sembrava non riuscire più a respirare, vedeva tutto appannato. Fu in quel momento che prese la decisione. A niente c'era più rimedio, tutto stava crollando. Tutti i pilastri stavano cedendo, si stavano sgretolando, non aveva più un appiglio. Corse in mezzo alla strada.
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Un disoccupato del nostro tempo
Ficción GeneralUna piccola storia su uno come tanti.