𝟷𝟹 | 𝑯𝒂𝒚𝒗𝒆𝒏𝒉𝒖𝒓𝒔𝒕

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Quando la vita in ogni sua forma viene considerata divina, tutti possono spiccare il volo.

Michael Jackson

• 21 Febbraio 1984 •

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• 21 Febbraio 1984 •

Me ne stavo spaparanzata sul mio letto aspettando una chiamata o una visita di Michael, visto che quel giorno sarei andata a casa sua, ma era già l'una del pomeriggio e non si era ancora fatto sentire. Guardai fuori dalla grande finestra che dava sul balcone. Odiavo quando il cielo era pieno di nuvole grigie. Non c'era neanche un po' di luce che proveniva dal Sole e questo mi infastidiva molto. Mi piaceva il caldo e le giornate estive, mi permettevano di uscire a fare una passeggiata. Con le nuvole, invece, non si godeva la natura e non valeva la pena uscire di casa.
Il rumore dello squillo del telefono, attirò la mia attenzione. Corsi ad alzare la cornetta e quella sua voce tanto attesa mi invase i timpani.

«Ciao,»

«Ciao» risposi lentamente.

«Vengo a prenderti?» chiese.

«Certo! Insomma... sì, grazie...» si lasciò sfuggire una dolce risatina, la quale mi fece arrossire, e continuò.

«Va bene, dammi venti minuti e sarò davanti alla tua porta.» non sapevo perché, ma quello che aveva detto mi sembrò abbastanza romantico.

«Certo,» dissi timidamente, mentre un sorriso si formava sul mio viso.

«Ci vediamo dopo, Giulietta.» perché mi aveva chiamata Giulietta!? Nonostante fosse stato strano, mi era piaciuto. Era soltanto una parola, ma collegata ad una storia così romantica da portar via il fiato. "Romeo e Giulietta". Avevo letto decine di volte quell'opera e non mi ero mai stancata di farlo. Non mi ero mai stancata di scoprire l'infinito amore che provavano l'uno per l'altra, ancora e ancora. Una passione divorante ma proibita. "Oh, Romeo, Romeo, perché sei tu, Romeo?". L'inconfondibile verso di quest'opera immortale.

«A dopo, Romeo.» risposi sorridendo timidamente, come se lui fosse stato davanti a me ad osservarmi. Attaccai il telefono e mi lasciai cadere all'indietro sul letto,  quei fatidici venti minuti.

*****

«Wow, è gigante!» esclamai, osservando la fontana all'esterno. Lui mi seguiva e sorrideva a tutto quello che dicevo.

«Sì, ma ora calmati prima che ti viene un attacco di cuore!» rise. Lo guardai sorridendo come un'idiota e corsi verso l'entrata accompagnata da lui. Non riusciva a smettere di ridere e questo mi faceva molto piacere. Mi aprì la porta e mi fece entrare.

*****

«Non credi che qui vada un'ombra più marcata?» chiese osservando il mio disegno ed indicandomi il punto che intendeva. Avevo tentato di disegnare il suo guanto paillettato e avevo chiesto un'opinione a Michael.
Lui, invece, stava disegnando Martin Luther King e dovevo ammettere che gli stava uscendo magnificamente [1*].

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